In una città da tempo piuttosto addormentata, e troppo anziana per agitarsi più di tanto, fanno notizia le ormai rare mobilitazioni popolari. Complice probabilmente anche l’approssimarsi delle elezioni amministrative (programmate, dopo vari rinvii, per il prossimo 12 giugno), nelle ultime settimane si è assistito a un certo fermento, con assemblee, manifestazioni, riunioni. Il tema principale, che ha smosso le paludose acque della ex Superba, è quello di cui abbiamo già precedentemente parlato, del contestato trasferimento dei depositi chimici da Multedo al porto di Sampierdarena, e in particolare al Ponte Somalia.
Dopo lunghe polemiche a livello locale – che hanno coinvolto non solo gli abitanti dei rispettivi quartieri, ma anche il mondo degli armatori, non concorde sul da farsi –, la vicenda è approdata a Roma ed è stata discussa in parlamento nella commissione Trasporti, lo scorso 26 aprile. Alla audizione hanno partecipato i principali attori coinvolti: dirigenti di “Superba” e “Carmagnani”, le due aziende direttamente interessate dalla questione dei depositi chimici, i rappresentanti sindacali, i comitati del territorio di Multedo e Sampierdarena, i presidenti dei rispettivi municipi, e il presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure Occidentale, Paolo Emilio Signorini.
Nel dibattito, sono emersi i temi sollevati dal ri-dislocamento di questo materiale inquinante, potenzialmente tossico e infiammabile. Se i rappresentanti delle due aziende hanno cercato di mettere in evidenza la limitata pericolosità dei depositi, insistendo sul fatto che si limitano a fare dello stoccaggio e della logistica e chiarendo che sostanzialmente in quel che fanno “non c’è alterazione delle molecole”, il sindacato ha espresso tutte le sue preoccupazioni per la salute dei lavoratori portuali e per un possibile calo degli occupati, dato che la superficie ingente del Ponte Somalia, che verrebbe a essere occupata dai depositi (circa 77.000 mq), ridurrebbe il traffico degli attracchi, gli “accosti nave”. Le due aziende danno nel complesso lavoro a cinquanta persone, mentre i portuali che attualmente lavorano al ponte sono circa duecento.
Hanno poi parlato i comitati del territorio: il portavoce di “Multedo per l’ambiente” ha descritto le problematiche dei cittadini della zona, che convivono da quarant’anni con i depositi; ha rievocato gli incidenti avvenuti in zona per l’incompatibilità tra viabilità del quartiere e passaggio delle autobotti; ha ricordato la presenza di abitazioni che si affacciano direttamente sui serbatoi, ribadendo la necessità di spostare i depositi da Multedo, a coronamento di una battaglia che prosegue da molti anni.
Per quello che riguarda Sampierdarena, un esponente di “Officine Sampierdarenesi” ha parlato di una “soluzione zero come l’unica possibile”, e ribadito che il progetto è incompatibile con la vita normale del quartiere. “Non capisco perché questi depositi – ha aggiunto – non possano stare vicino alla case di Pegli e Multedo, ma possano invece stare a Sampierdarena”.
Altri interventi hanno insistito sui danni che sono già venuti al quartiere dalla intensificazione del traffico veicolare. La presidente del Comitato Lungomare Canepa – la strada che sarebbe proprio davanti e accanto ai depositi, qualora venissero inseriti in porto – ha affermato: “Subiamo il passaggio di 65mila veicoli al giorno; abbiamo sofferto le deviazioni di traffico dopo il crollo del Morandi; siamo a trenta metri dal porto, e saremo centrali rispetto alla nuova viabilità e alle strade in costruzione. Tutto in una fascia di un chilometro”.
Da ultimo, il presidente Signorini ha difeso il progetto ricostruendo le varie tappe che hanno condotto all’individuazione di Ponte Somalia, ricordando che la delocalizzazione in ambito portuale era stata inserita già nel Piano urbanistico comunale del 2015, ed erano già state ipotizzate alcune aree in porto, tra cui il ponte stesso. Ha sostenuto che l’impatto del deposito non dovrebbe pregiudicare l’attività portuale, come oggi si sviluppa, e che la ricollocazione dovrebbe essere compatibile con le altre attività limitrofe. Ha inoltre sottolineato che il progetto definitivo verrà sottoposto al parere vincolante del comitato regionale, ai sensi della legge Seveso, e che saranno fatti tutti i controlli necessari. A fronte di questo quadro, la commissione Trasporti, presieduta dalla deputata ligure Raffaella Paita di Italia viva (che sostiene il sindaco Bucci), si è espressa in linea di massima favorevolmente al progetto, pur chiarendo che “la decisione va condivisa con la cittadinanza”.
Appare evidente come tutta la vicenda sia legata a una scommessa politico-elettorale del sindaco Bucci, che aveva solennemente dichiarato che avrebbe liberato Multedo dalla scomoda quarantennale servitù dei depositi. Progetto che non poteva non coinvolgere anche il presidente Signorini che ha, tra i promotori della sua ascesa e della sua carriera, lo stesso Bucci e il presidente della regione Toti. L’idea che sulla stessa banchina possano coesistere attività “normali” e serbatoi di sostanze chimiche, senza detrimento per traffici e occupazione, sembra piuttosto lambiccata, come già avevano sottolineato analisi tecniche elaborate dalla Capitaneria di porto, che si era espressa in senso contrario.
A Sampierdarena, il 21 aprile, una manifestazione di protesta piuttosto affollata ha ricordato che gli abitanti non sono per nulla entusiasti del trasferimento dei depositi e della trasformazione della viabilità, che sarebbe a essi legata. A complicare le cose, il candidato sindaco del Partito democratico e Movimento 5 Stelle, Ariel dello Strologo, ha fatto parte del comitato di amministrazione di “Superba”, nel momento in cui fu avanzata la prima ipotesi dello spostamento, e può quindi difficilmente intervenire sulla questione, se non proponendo – come ha fatto – che si individuino siti alternativi. E anche intorno all’altro contestato progetto – quello della cabinovia che dovrebbe unire la stazione marittima al Forte Begato, sulle alture circostanti la città, passando attraverso il quartiere del Lagaccio, già approvato dalla giunta, e che ha ricevuto i fondi del Pnrr (settanta milioni di euro stanziati, tra costruzione della cabinovia e ristrutturazione dell’area del Forte), ma di cui si attende ancora di conoscere il dettaglio progettuale – si moltiplicano le voci critiche. È nato un combattivo comitato, che teme come la costruzione dei giganteschi piloni necessari per realizzare l’opera possa snaturare completamente il profilo del quartiere, condizionandone non poco la vita.
Nonostante queste contestazioni, nei sondaggi il sindaco Bucci è però favoritissimo, e la sua rielezione più che probabile. Nella senile Genova, Bucci è riuscito a consolidare una immagine di uomo forte, pragmatico e capace di fare, dopo un decennio di stagnazione e di mera amministrazione del declino della città. Sebbene quell’inversione di tendenza, di cui si gloria, sia più apparente che reale, egli può godere del credito accumulato con la ricostruzione del ponte. Il suo tallone di Achille sta probabilmente proprio nella smania di continuare a presentarsi come homo faber, moltiplicando gli interventi e pretendendo di rivitalizzare, con la sua azione, una città in cui le opportunità lavorative sono ridotte al lumicino, i giovani sono fuggiti, mentre prosegue il dominio delle vecchie famiglie di rentiers. Perché i nodi vengano al pettine, tuttavia, ci vorrà ancora tempo.