La concertazione delle promesse, dei “vedremo” e delle buone intenzioni. Secondo il ministro Speranza, per esempio, il dialogo, comunque vada, è la strada giusta. Secondo altri osservatori interessati, i sindacati sarebbero ormai divisi fra critici (la Cgil) e pragmatisti (Cisl e Uil). Si potrebbe sintetizzare così la nuova fase dei rapporti tra parti sociali e governo dopo l’incontro di oggi (12 luglio) a Palazzo Chigi. I segretari generali di Cgil, Cisl, Uil – pur avendo usato, com’è normale, diverse intonazioni – si sono mostrati moderatamente insoddisfatti degli impegni concreti che il governo di Mario Draghi, dopo circa un’ora e mezza di riunione, non è riuscito a confermare. Anche perché è sempre più chiaro che il premier stesso deve districarsi tra le posizioni stridenti della sua stessa maggioranza, anche e forse soprattutto sui temi del lavoro e delle politiche sociali, con le spade di Damocle del salario minimo e del reddito di cittadinanza. Si parla di un nuovo “decreto aiuti” sul caro prezzi e di possibili ritocchi alla politica fiscale, ma per ora niente di preciso: il discorso si riprenderà in un nuovo incontro (tra il 25 e il 27 luglio prossimi).
L’elenco dei problemi
Eppure – almeno a parole – i rappresentanti del governo (in particolare il ministro Andrea Orlando, che annuncia l’apertura di tavoli di confronto specifici, compreso quello sul salario minimo) dicono di voler intervenire sulle questioni di fondo indicate dai sindacati: i salari troppo bassi e perfino poveri, l’inflazione che galoppa, le forme di lavoro precario che dilagano, l’introduzione, anche in Italia, di una legge che stabilisca il salario minimo.
La Cisl è ottimista
Le reazioni diplomatiche dei sindacati risultano chiare nelle parole del segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, che nei mesi scorsi si era rifiutato di scioperare con la Cgil e la Uil per non mettere in difficoltà il governo e che ribadisce, anche ora, il suo giudizio positivo sull’operato dell’esecutivo: “Apprezziamo l’idea di un metodo che possa essere strutturale per affrontare l’emergenza ma anche costruire un pensiero lungo, una visione per il presente e l’immediato futuro – ha commentato Sbarra –, intanto per noi va affrontata l’emergenza mettendo come imperativo la salvaguardia di salari, pensioni, reddito delle famiglie. Significa da un lato dare maggiore forza alle misure messe in campo in questi mesi: il taglio delle accise deve proseguire e deve essere sostenuto, i beneficiari degli sconti in bolletta vanno ampliati ma a queste misure ne vanno aggiunte altre”.
Fuori tempo massimo
Molto più netto il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, che definisce l’esito dell’incontro “privo di risposte concrete”. Non solo non si risolvono ancora problemi che sono evidenti da anni, ma da parte del governo non si forniscono né dati precisi, né indicazioni per il prossimo futuro. Perciò i segretari di Cgil, Cisl, Uil hanno ribadito soprattutto un concetto fondamentale: non c’è più tempo da perdere. Servono interventi già in questo mese. “Non si può aspettare la legge di Bilancio per misure i cui effetti si vedranno da gennaio – ha spiegato Landini –, sia per quello che riguarda l’aumento dei salari e delle pensioni, sia per quello che riguarda l’intervento sulla precarietà, sia per quello che riguarda le politiche energetiche”. “Sull’emergenza, sul salario, sulle pensioni abbiamo chiesto di intervenire subito, non siamo in grado di aspettare la manovra con interventi che vadano in vigore a gennaio dell’anno prossimo – gli fa eco il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri – servonointerventi strutturali. Basta con i bonus”.
Una tassa al 100%
Lo stesso segretario della Uil, Bombardieri, condivide con Landini, quella che potrebbe essere una delle proposte più dirompenti: portare al 100% la tassa sugli extraprofitti per tutte le imprese, non solo quelle energetiche, per finanziare le nuove misure a sostegno dei redditi. Ma l’argomento tasse, soprattutto con una maggioranza di governo così composita, diventa quasi un tabù. Basti pensare alle posizioni di Salvini, Meloni e dei rappresentanti di Forza Italia, il cui capo ha fatto del taglio delle tasse il suo cavallo di battaglia delle migliori occasioni. Vedremo come risponderà la sinistra (quella moderata e quella che si dice più radicale). Intanto, proprio a sinistra, si sconta il “vuoto politico” che si è determinato negli ultimi anni. “C’è un vuoto politico – ha detto con nettezza Landini nel colloquio con Lucia Annunziata su “La Stampa” –, a settembre faremo mobilitazioni di tutti i tipi. Draghi rimane autorevole, ma non ci ascolta e non promuove le riforme sociali”.
Landini e la politica
Con l’intervista a “La Stampa” del 10 luglio, il segretario generale della Cgil ha voluto anche esplicitare e chiarire il suo pensiero a proposito di una eventuale (e da molti auspicata) scesa in campo politico. Landini sta preparando il congresso nazionale che lo confermerà, per altri quattro anni, alla guida del più grande sindacato confederale. Un fatto che cade in un periodo di grandi fibrillazioni politiche e di tensioni internazionali. La sua apertura alla politica non si deve quindi leggere come un annuncio di addio al sindacato, ma casomai come un ennesimo (perfino drammatico) messaggio alla sinistra. Il sindacato – proprio per la sua natura di organizzazione sindacale – ha bisogno di una sponda certa nella politica. Non si tratta ovviamente di rilanciare antiche “cinghie di trasmissione”, ma di poter avere canali politici che permettano la realizzazione parlamentare e legislativa di proposte e lotte sociali che altrimenti rischiano di rimanere nel campo delle “belle intenzioni” e del conflitto tra diversi interessi di classe. In parlamento è ferma per esempio la Carta dei diritti universali, che ha l’ambizione di riscrivere il nuovo Statuto dei lavoratori in un mondo dominato dalla precarietà. Ed è stato questo anche il senso dell’incontro organizzato dalla Cgil con i principali leader della sinistra, il primo luglio scorso. “Le lavoratrici e i lavoratori e chi li rappresenta devono partecipare attivamente ai grandi processi di cambiamento in atto nella società – è stato il messaggio di Landini –, devono essere coinvolti nelle scelte che determineranno il futuro”.
Questione di rappresentanza
È chiaro, dunque, che il più grande sindacato italiano non intende sostituirsi a una sinistra che non c’è, ma il problema della rappresentanza degli interessi sociali se lo pone e si pone anche il problema della sua stessa efficacia. “Non nascondiamoci che, insieme ai risultati raggiunti e alle tante esperienze positive di cui siamo protagonisti, permangono evidenti difficoltà” – si legge, per esempio, nel documento congressuale di maggioranza. “Vi è una crisi della politica che ha messo in discussione la fiducia, l’identità e lo stesso significato delle parole, che va affrontata in tutta la sua profondità. Per esempio, la parola sinistra non sta più ad indicare la centralità del lavoro”. “È nostra convinzione che, proprio sulla grande questione del lavoro, si sia realizzata la maggior rottura tra la rappresentanza sociale e la rappresentanza politica tutta. La crisi del lavoro è la crisi della sinistra”.