
Non passa giorno che la crisi diplomatica tra l’Algeria e la Francia non conosca sviluppi che la rendono più acuta e irreversibile. Per la Francia, già cacciata dal Sahel (vedi qui), non è certo un momento facile in Africa. L’ultimo motivo di tensione è l’annuncio, pochi giorni fa, di un’esercitazione militare franco-marocchina a Errachidia, programmata per settembre nel sud del Marocco, non molto lontano dalla frontiera con l’Algeria. Algeri ha immediatamente reagito definendola una provocazione che “porterà il clima delle tensioni tra i due Paesi a un livello superiore di gravità”. L’esercitazione militare vicino alla frontiera è carica di significati per l’Algeria, che la Francia assolutamente non ignora. L’origine della crisi più acuta con la Francia, che l’Algeria abbia conosciuto dalla sua indipendenza (1962), si situa infatti proprio lungo le frontiere della regione. Il momento di svolta nell’estate scorsa, quando il presidente Macron ha riconosciuto in maniera formale (con una lettera indirizzata il 30 luglio al re del Marocco, Mohammed VI) la sovranità della monarchia sul Sahara Occidentale, che l’esercito di Rabat ha in gran parte occupato a partire dalla fine del 1975.
Il Sahara Occidentale è per le Nazioni Unite l’ultimo territorio non autonomo dell’Africa, e innumerevoli risoluzioni del Consiglio di sicurezza sanciscono il suo diritto all’autodeterminazione. La Francia – che come membro permanente del Consiglio di sicurezza vota queste risoluzioni – sostiene che il cosiddetto “piano di autonomia”, che il Marocco vorrebbe applicare all’ex colonia spagnola del Sahara Occidentale, ne garantirebbe l’autodeterminazione sotto la sovranità di Rabat. L’Algeria, che condivide una breve frontiera col Sahara Occidentale, sostiene invece l’autodeterminazione attraverso un referendum libero, che al momento l’Onu e la comunità internazionale hanno messo nel dimenticatoio, malgrado il Sahara Occidentale sia diventato, grazie al Fronte Polisario che si batte per l’indipendenza, uno Stato membro dell’Unione africana, che non riconosce l’occupazione del Marocco.
Delle manovre militari alla frontiera sono ancora più intollerabili, se si pensa alla storia dell’Algeria. Un anno dopo la sua indipendenza il Paese venne attaccato proprio dal Marocco, che rivendicava anche parte del Sahara algerino, oltre a una parte del Mali, tutta la Mauritania e la ex colonia spagnola. Questa pretesa della monarchia marocchina, ora limitata al territorio sahrawi, non ha alcun fondamento storico, come stabilito dalla Corte internazionale di giustizia fin dal 1975, ma continua a condizionare i rapporti nella regione.
Macron ha ceduto al ricatto del Marocco, che minacciava di raffreddare le relazioni con Parigi in un momento in cui la Francia stava perdendo terreno in Africa. Prima di lui, il primo ministro spagnolo, il socialista Sánchez, si piegava al riconoscimento della “marocchinità” del Sahara Occidentale, sotto la minaccia di vedere Rabat aprire la valvola dell’immigrazione irregolare verso la Spagna.
E dopo la crisi scoppiata in novembre, e tuttora irrisolta, con l’arresto dello scrittore franco-algerino Boulem Sansal al suo rientro in Algeria (vedi qui), le migrazioni diventano un terreno di scontro anche tra Algeri e Parigi. L’Algeria ha rifiutato la riammissione di algerini in posizione irregolare espulsi dalla Francia. Parigi minaccia ora la ritorsione, rivedendo gli accordi del 1968 sulla migrazione algerina, che il primo ministro François Bayrou e il ministro dell’Interno, Bruno Retailleau, giudicano troppo permissivi e sbilanciati a favore della parte algerina. La proposta ha trovato subito un’eco favorevole presso l’estrema destra francese, che l’agita per alimentare i suoi fantasmi sull’invasione del Paese. Ma quegli accordi, più volte rivisti, non hanno più alcuna influenza sul fenomeno migratorio degli algerini in Francia; sono diventati semplicemente uno dei tanti randelli usati per incattivire l’atmosfera, perché Parigi deve pur tentare di camuffare le sue sconfitte diplomatiche africane.
Ad agitare le relazioni, fino a renderle “radioattive”, ci si sono anche i test nucleari francesi nel Sahara algerino. Gli esperimenti francesi – diciassette in tutto, tra il 1960 e il 1966, quindi anche dopo l’indipendenza del Paese – furono costellati da diversi incidenti con rilascio di radioattività, oltre a un sommario trattamento delle scorie semplicemente sotterrate sotto la sabbia. La Francia consegnò a suo tempo all’Algeria i due siti degli esperimenti senza precauzioni particolari, né modalità di controllo sull’evoluzione della radioattività. La presa di coscienza dei rischi è stata molto lenta, anche da parte del governo algerino; ed è stato soprattutto sotto l’impulso delle vittime, alcune delle quali ex militari francesi, e delle loro associazioni che il problema è esploso, entrando poi tra le criticità delle relazioni tra i due Paesi. La questione è tornata di attualità all’inizio di quest’anno, con la richiesta di un risarcimento da parte delle vittime e di una documentazione che permetta, una volta per tutte, di delimitare le zone contaminate, valutando i danni e le necessità di una bonifica, che il governo algerino intenderebbe far pagare interamente a quello francese. I gruppi di lavoro istituiti nel tempo, infatti, non hanno portato a nulla di decisivo, cosicché tutto lascia prevedere che la questione continuerà ancora per molto a condizionare le relazioni tra i due Paesi.