La lotta dei lavoratori genovesi, che hanno da tempo denunciato un traffico di armi in transito nel porto, sta assumendo tratti sempre più rilevanti a livello sia nazionale sia internazionale. Si tratta di materiale bellico che va ad alimentare le guerre in Siria e in Yemen, e che, almeno da un paio di anni, fa tappa a Genova prima di ripartire alla volta di porti medio-orientali a bordo, principalmente, della flotta saudita Bahri. Le denunce dei portuali, accompagnate da documentazione fotografica che attestavano la presenza di mezzi militari sulle navi hanno suscitato vasta reazione in città, e in alcuni casi le imbarcazioni, con il loro carico, sono state respinte grazie alla mobilitazione del Collettivo autonomo lavoratori del porto (Calp).
Dopo essere stati ricevuti il 23 giugno scorso da Papa Francesco che, come abbiamo già raccontato su “terzogiornale”, ha elogiato la loro azione di boicottaggio, i portuali sono tornati all’onore della cronaca quando il noto fumettista e disegnatore Zerocalcare, durante le manifestazioni per il ventennale del G8, si è fatto fotografare con la maglietta del Calp e ha pubblicamente dichiarato di aderire al presidio indetto dal Collettivo per l’avvicinarsi al porto dell’ennesima nave della morte.
Il tema ha trovato un po’ alla volta spazio anche sulla stampa nazionale, come attesta il quotidiano “Domani” del 21 luglio, che ha dedicato un paginone alla ricostruzione di tutta la vicenda. Qualche giorno prima, il 16 luglio, si era tenuta, ancora a Genova, una importante riunione internazionale in videoconferenza con la partecipazione di rappresentanti di lavoratori di molti porti europei ed extraeuropei, con l’obiettivo di creare un fronte comune di “porti senza armi”. Alla discussione – intitolata significativamente “Fuori la guerra dai porti” – hanno preso parte esponenti dei porti di Livorno, Napoli, Trieste, Barcellona, Motril e Segunto (Spagna), Pireo (Grecia), Marsiglia (Francia), Esbjerg (California), Durban (Sudafrica), nonché le organizzazioni Block the boat, Amnesty international, Green peace, La guerra empieza aquí e l’Assemblea internazionale dei popoli Europa.
I momenti di mobilitazione si sono succeduti in maniera incalzante per tutto il mese: il 22 luglio c’è stata una rilevante partecipazione al presidio per contrastare l’attracco della Bahri Jazan in arrivo nel porto, una delle sei “sorelle della morte”, come sono stati ribattezzati i cargo adibiti al trasporto di armi. Il presidio è stato anche l’occasione per consegnare all’Autorità portuale di sistema due lettere: la prima diretta ad Asl e Ispettorato del lavoro, dato che il transito di queste navi rappresenta un problema per la sicurezza dei lavoratori e per la popolazione delle zone circostanti il porto. I membri del Calp denunciano che, nell’ultimo attracco, la nave in arrivo aveva a bordo dodici container di esplosivi – e questo mentre nelle vicinanze venivano movimentate altre merci. La seconda lettera chiede semplicemente l’applicazione della legge 185 del 1990 sul divieto di esportazione e vendita di armi.
L’aspetto forse più interessante è che ora anche le autorità portuali, più volte tirate in ballo dai lavoratori perché si pronuncino sulla questione e rimaste a lungo silenti, hanno mostrato di dare segni di attività al riguardo. L’Autorità di sistema portuale di Genova avvierà finalmente, a settembre, un tavolo aperto alle parti sociali sulla problematica delle “navi delle armi”. Lo ha confermato, specificando che data la materia la sede sarà però la prefettura, l’ente portuale dopo aver ricevuto una delegazione della Unione sindacale di base (Usb), accompagnata da rappresentanti della Ong Weapon Watch, sigla affiancatasi con diverse altre organizzazioni non governative, fino appunto al Calp, che, come abbiamo ricordato in un precedente articolo, sollevò per primo un paio di anni fa il tema in relazione alla compatibilità di tale traffico con le norme italiane. Questo il motivo per cui – in occasione dell’approdo a Genova della Bahri Jazan – Usb e Calp hanno consegnato, subito dopo il presidio, al segretario generale della Autorità di sistema portuale, e per conoscenza a Capitaneria di porto e prefettura, una richiesta di controlli di natura non solo sindacale, ma giuridica, redatta da uno studio legale e accompagnata da un’istanza di accesso agli atti relativi al materiale trasportato dalla nave in questione.
La Camera, ad ogni modo, con due risoluzioni approvate lo scorso dicembre, ha impegnato il governo a revocare le licenze in essere per l’export di armi italiane verso l’Arabia saudita (e gli alleati degli Emirati arabi uniti), e ha fugato ogni possibile dubbio sulla sussistenza della fattispecie giuridica che dovrebbe impedire anche il solo transito del materiale bellico sul territorio nazionale. La lotta dei portuali comunque procede, non intende certo fermarsi alla consegna di lettere alle autorità preposte ai controlli. Per settembre è prevista una nuova assemblea, e si sta costruendo una ipotesi di giornata di sciopero internazionale dello scarico delle merci, che avrebbe lo scopo di rendere pubbliche e ineludibili per le autorità portuali le questioni poste dal Calp.