Hanno parlato d’altro, al tavolo governo-sindacati sulla ex Ilva di Taranto. Di forma e di poca sostanza. La Fim-Cisl è soddisfatta perché il governo ha garantito ulteriore cassa integrazione di tredici settimane per i siderurgici di Acciaierie d’Italia. Ma gli altri sono perlomeno depressi. Beppe Romano della Fiom-Cgil dice che siamo “alle calende greche”. E che “il nuovo cda che dovrebbe insediarsi a fine mese deve riscrivere il piano industriale”.
Con i ministri Orlando, Giorgetti e Carfagna, c’erano anche i governatori della Liguria e della Puglia, Toti ed Emiliano, oltre ai vertici sindacali e aziendali.
Dopo la sentenza della magistratura penale (e quella del Consiglio di Stato), questo incontro avrebbe potuto rappresentare un nuovo inizio. E si aggrappa alla speranza che lo possa comunque essere il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. Se non fosse stato per una sua dichiarazione prima del vertice romano, la questione ambientale e il risarcimento dovuto a Taranto sarebbero finiti nel dimenticatoio.
“Noi proporremo l’immediata chiusura degli impianti a caldo, l’inizio dei lavori anche con l’aiuto della Ue per la costruzione dei forni elettrici, che devono funzionare inizialmente a gas, ma poi, a regime a idrogeno, sempre che l’idrogeno non sia immediatamente disponibile”.
È il manifesto della resistenza pugliese, di Michele Emiliano, che combatte il mostro, la più grande acciaieria europea a carbone. E su questa linea ci sono anche il sindaco di Taranto e una parte del movimento sindacale. Dice Palombella della Uilm: “Il governo naviga a vista. Non esiste un piano industriale, non si conoscono i tempi e le modalità della transizione ecologica”.
Fonti romane assicurano che il presidente del consiglio Draghi stia studiando il dossier ex Ilva. Lasciando Roma, il presidente Emiliano ha lanciato un messaggio molto chiaro: “Dobbiamo evitare che una nuova Corte d’assise possa condannare altri manager per aver ripetuto gli errori del passato”. Non è un avvertimento, è quello che potrà accadere se l’ex Ilva e il governo non cambiano passo.