Giuliano Castellino, 45 anni, curriculum politico alle spalle tutto costruito nei movimenti di destra e ultradestra, è un ragazzo fortunato. In ogni occasione importante della sua vita, riesce sempre a sfruttare a suo favore le ingiustizie che tante persone ostili vorrebbero imporgli. Il ruolo della vittima gli riesce bene e, a quanto pare, gli fornisce anche sempre nuovi punteggi per avanzare nella carriera politica. Allo stadio per vedere la Roma andava senza green pass e pretendeva di entrare mostrando il risultato negativo del tampone (raccogliendo così tanti punti consenso tra le file dei “no vax”). Alla Cgil, nella sede storica di Corso Italia, pretendeva di entrare senza essere invitato, dopo aver cavalcato il corteo dei “no vax” che volevano dirne quattro al segretario Maurizio Landini, accusato di aver abbandonato i lavoratori durante la pandemia.
Finito sotto processo per danneggiamento della sede, ha urlato contro la repressione della libertà di dissentire (altri punti raccolti così nella vasta area della destra più o meno neofascista) da parte di uno Stato evidentemente asservito alla sinistra. Ieri (16 novembre) la vittima Castellino è stata “sacrificata” nuovamente. Stavolta davanti a un ingresso della Camera dei deputati, dove si può entrare ovviamente solo con l’accredito. Ma il suo “passi” per la conferenza stampa di presentazione di un nuovo partito antieuropeo era stato stracciato nella notte dal deputato che aveva organizzato l’evento (Francesco Gallo), che ha ceduto – o “tradito” nel linguaggio di Castellino – alle pressioni di vari altri esponenti politici. “Castellino, noi ci conosciamo bene, lei non può entrare”, gli ha detto un carabiniere di guardia in via della Missione. Il militare evidentemente aveva avuto modo di conoscerlo in altre circostanze. A quel punto, l’ex esponente di Forza nuova, candidato in pectore per la guida del nuovo partito “Italia libera”, di cui l’avvocato Carlo Taormina sarà il presidente, non ha certo messo la coda tra le zampe; al contrario ha cominciato a urlare davanti ai tanti giornalisti presenti: ma è questa la libertà di un Paese democratico?
Da dentro il Palazzo i suoi colleghi di partito gli hanno fatto eco, rincarando perfino la dose: se fosse stato un mafioso sotto processo, lo avrebbero fatto entrare dall’ingresso principale (quello di piazza Montecitorio). Un’affermazione importante e inquietante al tempo stesso. Ma quanti sono i mafiosi che bazzicano le due Camere della Repubblica? E qual è la scala di valori che ci chiarisca la pericolosità sociale delle organizzazioni criminali, piuttosto che delle organizzazioni che si rifanno, con parole e simboli nuovi, alla solita radice fascista?
Il punto però che ci interessa mettere in evidenza qui, riguarda il processo politico che dallo sdoganamento delle organizzazioni e dei partiti della nuova destra sta portando a un ritorno strisciante del “fascismo eterno” di cui parlava Umberto Eco nel 2017. Siamo ormai ben oltre lo sdoganamento, mentre ovviamente non si parla più di scioglimento delle organizzazioni che si rifanno al fascismo. Assistiamo, piuttosto, a un vero e proprio rovesciamento del senso della storia. Fino a qualche anno fa, se si parlava di Liberazione tutti (o quasi) avrebbero pensato alla lotta di Liberazione contro il nazifascismo. Le forze di liberazione che hanno combattuto i tedeschi nazisti occupanti e il regime mussoliniano in decomposizione erano composte da strutture militari e strutture partigiane, composte da uomini e donne di diverse fedi politiche e religiose. L’obiettivo di allora era liberare il Paese dall’oppressione di una dittatura durata venti anni e che aveva abolito tutte le forme di libertà democratiche, oltre che provocare milioni di morti in guerra. Oggi invece, con il governo più a destra della storia della Repubblica (ne ha parlato già Rino Genovese qui), proprio la storia ci riserva la novità della nascita di un nuovo partito di ultradestra, che si chiama Italia libera. Dovremmo quindi brindare ai nuovi liberatori e porre le nostre scuse a Castellino, prima che si possa vendicare tornando alla Camera da deputato? Qual è il regime che oggi deve essere abbattuto?
Le domande sconcertano e fanno pensare che il processo più strisciante e pericoloso che si sta manifestando, dietro e oltre le notizie di cronaca, sia legato proprio al vittimismo e al populismo di una nuova classe politica, che si vuole accreditare per comandare, con l’avallo evidentemente di forze che – da questi fenomeni – hanno lo scopo di trarre un qualche beneficio. Ma il vittimismo e il populismo rischiano di essere insieme alla “polarizzazione” i tratti caratterizzanti, la cifra, di questo maledetto “tempo dei tiranni” come lo ha definito Moisés Naìm. Le forme antidemocratiche (e antieuropee) si nascondono dietro apparenze rassicuranti. In giacca e cravatta, Castellino si è ribellato contro l’ingiustizia che gli veniva fatta. Ma in realtà – visto che era stato avvertito dell’annullamento dell’accredito – il vestito della prima comunione lo aveva indossato appositamente per la conferenza stampa di strada.
Viva la Libertà, dunque, perché il nuovo partito vuole essere, tra le altre cose, “non violento, anti-globalista e per l’abolizione del carcere”, anche se il suo presidente, l’avvocato Carlo Taormina, ha qualche discutibile tappa nel suo curriculum, come per esempio la difesa dell’ex capitano delle SS, Erich Priebke, nel processo per l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Il 25 aprile 2023 potremmo festeggiare la Liberazione dalla dittatura della democrazia.