Dall’Unione sovietica al Qatar. Non ce ne voglia chi viene dalla grande e controversa storia dei comunisti italiani, che in Italia si coniugò, salvo qualche eccezione, con principi morali e politici unici nel nostro Paese. Ma guardando all’ignobile scenario che la sinistra europea, in particolare quella italiana, ha offerto ai propri elettori e militanti, le cose stanno proprio così. O, almeno, stanno così per esponenti non proprio di serie B di quel mondo, che ha continuato a millantare una superiorità morale in realtà scomparsa da tempo.
Basta guardare alla biografia di Antonio Panzeri, ex europarlamentare, il principale protagonista di questa Tangentopoli in salsa europea, per capire che stiamo dicendo la verità. L’ex segretario della Camera del lavoro di Milano (ruolo ricoperto dal 1995 al 2003) è stato, nella sua carriera politica, in un primo momento dirigente del Partito comunista. L’abbiamo detto – una realtà nobile, che però per molti anni, anche se via via sempre meno, ha goduto di finanziamenti da Mosca. Ora, invece, l’ex pidiessino, ex diessino, ex democratico – e infine dirigente di Articolo uno, dal quale è stato sospeso – è stato trovato con sacchi pieni di banconote, centinaia di migliaia di euro, come ormai le cronache tristemente ci ricordano da almeno una settimana. Un bottino che sarebbe frutto di contatti con il piccolo ma potentissimo emirato arabo, che ha ospitato i mondiali di calcio più discussi della storia di questa competizione.
Un regalo per favorire il più possibile le entrature di Doha negli ambienti che contano del vecchio continente. In un contesto, per la verità, già molto accondiscendente nei confronti di tutti i ricchissimi, quanto medioevali in termini di rispetto dei diritti umani, emirati del Golfo: vedi i viaggi dell’ex segretario del Pd – ancora lui, sì, il Pd – Matteo Renzi nella capitale saudita Riad, viaggi che gli hanno fruttato finora 1,1 milioni di dollari guadagnati con il “sudore della fronte”, senza violare leggi; o la scelta di Dubai come Paese organizzatore dell’Expo svoltosi dal primo ottobre 2021 al 31 marzo 2022, e la lista potrebbe continuare. Aggiungiamo, cambiando area geografica, le pressioni del Marocco, messe in atto con modalità identiche sugli stessi personaggi, affinché non ostacolassero i rapporti tra Rabat e Strasburgo, resi complicati dall’irrisolta indipendenza del popolo saharawi.
A questo punto due interrogativi sorgono spontanei. Intanto, come si è arrivati a questo punto? E com’è possibile che nessuno tra coloro che frequentavano e conoscevano non solo Panzeri, ma tutti gli altri uomini e donne coinvolte nel Qatargate, si sia accorto che qualcosa di strano stava succedendo?
Per rispondere alla prima domanda dobbiamo tirare in ballo la cancellazione di quei principi che dovrebbero stare alla base dell’agire politico della sinistra, ovunque nel mondo. A riguardo, in Europa, noi italiani siamo in buona compagnia. Se l’ex premier Massimo D’Alema – grande amico di Panzeri, a suo tempo unito all’ex esponente di Articolo uno nella lotta contro l’allora segretario della Cgil, Sergio Cofferati, che si batteva per tutelare lo Statuto dei lavoratori – si diletta a commerciare armi con la Colombia, o a fare da intermediario nella gestione della raffineria di Priolo, favorendo Doha, il più potente ex premier britannico Tony Blair, e il già cancelliere tedesco Gerhard Schröder, da tempo sono attivi in settori molto redditizi. Quest’ultimo si è dimesso solo dopo la guerra scatenata dalla Russia dalla dirigenza del consorzio Nord Stream AG della russa Gazprom. Mentre l’ex inquilino di Downing Street – dopo avere deciso una guerra contro l’Iraq, con il presidente degli Stati Uniti George W. Bush, sulla base di menzogne – svolge oggi attività di consulenza strapagate in giro per il mondo.
In questi due casi, trattasi di attività legali, le quali, tuttavia, hanno in comune con le vicende di Strasburgo una filosofia di base: la cancellazione dal proprio Dna di ogni traccia solidaristica e di rappresentanza dei “dannati della terra”, favorita in questo caso dalla trasformazione genetica dei partiti di appartenenza, sia che ciò avvenga in modo legale che illegale. Collocando al primo posto i propri interessi personali, senza guardare in faccia a nessuno. Un cancro diffuso, che si chiama liberismo, portato alle sue estreme conseguenze: una filosofia sposata dai grandi partiti socialisti e socialdemocratici, che fatalmente ha favorito episodi di corruzione. Insomma, quando il profitto è il parametro attraverso il quale misurare ogni cosa, anche l’agire politico vi soggiace, e l’insorgere di episodi di malaffare diventa più facile. L’opportunità fornita dal Qatar è stata un’occasione troppo ghiotta per rinunciarvi.
L’altro interrogativo inquietante riguarda l’ambiente che circondava Panzeri, o Francesco Giorgi, assistente dell’eurodeputato del Pd, Andrea Cozzolino e altri nomi ancora. Un contesto fatto di persone a dir poco disattente. Non vogliamo crocifiggere né Roberto Speranza, segretario di Articolo uno, né Pierluigi Bersani, tra i fondatori del piccolo partito, ora di fatto rientrato nel Pd. Ma se in un contesto così circoscritto, come quello degli anti-renziani, nessuno si era accorto che nell’attività di esponenti di spicco come Panzeri c’era qualcosa che non andava, non c’è da stare tranquilli. Non ha certamente aiutato la reazione tardiva (vedi Letta) dei dirigenti dello stesso Pd, la cui manifestazione contro il governo ha visto in piazza, non a caso, solo poche centinaia di persone. Tutto questo mentre il Nazareno è alle prese con una faticosissima e imbarazzante fase pre-congressuale, con tanto di candidature – in particolare quelle del presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, e della deputata Elly Schlein – incapaci di far capire agli elettori e alle elettrici in che cosa si differenzino, e certamente poco reattive di fronte ai miasmi che fuoriescono dalle istituzioni europee.
Forse ci siamo distratti, ma un grido di dolore da parte di chi si accinge a governare il partito sarebbe stato non opportuno ma necessario, doveroso. Un obbligo morale insomma. Invece solo silenzio o balbettii, con candidati preoccupati ad aggiungersi ad altri candidati (vedi Cuperlo), in una corsa che appare sempre più insensata. Insomma, nella migliore delle ipotesi, siamo di fronte a un ceto politico autoreferenziale, nella peggiore corrotto. A questo punto, è doveroso ricordare per l’ennesima volta l’intervista che Enrico Berlinguer rilasciò a Eugenio Scalfari, apparsa su “Repubblica” il 28 luglio 1981: “I partiti di oggi – denunciava l’allora segretario del Pci – sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune”.
Quando queste parole saranno archiviate come testimonianza di un lungo e devastante periodo della nostra storia, vorrà dire che avremo voltato pagina. Ma dopo i fatti di Strasburgo quel giorno appare più lontano, con gli elettori e le elettrici di sinistra sempre più disorientati, alla ricerca di un’alternativa che non può esaurirsi nel partito di Conte, o nella piccola alleanza tra i verdi e Sinistra italiana, tra l’altro alle prese con l’imbarazzante vicenda Soumahoro.