Tutto come previsto. La Georgia da sabato scorso ha un nuovo capo dello Stato. Si chiama Mikheil Kavelashvili, unico candidato scelto dal partito di governo Sogno georgiano. Ovviamente filorusso, di estrema destra, noto per le sue prestazioni calcistiche, avendo giocato con squadre importanti come il Manchester City, ma che negli studi non è andato al di là della terza media. Non proprio il massimo per governare un Paese. L’ex sportivo è stato elettoda un’assemblea costituita da 300 membri, 150 parlamentari (il partito di governo ne ha 88) e 150 delegati regionali, ovvero i rappresentanti delle istituzioni amministrative regionali e locali di tutto il Paese. Il voto – che ha fatto seguito a quello legislativo del 26 ottobre scorso (vedi qui), il cui risultato ha permesso la nascita di un governo guidato dal premier Irakli Kobakhidze – non è stato riconosciuto dall’opposizione, guidata dalla presidente uscente, Salomé Zourabichvili, che chiede la ripetizione delle elezioni e non ha presentato alcun candidato, rendendo così ancora più facile la vita ai filorussi, che avrebbero comunque avuto i numeri per vincere.
Zourabichvili è l’ultima presidente eletta direttamente dal popolo, nel 2018. L’inedita quanto antidemocratica modalità per eleggere la massima carica istituzionale del Paese era stata voluta, nel 2017, da Sogno georgiano – al governo dal 2012 – nell’ambito di una più ampia riforma istituzionale che sottrasse diversi poteri al capo dello Stato, a favore del parlamento e del primo ministro. Non riconoscendo il voto, l’ex presidente ha dichiarato che non lascerà il suo incarico contrariamente a quanto stabilito dalla normativa istituzionale, che prevede invece la sua uscita di scena il prossimo 29 dicembre. Sogno georgiano, una volta partito europeista, è una creatura dell’oligarca Bidzina Ivanishvili, presidente onorario del partito, vero e proprio fan del nuovo capo dello Stato, secondo cui quest’ultimo sarebbe “l’incarnazione dell’uomo georgiano, un meraviglioso marito e padre di quattro figli”. Insomma, un contrappeso alla “decadenza” occidentale, che mette in discussione i valori tradizionali della famiglia.
La scelta dell’opposizione di non partecipare alla nomina del presidente, e di non riconoscere il voto delle legislative, sposta pericolosamente lo scontro nelle piazze della capitale Tbilisi, e non solo. Una decisione sbagliata, a nostro avviso, perché, a parte qualche irregolarità, gli osservatori internazionali dell’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) hanno considerato valido il voto. In questo scontro senza esclusione di colpi, i due contendenti si accusano a vicenda di avere violato la Costituzione. Secondo la presidente, il governo ha fissato la prima seduta del parlamento scavalcando la sua autorità. Il governo ritiene, invece, che rifiutarsi di convocarla non rientri nei poteri di Zourabichvili. L’intransigenza dell’opposizione non è supportata però da una unità delle sue forze, a differenza di quanto avvenne nel 2003 con la “rivoluzione delle rose” – quando una rivolta popolare portò alla caduta del corrotto presidente Eduard Shevardnadze, già figura di spicco dell’epoca sovietica, favorendo l’ascesa del giovane leader filoccidentale, Mikheil Saak’ashvili –, o in Ucraina nel 2004 con quella “arancione”, e poi ancora, nel 2014, con Euromaidan.
La Georgia si palesa così un Paese decisamente spaccato in due, sia dal punto di vista politico sia da quello culturale. Lo dimostrano plasticamente le differenze abissali tra la presidente uscente e il presidente appena nominato: Zourabichvili, classe 1967, è una scrittrice, diplomatica francese naturalizzata georgiana (i genitori sono originari del Paese caucasico) e ha frequentato a Parigi scuole del livello di Sciences Po, oltre ad avere studiato presso la Columbia University di New York, seguendo anche le lezioni di Zbigniew Brzezinski, tra i protagonisti della politica estera statunitense e consigliere per la sicurezza nazionale all’epoca del presidente democratico Jimmy Carter. Ha altresì ricoperto, incarichi diplomatici a Roma, alle Nazioni Unite e a Bruxelles. Una figura che rappresenta un punto di riferimento per la parte più evoluta e colta della società georgiana. Ben diversa, come abbiamo accennato, la storia dell’ex sportivo: Kavelashvili, 53 anni, studi limitati alle scuole medie, è un volto conosciuto in Georgia per le citate prestazioni calcistiche. Entrò per la prima volta nell’agone politico nel 2016, eletto in parlamento nelle file di Sogno georgiano, pur facendo parte del partito di estrema destra Potere al popolo, nato da una costola del Sogno, che fu per un periodo all’opposizione. Una scelta che aveva come obiettivo di creare ad arte un’opposizione di comodo. Kavelashvili rappresenta la parte popolare e tradizionalista del Paese, un suo pezzo importante poco attratto dall’Europa.
Quali sviluppi potrà avere questo conflitto nello scacchiere geopolitico, e di quell’area in particolare, è difficile dirlo. Viene da pensare che, visto l’imminente avvio, almeno fino a prova contraria, delle trattative tra Russia e Ucraina, sponsorizzate da Donald Trump, più di tanto il conflitto georgiano non potrà allargarsi – anche se resta la preoccupazione del 29 dicembre, quando la presidente uscente dovrà cedere il posto al nuovo arrivato, passaggio che, come detto, non ha alcuna intenzione di mettere in atto.
Mentre in Georgia è in corso questo braccio di ferro, ci sono ulteriori sviluppi della situazione politica rumena (vedi qui), determinata dall’incredibile cancellazione da parte della Corte costituzionale del risultato del primo turno delle presidenziali del 24 novembre, che avevano visto prevalere il filorusso di estrema destra Calin Georgescu, e del conseguente ballottaggio dell’8 dicembre. A questa clamorosa decisione, potrebbe far seguito un’esclusione dalla nuova consultazione elettorale del candidato in questione. Ipotesi resa più probabile dopo l’episodio di una settimana fa, quando la polizia ha arrestato Horatiu Potra, un ex mercenario romeno, già membro della Legione straniera e attivo in Africa, oltre che ovviamente filorusso. L’uomo si stava dirigendo a Bucarest, con un gruppo di uomini armati, probabilmente al fine di partecipare alle proteste organizzate da Georgescu, i cui guardaspalle sono proprio gli uomini del mercenario. A conferma del legame tra i due, è arrivata una foto che ritrae il candidato alla presidenza della Repubblica in compagnia di Potra. Le foto sono di qualche anno fa, ma che tra i due ci sia un legame anche oggi è fuori discussione. Un’“amicizia” che comporterà l’esclusione di Georgescu dalla competizione elettorale, con inevitabili quanto preoccupanti proteste di piazza a fronte della vittoria pressoché certa di un candidato europeista.
Nella foto: Mikheil Kavelashvili