Lo hanno azzoppato, il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci. Un agguato in stile “prima Repubblica”. Due consiglieri della maggioranza, nell’arco di una notte, hanno congiurato passando armi e bagagli con gli oppositori. Altri sei lo avevano fatto in questi quattro anni di amministrazione. Mancavano pochi mesi alla fine della consiliatura, fissata per la prossima primavera, invece da ieri diciassette consiglieri comunali hanno depositato le loro irrevocabili dimissioni, e così si dovrà andare presto al voto.
Si sfoga il sindaco proposto dal Pd, imprenditore indipendente, che si è schierato per una riconversione ecologica e ambientalista della ex Ilva (ed è forse per questo che è stato azzoppato). “Bisogna rimanere lucidi in queste ore – dice Melucci – ed è difficile individuare moventi e mandanti nel solo gioco della politica. Nei prossimi dieci anni la stazione appaltante di Taranto gestirà dieci miliardi di euro. Quello che hanno ordito è stato un atto ostile nei confronti della città. In questi quattro anni di amministrazione avevano ottenuto assessorati, posti nelle partecipate, incarichi di sottogoverno. Non gli è bastato. Non potevano più accettare di condividere la nostra politica nei confronti di chi avvelena il nostro territorio”.
Stefania Baldassari, candidata a sindaca del centrodestra sconfitta da Melucci, rivendica la fine della consiliatura: “Melucci non ha mai avuto una maggioranza reale. Ha amministrato la città anche con assessori eletti nelle mie liste. Ha fallito e adesso ne paga le conseguenze”.
Da un punto di vista politico, è ovvio che il centrodestra ha saputo colpire con i suoi pallettoni. Del resto, Tajani e Salvini hanno brindato allo scioglimento del consiglio comunale. Ma – spiega Luciano Santoro, candidato segretario al congresso provinciale del Pd – “sono scesi in campo anche i poteri forti, settori di Confindustria e non solo, che vogliono governare la città”.
Non c’è nessuna dietrologia segreta, dietro l’operazione di far fuori il sindaco e la sua maggioranza. Il governatore della Puglia, Michele Emiliano, esplicita: “È stata una vigliaccata. Il sindaco Melucci ha lavorato per la decarbonizzazione dell’Ilva e la chiusura dei reparti a caldo. La sua amministrazione ha portato avanti i progetti per la costruzione della città universitaria, per un nuovo ospedale, per la rete della mobilità”.
Evidentemente le buone azioni non sono servite. “Siamo al tentativo della riedizione di Le mani sulla città. Ci sono vecchi arnesi della mala politica che vogliono vendicarsi della buona amministrazione Melucci. I nemici di Taranto vivono in provincia. Sono grandi imprenditori del ciclo dei rifiuti, orfani del centrodestra che vogliono riscattarsi, burattini dei poteri forti, delle lobby dell’acciaio”. Luciano Santoro traccia gli identikit dei killer di Melucci.
In questi quattro anni di amministrazione, ben otto eletti sono passati dalla maggioranza all’opposizione. Gli ultimi due senza neppure un preavviso. Non è solo un’operazione di trasformismo politico, antica malattia del Mezzogiorno. Ci sono forti interessi economici da preservare e lo stesso futuro produttivo della città dei due mari. La ex Ilva è dentro questa grande partita truccata.
Ma il sindaco è ottimista: “Abbiamo un consenso molto alto in città. Abbiamo lavorato bene. Siamo riusciti a risalire la china del dissesto finanziario. Stiamo lavorando per la rigenerazione urbana. In particolare, Tamburi, il quartiere sepolto dalle polveri dell’acciaieria. Se guardo al futuro, penso ai novantamila passeggeri delle crociere che hanno visitato la nostra città”.