Ha suscitato molti interrogativi il viaggio intrapreso la settimana scorsa dall’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder, che si è recato improvvisamente a Mosca, dove ha avuto diversi colloqui con collaboratori del presidente e un lungo incontro con lo stesso Putin. La Spd ci ha tenuto, fin dall’inizio, a sottolineare che l’iniziativa di Schröder era del tutto personale, in nessun modo riconducibile al partito; mentre Olaf Scholz – che con Schröder ha avuto in passato rapporti di collaborazione molto stretti, se non addirittura di vero e proprio discepolato – non ha nascosto un certo imbarazzo. Ancora il giorno 14 marzo è stata necessaria, per calmare il vespaio che si era sollevato, una comunicazione ufficiale del segretario generale della Spd, Kevin Künhert, in cui si informava che si stavano ancora indagando le ragioni del viaggio di Schröder, e che questo in ogni caso era da considerarsi, più che altro, frutto di una sua iniziativa personale.
La stampa conservatrice insinua, intanto, che più che “andato” Schröder sia stato “mandato”, vista la sua amicizia di vecchia data con Putin. Non da ultimo sarebbero in gioco anche i suoi personali interessi, oltre a quelli più in generale tedeschi, nel gasdotto Nord Stream 2, di cui abbiamo già parlato su “terzogiornale”. Le poste in gioco che ruotano intorno alla risoluzione del conflitto in corso sono molte: tra queste, vi è evidentemente il futuro delle relazioni politiche ed economiche tra Germania e Russia. L’ex cancelliere non ha ancora fatto trapelare nulla intorno agli esiti dei colloqui; le fonti russe tacciono, quelle ucraine minimizzano, l’ambasciatore ucraino in Germania, Andrij Melnyk, liquida tutta la vicenda come un tentativo “fallito ancora prima di cominciare”, aggiungendo che “la figura di Schröder è dubbia, perché appartiene alla cerchia più stretta degli amici tedeschi di Putin”, e, per quanto ne hanno saputo loro da esponenti politici ben informati, “non c’è molto di nuovo da segnalare”. La mediazione di Schröder parrebbe dunque un gesto isolato, dettato dalla disperazione. I maligni sottolineano quanto egli sia coinvolto in consigli di amministrazione di importanti imprese russe, in particolare sul fronte energetico, con il gigante Gazprom, ma anche con Rosneft, il primo produttore di petrolio russo, e naturalmente con Nord Stream in buona parte una sua creatura.
L’iniziativa ha creato sconcerto anche a Washington, dove è stato chiesto a Scholz di chiarire le ragioni del viaggio di Schröder. Scholz si è dovuto difendere, ribadendo di essere lui il cancelliere, e sottolineando che “Schröder non lavora per il governo”. La risposta di Scholz, per quanto comprensibile, è stata stigmatizzata dal settimanale “Der Spiegel”, che ha messo in ridicolo la magra figura fatta da uno Scholz costretto a ribadire che il cancelliere è lui, anche se il viaggio di Schröder è poi letto, nel medesimo articolo, come il tentativo di tutelare gli interessi personali dell’ex cancelliere, più che nei termini di un intervento per perorare la chiusura del conflitto. Certo è, però, che i “piccoli risultati positivi”, che poi Scholz ha dichiarato di avere portato a casa dopo il suo colloquio di martedì 15 con Putin, e i primi accenni di un ritiro delle truppe russe, di cui si parla in questi giorni, potrebbero essere anche riconducibili alla mediazione di Schröder, che ci avrebbe messo quantomeno lo zampino.
In ogni caso, le difficoltà del governo della “coalizione semaforo”, travolto dalla guerra pochissimo tempo dopo essere entrato in carica, sono evidenti: ha fatto gridare allo scandalo la visita intempestiva del ministro degli esteri Annalena Baerbock a Kiev, mentre su tutta la vicenda della fornitura di armi all’Ucraina si è innescato un balletto con aspetti tragicomici, come quando al sindaco di Kiev, che chiedeva aiuti militari, Scholz ha promesso l’invio di 5000 elmetti, provocando così la sarcastica risposta: “Ma poi ci manderete anche i paraorecchie?”.
Nella Spd esiste, inoltre, una componente non trascurabile di Putinversteher, cioè di personalità politiche che “comprendono Putin”, e che sono implicate in quel tormentato e complesso processo di prosecuzione della Ostpolitik, sia pure in condizioni mutate, di cui abbiamo già detto in queste pagine.
Anche se al primo posto c’è il problema della dipendenza tedesca dal gas russo, amplificata dall’ambizioso progetto presente nel programma del governo di fuoriuscita dal carbone entro il 2030, il groviglio degli interessi geopolitici, oltre che economici, che lega la Germania alla Russia è molto più intricato. Lo mostrano bene le posizioni per esempio di Manuela Schwesig della Spd, governatrice del Land Meklemburgo-Pomerania, che continua a insistere sulla necessità dell’attivazione del gasdotto, che proprio in quella regione ha il suo luogo di approdo. Sono in gioco – dice la Schwesig – non solo posti di lavoro e ritorni fiscali, ma anche la possibilità di fare fronte al fabbisogno energetico e, in prospettiva, collaborazioni economiche più ampie.
L’idea che in politica estera la Germania debba guardare a Est, attraverso un processo pacifico di acquisizione di influenza economica e commerciale – Wandeln durch Handeln, “trasformare commerciando” –, è profondamente radicata nel Paese, e non è patrimonio unicamente della Spd: rientra perfettamente in una politica estera tedesca improntata, nel secondo dopoguerra, allo Zivilmachtkonzept, a un ideale di potenza civile che mira alla risoluzione pacifica dei conflitti. Ma forse tutto questo appartiene già al passato, e la stessa ambigua figura di Schröder è da vedere come quella di un insieme di relazioni al tramonto. In una parte consistente dell’opinione pubblica, e non solo all’interno delle forze più conservatrici del Paese, si riaffaccia in questi giorni convulsi e drammatici la questione lungamente rimossa del riarmo. Già fondi ad hoc sono stati frettolosamente stanziati dal governo, ed è previsto, per ora almeno, il raddoppio del finanziamento della Bundeswehr. Con il potenziamento dell’esercito tedesco, si schiude forse una diversa epoca geopolitica, in attesa che la lungamente invocata difesa comune europea prenda finalmente forma.