All’Avana, il Consiglio elettorale nazionale (Cen) ha reso noto lunedì che degli 8,3 milioni di cittadini ammessi a votare per l’elezione dei 12.427 consiglieri delle assemblee comunali, dei quali il 70% appartiene al Partito comunista o all’Unione dei giovani comunisti, il 68,58% è andato alle urne, mentre il 31,42% si è astenuto. Oltre all’astensione, i voti annullati e in bianco hanno totalizzato il 10,89%, la cifra più alta dalle prime votazioni comunali tenute nel 1976. Per questo tipo di votazioni, la legge cubana proibisce le campagne elettorali: i nomi dei candidati sono esposti nei punti di riunione della circoscrizione, e ai candidati non è data la possibilità di esporre le loro proposte. Le elezioni comunali danno vita alle cosiddette Assemblee municipali del potere popolare, che successivamente hanno il compito di eleggere una parte dei membri dell’Assemblea nazionale, ovvero del parlamento, che a sua volta elegge il Consiglio di Stato e il suo presidente.
Il risultato di domenica rappresenta un record senza precedenti nel Paese, dal trionfo della rivoluzione il primo gennaio 1959. Con Fidel al potere, l’astensione non superava il 5%, ma con suo fratello Raúl la tendenza ha avuto un incremento considerevole. Nelle elezioni comunali del 2017, per esempio, l’astensione ha raggiunto il 14%; mentre nel referendum per approvare un nuovo codice per le famiglie, tenutosi il 25 settembre di quest’anno, si è arrivati al 25% di chi non ha partecipato al voto.
L’esito sembra quindi segnare un successo della campagna dell’opposizione, che ha invitato i cubani a disertare le urne, visto l’impegno con il quale il Consiglio per la transizione democratica (Ctdc), una piattaforma di opposizione che promuove il cambiamento attraverso le vie legali, si era speso per l’astensione con lo slogan “Senza pluralismo, #YoMeAbstengo”. Mentre alla campagna per l’astensione aveva partecipato attivamente l’opposizione che opera fuori dell’isola. Nel commentare il risultato, Julio Llópiz-Casal, portabandiera dell’astensione, del voto nullo e in bianco per queste elezioni, ha dichiarato che “è molto illuminante vedere in prospettiva – anche se è lento – come nelle ultime elezioni a Cuba il numero di persone che si astengono apertamente stia aumentando. Anche questa è una forma di protesta”.
Ciò detto, a due anni dalla manifestazione degli artisti del Movimento San Isidro davanti al ministero della Cultura, e nella situazione di tensione sociale determinata dalle proteste dell’11 luglio 2021, e di quelle che hanno coinvolto quest’anno molte città e paesi per le carenze di cibo, medicine e carburante, e per i blackout elettrici, è difficile non riconoscere la novità politica rappresentata dall’esito delle urne. Senza dubbio una conferma del disamore dei cubani per il voto, che già si era delineato nel referendum sul nuovo codice delle famiglie, la cui partecipazione era stata del 74,12%, fino ad allora la più bassa registrata in un voto sull’isola.
Il risultato pare confermare l’emergere di un disagio che per il momento non ha altri canali se non quello dell’astensione o il voto nullo per farsi sentire, dopo che le proteste del luglio 2021 sono state duramente represse, e centinaia di oppositori sono stati processati e imprigionati, mentre sono circa duecentocinquantamila i cubani che hanno preferito espatriare solo nell’anno passato. Ma che potrebbe trovare una sua via di sfogo qualora Cuba ammettesse una qualche forma di pluralismo, come richiede l’opposizione che vuole rimanere nella legalità. Tanto più che quello di domenica era sì un voto amministrativo, ma costituiva anche l’unica occasione in cui i cubani votavano direttamente per i loro candidati, essendo, quello del comune, l’unico livello concesso alla loro partecipazione. Anche se, per molti, queste elezioni erano senza valore poiché, secondo la legge, i comuni sono privi di autonomia: le loro autorità non sono nemmeno elette con voto diretto e la maggioranza appartiene al Pcc, unico partito legale nel Paese. Ciononostante, il governo, con lo slogan “YoVotoEl27”, si era fatto promotore di un’intensa campagna sui social network, così come sulla stampa e la televisione, a favore della partecipazione. E, proprio per favorirla, aveva deciso di prorogare di un’ora l’apertura dei seggi. Il risultato di domenica non lo premia, e dimostra ancora una volta – come già era accaduto in occasione del proliferare delle manifestazioni di protesta – la crisi che l’introduzione di internet nell’isola ha prodotto sul controllo sociale in precedenza esercitato dal governo: e questo nonostante i blackout della rete, cui spesso ha fatto ricorso per limitare i danni. In un Paese – per citare l’argentino Martín Caparrós e il suo splendido Ñamerica – “dove quelli che avevano promesso un grande cambiamento, hanno bloccato qualsiasi cambiamento – in nome di quei cambiamenti che continuano a promettere”.
In una conferenza stampa tenuta il 28 novembre, Alina Balseiro, presidente del Colegio electoral nacional (Cen), ha dichiarato che le votazioni si sono svolte senza alcun problema e “nel rispetto della legge”. Con le sue dichiarazioni, Balseiro ha voluto smentire le denunce ricevute da oppositori e attivisti, che hanno affermato di non essere stati autorizzati ad agire come osservatori. Mentre Transparency Electoral, un’organizzazione non governativa, ha chiesto un audit indipendente, “in vista del fatto che è stata segnalata un’astensione molto maggiore rispetto al referendum sul codice delle famiglie”. Una situazione non del tutto trasparente già rilevata dal vicepresidente del Ctdc, Manuel Cuesta, che ha denunciato come a tre candidati del Consiglio “la polizia politica (…) abbia reso impossibile la partecipazione – nelle assemblee – perché avevano serie opportunità di vincere”. Dal canto suo, il ministro degli Esteri, Bruno Rodríguez, ha sostenuto che non si può confrontare la partecipazione di un referendum nazionale con quella di un’elezione dei delegati comunali. Con un segnale così chiaro come quello di domenica, che dovrebbe portare a riflettere l’intero establishment cubano, ci si sarebbe attesi davvero un commento più meditato.