La destra piange, il centrosinistra, che non sta tanto bene, porterebbe a casa un buon risultato. A tre ore dalla chiusura delle urne, sembra profilarsi un terremoto politico sulla scena nazionale, pensando alle future elezioni politiche. Mentre proseguono le maratone televisive, e i dati di affluenza sono meno infelici di quello che poteva apparire all’inizio, i numeri snocciolati fanno ritenere che Matteo Salvini, Giorgia Meloni e compari, dovranno rivedere le loro (fin qui inutili) strategie di consenso: aggressive, violente, espressione del peggiore populismo, non sono state premiate dall’elettorato nella tornata amministrativa.
A Bologna, Milano e Napoli, i candidati del centrosinistra fanno il pieno; a Roma e Torino fallisce la divisione Pd-5 Stelle, mentre ancora non è chiaro chi andrà al ballottaggio, nella capitale, tra Gualtieri e Raggi. Di certo quest’ultima ha mostrato di saper stare al gioco, dopo gli attacchi senza tregua subiti durante l’intero suo mandato.
Dalla Calabria, il monito peggiore. In quella terra abbandonata, la vittoria della destra e del poco credibile Occhiuto segna la peggiore sconfitta di un ceto politico che ha rifiutato l’unica candidatura forte, pulita e vincente, quella di Enzo Ciconte.
Dolori in casa 5 Stelle: senza alleanze non ce la fanno, ma le alleanze li soffocano. Dovranno affinare le armi della politica, facendo sentire il loro peso, se lo hanno. La palla è nella metà campo di Conte.