Tra il 16 e il 20 gennaio 2023, a Davos, in Svizzera, si è tenuto il World Economic Forum dal titolo “Cooperazione in un mondo frammentato”. L’incontro si è svolto in uno scenario geopolitico ed economico complesso, che attraversa in modo orizzontale il mondo intero, segnato dalla guerra in corso in Ucraina, dalle tensioni geopolitiche, da alti livelli di inflazione, dai timori di recessione economica e da una escalation di proteste sociali. I rappresentanti di numerosi Paesi si sono incontrati per riaffermare il valore e l’imperativo del dialogo e della cooperazione tra pubblico e privato, per affrontare le attuali crisi a cascata, e – cosa più importante – per cercare di guidare in modo positivo un cambiamento a lungo termine. I topics trattati hanno spaziato dagli strumenti per affrontare le attuali crisi energetiche e alimentari, nel contesto di un nuovo sistema per l’energia, il clima e la natura in genere; i mezzi per gestire l’inflazione; l’innovazione del mercato del lavoro e i rischi geopolitici del contesto globale.
I Paesi latinoamericani hanno avuto lo spazio per portare alla luce alcuni progetti nazionali e regionali, con la presenza del colombiano Petro, di Lasso per l’Ecuador, di alcuni ministri peruviani delegati dalla presidente Boluarte, e di Chaves per il Costa Rica. Era presente, inoltre, una delegazione del Brasile a rappresentare il governo di Lula, anche se ha pesato l’assenza dell’Argentina e del Messico.
L’America latina, come regione, si trova ad affrontare una serie di sfide economiche e istituzionali, che di recente si sono rese manifeste. Gli ultimi eventi politici e sociali, in Perù, stanno mettendo alla prova la tenuta democratica del Paese; l’attacco alle istituzioni, a Brasilia, ha raggiunto l’apice dopo mesi di tensione politica. Questo scenario ha offerto il destro per riunire i leader contro l’estremismo e la violenza, al fine di riaffermare il loro impegno per la democrazia e lo Stato di diritto. Il Cile sta affrontando un’altra fase del suo processo di riforma costituzionale, e nel corso del 2023 si terranno le elezioni generali in Paraguay, Guatemala e Argentina. La strategia per una pace totale in Colombia, promossa dal presidente Petro, e la ripresa dei colloqui tra i diversi settori politici venezuelani, contribuiscono a creare aspettative positive nell’agenda politica. Mentre la povertà, le disuguaglianze, la mancanza di mobilità socioeconomica, la disparità di genere e l’insicurezza, continuano a essere diffuse nella maggior parte della regione, e sono fattori che innescano i flussi migratori.
Tra i dirigenti latinoamericani di maggiore spicco, al World Economic Forum di quest’anno, è apparso sicuramente Gustavo Petro, che ha ribadito la sua proposta all’élite finanziaria di scambiare il debito con servizi ambientali concreti per affrontare la crisi climatica. A sua volta, il ministro degli Esteri peruviano, Ana Cecilia Gervasi, ha chiesto agli investitori di mantenere la fiducia nel Paese, nonostante la crisi politica e sociale che sta attraversando.
Gli inviati dal Brasile – il ministro dell’Economia, Fernando Haddad, e dell’Ambiente, Marina Silva – hanno ribadito l’appello a raggiungere gli obiettivi ambientali degli accordi di Parigi. Marina Silva, in particolare, ha affermato che il Paese è stato il primo, tra quelli in via di sviluppo, a fissare obiettivi climatici, ed è ora pronto ad assumere un ruolo guida nell’agenda ambientale, per esempio con un’iniziativa globale sulla protezione delle foreste. “Torniamo all’agenda internazionale per parlare di clima, per parlare di obiettivi ambiziosi per il clima e la biodiversità” – ha dichiarato Silva. Haddad ha inoltre sostenuto che, in un’ottica di sviluppo e risoluzione delle problematiche complessive della regione, è necessario implementare l’integrazione tra i Paesi: e l’integrazione a cui si fa riferimento non si ferma agli accordi commerciali, che devono essere rinnovati, ma consiste anche in una maggiore cooperazione nello sviluppo delle infrastrutture e dei mercati finanziari. Dato il diffuso disincanto nei confronti della globalizzazione, accumulatosi negli ultimi anni, c’è stata quindi una spinta a rispondere con un consolidamento di blocchi basati su interessi e valori comuni. In questo senso, la regione è in una posizione ricca di opportunità per quei dirigenti che sapranno coglierle.
Sotto il profilo economico, nonostante le recenti crisi globali, tutto sembra indicare che la riorganizzazione delle filiere produttive – di fronte alle tensioni tra Cina e Stati Uniti, la guerra in Ucraina e gli sconvolgimenti causati dalla pandemia – possa fornire un vantaggio competitivo alla regione nel suo insieme. Infatti, sia gli Stati Uniti d’America sia alcuni Paesi dell’Unione europea hanno messo gli occhi sull’America latina come opzione naturale per l’approvvigionamento di alcune materie prime, principalmente nel settore alimentare e in quello energetico.
A tale proposito, il tema della transizione energetica è stato uno dei nodi principali del Forum di Davos: il presidente colombiano ha affermato che “la capacità di generare energia pulita è un grande potenziale per tutto il Sudamerica”, con lo sguardo all’apertura di una rete elettrica americana che comprenda anche gli Stati Uniti, e possa favorire l’avanzamento nella risoluzione della crisi climatica. Anche dal Brasile arrivano proposte di integrazione in tema di energia green, con l’idea di creare una interconnessione regionale, che possa costituire un fattore di svolta nella reindustrializzazione sostenibile dell’area. Il tema è stato ripreso dal presidente del Costa Rica, che ha evidenziato gli importanti passi avanti compiuti dal suo Paese: “Il Costa Rica ha investito per avere una matrice energetica basata al 100% su energia rinnovabile per scopi pratici. Ciò aiuta le aziende a raggiungere i propri obiettivi di sviluppo sostenibile”.
Il 2023 si è aperto, quindi, con un importante momento di confronto internazionale per i Paesi latinoamericani, che si trovano ad attraversare quella che, secondo alcuni studiosi, potrebbe essere la prossima decada perdida della regione. È responsabilità dei leader nazionali impegnarsi in un dialogo efficace per affrontare problematiche anche strutturali, dimostrando, nel lungo termine, come le previsioni negative siano sbagliate.