Un disegno di Zapiro, artista e vignettista sudafricano assai famoso, prima ancora del voto alle Nazioni Unite sull’invasione russa in Ucraina, aveva già previsto tutto: raffigurava Cyril Ramaphosa, presidente del Sudafrica, chino dietro Putin. Mercoledì 2 marzo hanno votato: 141 a favore di Kiev, 5 si sono schierati con Mosca e 35 si sono astenuti, a cominciare da Cina e India. Se si vedono i consensi all’Ucraina da parte dei Paesi africani, saltano all’occhio Stati come il Kenya e il Ghana, e ci sono anche la Nigeria, il Niger e il Botswana. Mentre Pretoria – insieme, tra l’altro, ad Angola, Namibia, Senegal, Zimbabwe, e Mali e Mozambico – dove sono presenti mercenari russi della organizzazione Wagner contro i fondamentalisti islamici – si sono, per così dire, tirati fuori.
Desmond Tutu, morto alla fine dell’anno scorso e tutta la vita contro l’apartheid, aveva detto: “Se un elefante ha la zampa sopra la coda di un topo, e tu dici: sono neutrale, il topo non apprezzerà la tua neutralità. Se tu sei neutrale davanti all’ingiustizia, allora sei dalla parte degli oppressori”. La verità è nelle cose semplici come queste frasi.
“Il Sudafrica, una volta alfiere dei diritti umani, ora è tornato in fretta tra i furfanti”, ha detto uno degli editoriali del giornale “News24 South Africa”. “È una chiara aggressione da parte della Russia che ha deciso di invadere un altro Stato. Lasciando da parte la politica di Kiev, estera o interna, non è giustificabile che una nazione invada l’altra”. Il topo e l’elefante, e Mosca è l’elefante.
A dire il vero, una voce fuori dal coro del governo sudafricano c’è. Naledi Pandor, ministra delle relazioni internazionali e della cooperazione, e membro del parlamento per l’African National Congress, si era espressa subito perché Mosca tornasse sui suoi passi e andasse a casa; ma l’ambasciatrice all’Onu, Mathu Joyini, si è espressa in maniera opposta mercoledì al Palazzo di vetro. Ha detto di essere a favore di una risoluzione pacifica, ma quella – intitolata “Aggressione contro l’Ucraina” – non è “un’idea buona per cominciare a parlare e mediare”. Quella, ha osservato, conduce a una più forte contrapposizione tra Russia e Ucraina. Nemmeno un accenno sui diritti umani calpestati o sulla pace.
L’astensione non è piaciuta neanche all’ambasciatrice ucraina a Pretoria, Liubov Abravitova, che, fumante di rabbia, si è detta stupita: “Sono ancora più dispiaciuta visto che il Sudafrica è una nazione democratica a livello globale… nemmeno una parola sull’invasione, l’aggressione e l’azione militare contro di noi”. Botswana e Zambia, dice sottolineando il proprio apprezzamento, si sono espresse contro la Russia.
Ci si erano messi anche la Chiesa, che in Sudafrica ha svolto un’azione commendevole contro la repressione del regime bianco, e la società civile: “Noi dobbiamo fare di tutto perché la guerra in Ucraina abbia fine. Dobbiamo dire che la Russia e i soldati russi vadano a casa loro… Se la Russia continua ad avere una relazione con il Sudafrica, allora deve smetterla di aggredire l’Ucraina”. Ma evidentemente non è bastato.