I dietrologi potrebbero pensare che lo scandalo delle tangenti europee sia stato orchestrato. Un misterioso regista manovrerebbe nell’ombra per ricoprire di fango la sinistra italiana ed europea. Il giorno dopo la triste telenovela Soumahoro, arriva infatti la notizia di un’inchiesta giudiziaria della magistratura belga, che ha coinvolto personaggi noti e meno noti sulla scena parlamentare europea, ma appartenenti tutti ai partiti di sinistra e perfino al sindacato internazionale. Tra gli arresti eccellenti, ci sono Antonio Panzeri (con un pezzo della sua famiglia), ex segretario della Camera del lavoro di Milano, europarlamentare fino al 2019, rappresentante di Articolo uno, poi l’ex vicepresidente del parlamento, la socialista Eva Kaili, vari assistenti parlamentari, ma anche il segretario del sindacato internazionale, Luca Visentini (che è stato subito rilasciato e di cui comunque non sono state rese pubbliche le accuse). Siamo di fronte a una montatura mediatica? Se anche questa fosse la verità, forse non lo sapremo mai. Ma in attesa delle prove, possiamo e dobbiamo azzardare qualche considerazione politica.
La prima considerazione riguarda le istituzioni europee. La notizia sta facendo grande rumore perché colpisce un luogo comune: la correttezza assoluta – nordica – del parlamento e del Consiglio europeo. Queste cose, si pensa, al Nord non possono succedere. Impensabile una tangentopoli sopra il confine delle Alpi. È impossibile un sistema di corruzione che ricordi la “Milano da bere” degli anni Novanta. Bruxelles non può essere equiparata, o paragonata, alle capitali corrotte ed è invece un sicuro baluardo contro le pressioni di poteri esterni, siano essi Stati sovrani (come il Qatar) o grandi multinazionali. Sarà anche antipatica questa Bruxelles che si immischia nei fatti nostri e ci vuole dettare continuamente nuove regole. Ma è pur sempre un esempio ammirevole e incontaminato delle categorie kantiane. E invece il mito crolla di fronte alla cronaca di una (possibile) corruzione dei parlamentari a favore di agenti esterni, e per interessi che certo non rappresentano i cittadini europei che hanno votato. Lo stupore e il disorientamento del gruppo dirigente europeo è un messaggio chiaro.
La seconda considerazione riguarda la sinistra e i soggetti che sono stati coinvolti. Da quello che hanno raccontato finora i media, sembra che il fine ultimo di questa (presunta) corruzione non siano gli interessi di un partito, né tantomeno di una parte della società che si vorrebbe sostenere. L’interesse in gioco è tutto personale e monetario. L’immagine evocata dei borsoni e delle buste piene di euro è eloquente, e offre un valido contributo al dibattito sul contante. Se è vero quello che è stato detto, siamo cioè di fronte a un vero e proprio scambio: la monetizzazione non tanto di favori politici immediati, ma di favori politici a lento rilascio. Saremmo – sempre se l’inchiesta confermerà quello che raccontano i giornali italiani e stranieri – molto oltre quel “così fan tutti” che venne attribuito a Bettino Craxi, quando il leader socialista parlava di montatura da parte di un sistema di partiti egualmente corrotti e ladri, ma che raccoglievano i soldi per fare politica.
La terza considerazione riguarda quelle che sono state definite “le porte girevoli” delle istituzioni europee, ovvero la pressione delle forze esterne che hanno interessi da difendere e cause da perorare. Lo ha detto seccamente Pier Virgilio Dastoli: la vicenda del Qatargate deve permettere di lanciare un forte allarme non solo sulla presenza dei corrotti, ma anche sull’azione dei corruttori, e cioè delle lobby che operano da Paesi al di fuori dell’Unione europea sapendo che la regolamentazione e la trasparenza sulle lobby europee deve essere rafforzata e completata con un accordo interistituzionale, ma che non c’è nessuna regola e nessuna misura per impedire l’azione e le ingerenze di lobby extra-europee.
La quarta considerazione riguarda il sindacato che, dal punto di vista della comunicazione, viene malamente coinvolto. Anche questa è un’altra ghiotta occasione per gettare fango e discredito su tutto il sindacato, anche se ovviamente qui non stiamo parlando del funzionamento e dell’efficacia dell’azione sindacale, ma delle scelte di singoli. Da una parte c’è infatti Panzeri, che è stato a capo della prestigiosa Camera del lavoro di Milano per otto anni, dal 1995 al 2003, e dall’altra c’è Luca Visentini, capo del sindacato internazionale Ituc. Visentini è stato scarcerato con tante scuse, anche se gli è stato detto di comunicare alle autorità eventuali viaggi all’estero. L’arresto di Panzeri è stato invece confermato e si è anche saputo che i suoi telefoni erano intercettati da mesi. Perché? Quali i sospetti degli inquirenti?
Per tutte le persone coinvolte in questa vicenda aspettiamo appunto gli sviluppi, ma intanto registriamo le reazioni indignate e preoccupate del mondo sindacale. Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, pur ripetendo la formula di rito (attendiamo gli esiti del lavoro dei giudici), è stato subito molto duro: “È una cosa gravissima – ha detto – e penso addirittura che se qualcuno ha utilizzato la sua attività politica o la sua attività sociale per far soldi e per la corruzione credo sia più grave ancora. La dico in modo molto secco: se uno è un ladro e ruba è grave. Se uno fa politica o ha rappresentanza e addirittura usa questo ruolo per fare cose di quel genere lì, dal mio punto di vista, è ancora più grave”.
Dall’Ituc, il sindacato internazionale, nonostante la scarcerazione di Visentini, arriva un messaggio di “tolleranza zero per qualsiasi forma di corruzione”. Da parte sua, il segretario ha voluto scagionarsi da tutte le accuse e rassicurare i lavoratori di tutto il mondo (che una volta si sarebbero dovuti “unire”): “Sono lieto che l’interrogatorio si sia concluso e sono stato in grado di rispondere pienamente a tutte le domande. Sono innocente per qualsiasi illecito”.
In Italia la questione morale esplose dopo il terremoto che colpì l’Irpinia il 23 novembre del 1980, prima di Tangentopoli. E venne enfatizzata dal segretario del Pci, Enrico Berlinguer, che la fece entrare in modo duraturo nel dibattito politico. Per lui, le inefficienze, i reati e gli illeciti non chiamavano in causa solo le responsabilità di uno o più ministri, o del governo, ma un sistema di potere, una concezione e un metodo di governo che hanno generato di continuo inefficienze e confusioni nel funzionamento degli organi dello Stato, corruttele e scandali nella vita dei partiti governativi, omertà e impunità per i responsabili. “La questione morale è divenuta oggi la questione nazionale più importante”. Forse il dirigente comunista pensava anche agli insegnamenti della storia: da Kant a Mazzini. Ma oggi le stelle sopra di me, di cui parlava il grande filosofo tedesco, sono molto lontane. Sotto le stelle della bandiera europea qual è oggi la legge morale dentro di noi?