Paolo Berdini ha da poco aggiornato e ampliato Roma moderna, il capolavoro di Italo Insolera del 1962. La sua è un’analisi impietosa dei tanti errori delle varie amministrazioni comunali che si sono succedute, anche se c’è la speranza di contrapporre una nuova visione del “pubblico”, con il modello della “ecologia integrale”. Lo avevamo intervistato in occasione dell’uscita del libro: vedi qui. Ora gli abbiamo chiesto un primo giudizio dei lavori per il Giubileo.
Ormai siamo in pieno Giubileo dopo l’apertura delle porte sante prima di Natale. Come ci è arrivata la capitale a questo appuntamento storico?
Con affanno e senza un progetto per l’intera città. Siamo stati appesi alla realizzazione del sottopasso di piazza Pia, come se il futuro di Roma fosse legato a questa piccola opera. Si trattava di duecento metri scarsi di sottovia scavato a cielo aperto, quindi senza particolari difficoltà tecniche. Il giorno della sua inaugurazione sembrava che fosse un’opera ciclopica. I problemi strutturali della città sono rimasti nascosti dietro a un’opera solo d’immagine.
Sono state molte le polemiche sui cantieri in ritardo. Qual è ora la situazione? Le scelte sono state sensate o si è proceduto, ancora una volta, in base all’emergenza di rispettare i tempi?
A parte il sottopasso di piazza Pia, nessuna opera giubilare è stata ancora completata. Piazza San Giovanni è stata inaugurata pro diretta televisiva e il cantiere è stato subito riaperto. La stessa cosa è avvenuta a Termini. Emergenza e improvvisazione ci sono stati, ma c’è qualcosa di più profondo e grave. L’incapacità della capitale di progettare e gestire opere spesso di normale amministrazione, come il rifacimento di piazze che sono state per esempio affidate a Ferrovie dello Stato. I comuni, capitale compresa, sono stati colpiti al cuore dalle criminali politiche dei tagli di bilanci. Ma anche di questo non si parla.
Da un punto di vista urbanistico quale valutazione dare delle scelte fatte? Siamo in presenza di un disegno organico che cambierà la città?
Tutte le opere programmate sono localizzate nel centro storico. Un fiume di soldi è andato per il maquillage di piazze storiche. Nulla di male se si fossero programmati anche interventi nelle periferie. Si poteva fare, eccome. Papa Francesco ha aperto una porta santa nel carcere di Rebibbia, nella estrema periferia nord-orientale della città. Si poteva intervenire lì e in altri luoghi della desolata periferia della città. Invece nulla. Roma è solo il centro storico, il luogo che alimenta flussi turistici giganteschi.
Il Giubileo si è intrecciato ai progetti del Pnrr. Quali sono state le fonti di finanziamento principale dei cantieri aperti?
Con i finanziamenti del Pnrr sono state lodevolmente finanziate due opere di grande valenza per le periferie romane. La prima è la tramvia lungo la via Palmiro Togliatti, voluta da diecimila romani che firmarono l’appello della Cgil e dei comitati. Sono passati più di venti anni, ma è una fortuna che si faccia. La seconda è la realizzazione del parco di Centocelle, grande polmone verde che gli abitanti aspettano da decine di anni. Per il resto, della gigantesca periferia non c’è nulla.
Uno dei punti deboli della capitale è sempre stato il traffico. Come ha inciso l’occasione dell’arrivo di milioni di pellegrini sulla ristrutturazione della rete della mobilità urbana? Archiviato il grande progetto di rilancio del trasporto su ferro?
Il punto che tocchi fa comprendere l’involuzione culturale che stiamo vivendo. Con il Giubileo del 2000 fu isolato dalle automobili il sagrato di Santa Maria Maggiore. Un senso di marcia della via Ostiense sotto il campanile della basilica di San Paolo fu interrotto. Voglio dire che durante il periodo del sindaco Rutelli e di Tocci ci fu una innegabile sensibilità nel tentare di limitare il traffico veicolare.
A Termini, è stata creato il terminal dei taxi a contatto con i mirabili resti delle mura serviane. Invece di isolarle ulteriormente, già si vedono file interminabili di vetture girargli davanti. Tutto con il parere delle soprintendenze. E Roma ha speso cento milioni di euro per il sottopasso di piazza Pia che non affronta neppure lontanamente il grave problema che vivono gli abitanti di piazza Adriana che vivono quotidianamente in un traffico infernale. Doveva essere ripresa la grande intuizione di Italo Insolera di ripristinare le linee di tram sui Lungotevere. Bisognava insomma programmare le piccole opere per il Giubileo, ma avere il coraggio di disegnare una prospettiva nuova per la città. E invece nulla.
Un’altra grande questione non risolta è quella dell’abitare. A Roma, con gli affitti tra i più alti in Italia e l’accesso alla proprietà molto limitato, il diritto alla casa non è ancora garantito. Lo vediamo anche dagli sfratti. Qual è la situazione?
Drammatica. Con il Giubileo i valori di locazione sono ovviamente aumentati di molto e sono ripresi gli sgomberi. Mancano migliaia di case per le famiglie meno abbienti che formano la gigantesca lista di attesa di una casa dignitosa. In assenza di alternative, le famiglie in difficoltà se ne vanno fuori del raccordo anulare o nei comuni della cintura. Per mancanza di politiche abitative stiamo condannando le famiglie più povere ad allontanarsi e peggiorare così la loro qualità di vita.
In questi mesi si è sviluppato un importante movimento contro l’iperturismo e per la regolazione degli affitti brevi. Sono stati raggiunti anche dei primi risultati. Che novità ci sono?
Nessuna purtroppo. Viviamo ancora nella convinzione che incrementando il segmento del turismo si risolvano le questioni strutturali delle città. Non è così. Il turismo porta innegabili benefici in termini di creazione di ricchezza e di occupazione, ma sta distruggendo la vivibilità delle città, sottrae alloggi abitati da famiglie che devono andare sempre più lontano. Interi palazzi del centro storico sono diventati B&B: un’economia gigantesca in mano alla grande proprietà edilizia. Anche in questo c’è un ritardo culturale spaventoso. È ora di affrontare il problema degli effetti del turismo di massa sulle città. Non si tratta soltanto di regolare gli affitti brevi e gli spostamenti in città. C’è l’urgenza di riportare abitazioni popolari nel centro storico, di renderlo vivibile e non soltanto un immenso luna park. Il comune deve riprendere ad attuare politiche pubbliche.
In questo periodo storico, in ogni città globale, c’è un forte ruolo della grande finanza, dei fondi di investimento globali, dei marchi del lusso dell’accoglienza alberghiera. Quale il ruolo di questo segmento economico sulla città di Roma?
In poco più di un anno, a Roma sono stati inaugurati dodici alberghi di fascia superiore alla categoria dei quattro stelle. Con il Giubileo Roma si è lanciata nella competizione globale per il segmento del lusso. È aumentato conseguentemente il dominio dei fondi di investimento, che sostengono questa economia. Un’economia malata che genera disuguaglianze ed esclusione.
Los Angeles è l’epifenomeno di questa logica. Brucia una città per le carenze strutturali della rete elettrica e per lo smantellamento del servizio dei vigili del fuoco. Le élite si sono salvate chiamando imprese private a spegnere l’incendio solo nella loro abitazione, naturalmente. Le case delle famiglie “normali” continuavano a bruciare. L’economia senza regole genera disuguaglianze ed emarginazione, e alla città nel suo insieme non pensa più nessuno. Se l’economia pubblica non sostiene anche gli altri settori produttivi e di servizio, in grado di attenuare le differenze sociali e il degrado urbano delle periferie, è inevitabile che si acuirà ulteriormente la forbice sociale. Con le conseguenze che è facile immaginare.
Uno dei punti di polemica con le scelte del comune e del governo nazionale riguarda la questione della sicurezza, in particolare l’instaurazione delle zone rosse. Quale impatto hanno avuto su Roma le politiche sicuritarie e quali effetti produrranno?
Le politiche di sicurezza sono l’unica ricetta che l’economia dominante è in grado di applicare per correggere i danni che essa stessa produce. Aumenta il disagio sociale e si dovrebbe necessariamente ricostruire il welfare distrutto da trent’anni di politiche economiche neoliberiste, pensiamo alla sanità e alla scuola. Niente di tutto questo. Ora inventano le zone rosse. Ricette inapplicabili oltre che odiose. L’unica strada è quella di tornare a dare una prospettiva di riscatto ai ceti sociali svantaggiati.
L’altra grande battaglia riguarda la salvaguardia dell’ambiente e la qualità dell’aria. Tutte aperte ancora le questioni sul trattamento dei rifiuti (dall’uso dei cassonetti per la raccolta differenziata alla battaglia per l’inceneritore). Quale Roma si presenta ai pellegrini del Giubileo?
Roma si presenta come una delle città più inquinate a causa della struttura urbanistica che ci obbliga all’uso dell’automobile. Si presenta con un progetto per realizzare un inceneritore gigantesco invece di aprire la nuova fase di riduzione dei rifiuti. Roma arriva al Giubileo con la testa girata verso il passato. Il futuro sta nelle tramvie e nel ripensare il nostro rapporto con l’ambiente.
Gli oltre trenta milioni di pellegrini (stima del Vaticano) saranno solo di passaggio a Roma. Intere comunità di immigrati sono invece ormai stanziali. Roma è una città che accoglie o sconta i problemi di chiusura e razzismo di altri luoghi in Italia?
I trenta milioni di pellegrini stimati dal Vaticano si aggiungono ai cinquanta milioni di turisti – questi sono i numeri veri – che nella fase post-Covid hanno ripreso a visitare Roma. Di fronte a questi numeri, gli immigrati sono poca cosa. Se siamo in grado di accogliere ottanta milioni di persone com’è possibile che non siamo in grado di integrare le centinaia di migliaia di immigrati stanziali? Finora Roma, salvo poche eccezioni, si è dimostrata città accogliente. Ma il perdurante abbandono delle periferie al loro destino ci espone a un rischio di tensioni sociali. Dobbiamo continuare ad affermare la cultura dell’integrazione. E la vera integrazione si ha soltanto se diminuisce il divario tra centro e periferie, se si ricostruisce il welfare urbano scomparso.