Il 6 dicembre, a Montevideo, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e i presidenti di Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay, hanno annunciato lo storico accordo politico per il partenariato Ue-Mercosur, concluso (per ora provvisoriamente) con una forte accelerazione finale dei negoziati tecnici nelle settimane precedenti. Per l’Unione, la Commissione prevede vantaggi pari a quattro miliardi all’anno solo dalla riduzione (graduale in alcuni casi, immediata in altri) degli attuali dazi alle esportazioni verso il Mercosur (soprattutto sulle auto e sulle parti di ricambio, sui macchinari, sui prodotti chimici e farmaceutici, su abbigliamento e calzature, su alcolici e vini, sul cioccolato, sui prodotti della pasticceria). E l’accordo contiene anche un capitolo dedicato alla facilitazione dell’approvvigionamento (con l’abbattimento dei dazi) di diverse materie prime critiche, necessarie nell’Unione per la transizione energetica (litio dall’Argentina, alluminio, grafite, niobio, manganese, vanadio e tantalo dal Brasile).
Per i Paesi del Mercosur, l’obiettivo è quello di sviluppare, attraverso l’intensificazione del commercio e l’arrivo di nuovi investimenti, più attività economiche ad alto valore aggiunto, che favoriscano lo sviluppo delle classi medie, invece di affidarsi, come avviene oggi, prevalentemente alla produzione ed esportazione di materie prime, che favoriscono soprattutto le multinazionali e lo sfruttamento del lavoro. Dal punto di vista geopolitico, per l’Unione è importantissimo rafforzare e consolidare il legame con questi Paesi culturalmente affini, figli della stessa storia, che oggi esportano il 50-60% della loro produzione in Cina. Mentre la stessa Cina e la Russia stanno cercando di costruire un sistema internazionale rivale dell’Occidente e dei suoi valori, e ci si attende una nuova ondata protezionistica di dazi all’importazione negli Stati Uniti dalla nuova amministrazione Trump.
L’accordo, tuttavia, è stato accolto con reazioni radicalmente opposte in Europa. Sarà “uno dei più grandi partenariati per il commercio e gli investimenti che il mondo abbia mai visto” e significherà – ha sottolineato von der Leyen – “più posti di lavoro, e migliori, con più scelta, e prezzi più bassi”. Oltre ad abbattere i dazi alle dogane e le altre barriere agli scambi, il partenariato “rafforzerà le catene del valore; svilupperà industrie strategiche; sosterrà l’innovazione”. Secondo la presidente della Commissione, “non è solo un’opportunità economica, è anche una necessità politica”, mentre “forti venti soffiano nella direzione opposta, verso l’isolamento e la frammentazione. Ma questo accordo è la nostra risposta chiara. Siamo uniti sulla scena globale, come partner”.
Ha usato toni ancora più entusiastici il governo spagnolo, che aveva dato l’impulso, durante la sua presidenza di turno del Consiglio Ue, nel 2023, per la riapertura dei negoziati con il Mercosur, dopo lo stop di quattro anni prima. È “un accordo storico, che costruisce un ponte economico senza precedenti tra Europa e America latina. Un accordo positivo ed equilibrato con benefici economici per entrambe le regioni, che contano complessivamente 750 milioni di abitanti, la più grande area di libero scambio del mondo”, si legge in un comunicato della Moncloa, la presidenza del Consiglio spagnola. “È uno strumento che articola e rafforzerà la cooperazione politica ed economica di entrambe le regioni, che insieme saranno più forti e più prospere. Contribuirà a rafforzare la nostra sicurezza economica e l’autonomia strategica aperta dell’Unione europea”, continua il comunicato, e “favorirà la diversificazione dei flussi commerciali e la resilienza delle catene di approvvigionamento, la crescita economica e la creazione di posti di lavoro”. Inoltre – rileva il governo socialista spagnolo – “l’accordo non presenta solo vantaggi economici, ma anche sociali, lavorativi e ambientali, con un elemento importante nella lotta alla deforestazione”, e, d’altra parte, è garantita per l’Unione “la necessaria protezione dei settori sensibili, in particolare quelli che contribuiscono alla sicurezza alimentare”. Secondo Madrid, il nuovo partenariato “segna un prima e un dopo, rafforzando l’alleanza strategica tra due regioni importanti come l’Unione europea e il Mercosur. Offre opportunità commerciali e di investimento per le aziende, grandi e piccole, di entrambe le sponde dell’Atlantico”. Infine, facendo eco alle dichiarazioni di von der Leyen, il governo spagnolo sottolinea che “in un momento di tensioni commerciali, il messaggio al mondo è chiaro: l’Unione europea resta aperta al commercio e vuole continuare a negoziare l’apertura dei mercati e il mantenimento di quelli attuali. Le democrazie – conclude il comunicato – possono fare affidamento l’una sull’altra per generare ricchezza per i propri cittadini”.
Di parere opposto, sono innanzitutto le lobby agricole europee, soprattutto quelle degli allevatori (mentre i viticoltori e i prodotti tipici a denominazione di origine protetta hanno tutto da guadagnare dalla fine dei dazi per le esportazioni sul mercato latinoamericano). Il Copa-Cogeca, la confederazione delle associazioni di categoria agricole dell’Unione, ha sottolineato che il settore “rimane particolarmente vulnerabile alle concessioni fatte nel capitolo agricolo sbilanciato di questo accordo. Comparti sensibili – come carne di manzo, pollame, zucchero, etanolo e riso – affrontano rischi maggiori di saturazione del mercato e perdita di reddito a causa dell’afflusso di prodotti a basso costo”. Inoltre, secondo il Copa-Cogeca, i Paesi del Mercosur “non soddisfano gli standard di produzione richiesti all’agricoltura dell’Unione europea, sia in termini di prodotti fitosanitari, che di benessere degli animali e pratiche di sostenibilità. Le nazioni del Mercosur operano anche con norme sulle condizioni di lavoro e sicurezza inferiori, ciò che consente loro di produrre a costi più bassi, e rende impossibile una concorrenza leale per i produttori della Ue”.
A queste critiche si aggiunge l’opposizione da parte della sinistra, dei verdi e delle Ong ambientaliste, che paradossalmente converge con la protesta dai toni protezionistici degli agricoltori, sostenuta piuttosto dalla destra, contro quella che viene definita come un’apertura dell’Unione a prodotti, soprattutto agroalimentari, e materie prime che non rispetterebbero gli standard di qualità, ambientali, sanitari, veterinari e fitosanitari dei prodotti europei. La sinistra e gli ambientalisti paventano, anche loro, una invasione nel mercato europeo da parte di prodotti agroalimentari del Mercosur a basso costo, a causa dello sfruttamento del lavoro senza norme sociali, senza tutela dei minori o delle comunità indigene, e che sono frutto della deforestazione e del land-grabbing da parte delle multinazionali, a danno delle piccole imprese agricole e familiari. La Commissione viene poi accusata di avere approfittato dell’estrema debolezza dello Stato membro che più si oppone all’accordo, la Francia, in piena crisi politica, per concludere i negoziati con un’accelerazione finale proprio mentre cadeva il governo Barnier.
Un’altra critica radicale, espressa in particolare dal gruppo della Sinistra (The Left) al parlamento europeo – che ha addirittura avviato la procedura per presentare una mozione di sfiducia contro la Commissione – riguarda il fatto che i negoziati siano stati condotti in modo non trasparente, a porte chiuse, senza informare gli eurodeputati e gli Stati membri durante il loro svolgimento, con l’accusa all’esecutivo comunitario di volere sottrarre la parte più importante dell’accordo, quella sugli aspetti commerciali, alle ratifiche dei parlamenti nazionali. Si tratta, in effetti, di una possibilità che la Commissione ha, secondo quanto prevedono i Trattati Ue. Dividendo in due dossier separati l’accordo (come la Commissione intende fare, anche se non lo ha ancora annunciato ufficialmente), il processo di approvazione finale avverrebbe su due diversi binari, uno molto più agevole e rapido per gli aspetti commerciali, che sono di esclusiva competenza comunitaria. In questo caso, l’approvazione avverrebbe con il voto del parlamento europeo e della maggioranza qualificata in Consiglio Ue, e ci sarebbe poi subito l’entrata in vigore provvisoria. Per l’altra componente dell’accordo, quella sulla cooperazione e sugli aspetti politici, servirebbe invece il voto unanime in Consiglio Ue e la ratifica da parte di tutti i parlamenti nazionali degli Stati membri.
La Commissione, comunque, appare fiduciosa di potere dimostrare che, in realtà, tutte le preoccupazioni e le ragioni addotte contro l’accordo sono largamente esagerate o sono state già affrontate adeguatamente; che i prodotti importati dal Mercosur dovranno rispettare le stesse norme sanitarie e fitosanitarie, di sicurezza alimentare (per esempio sui limiti ai residui di pesticidi, e i divieti d’uso degli antibiotici o degli ormoni di crescita negli allevamenti), e le stesse norme ambientali e sulle condizioni di lavoro (con il rispetto delle convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro – Ilo) che si applicano nell’Unione.
Un altro elemento importante dell’accordo, a garanzia del settore agricolo europeo, sono le clausole sull’accesso contingentato al mercato Ue, con un sistema di quote, dei “prodotti sensibili” importati dal Mercosur con dazi ridotti: carne di manzo, pollame, zucchero, etanolo, miele e riso. Inoltre, una clausola di salvaguardia prevede che, se le importazioni dal Mercosur per questi prodotti dovessero provocare serie perturbazioni del mercato, potrà essere sospeso il loro trattamento preferenziale, ristabilendo temporaneamente i dazi più alti. Si parla, in effetti, di quantità molto basse: sarà sottoposta al dazio preferenziale del 7,5% una quota di 99.000 tonnellate all’anno di carne bovina (di cui il 45% congelata), pari appena all’1,6% della produzione dell’Unione, mentre le importazioni con i dazi attuali, nel 2023, sono ammontate a 196.000 tonnellate. Per le carni suine la quota preferenziale sarà pari a 25.000 tonnellate (0,1% della produzione totale dell’Unione) e per il pollame si arriverà a 180.000 tonnellate (l’1,4% della produzione Ue).
Molti elementi del testo concordato con il Mercosur sono nuovi. L’accordo commerciale era stato già finalizzato, una prima volta nel giugno 2019, e poi bloccato dalla marcia indietro del Brasile sugli impegni contro la deforestazione, sotto la presidenza Bolsonaro. I negoziati erano ripresi a livello tecnico, nel marzo 2023, portando a una serie di modifiche e aggiunte importanti. In particolare, è stata inserita una nuova clausola cheinclude l’accordo di Parigi come un elemento essenziale del nuovo testo. Consentirà la sospensione del partenariato se una delle due parti abbandona l’accordo di Parigi, e anche se ne “mina dall’interno” l’attuazione, smettendo di agire “in buona fede”. Una clausola simile esiste già negli accordi commerciali conclusi con il Regno Unito, dopo la Brexit, e con la Nuova Zelanda.
È stato aggiunto poi un allegato al capitolo sullo “sviluppo sostenibile”, con nuovi impegni giuridicamente vincolanti, che riguardano lo sviluppo di catene di approvvigionamento sostenibili (soprattutto per la transizione energetica), prevedono disposizioni per promuovere il commercio sostenibile di prodotti che aiutino la conservazione della biodiversità e tutelino le comunità indigene, richiedono il rispetto delle convenzioni dell’Ilo, con attenzione prioritaria al divieto del lavoro minorile. Ancora più importanti, nell’allegato, sono un impegno delle parti ad arrestare qualunque ulteriore deforestazione a partire dal 2030, e a cooperare per facilitare l’attuazione nel nuovo regolamento Ue contro la “deforestazioni importata”.
Un nuovo elemento cruciale riguarda la tutela di circa trecentocinquanta prodotti agroalimentari (compresi vini e altri alcolici) con denominazione di origine protetta, che sarà garantita nel Mercosur allo stesso livello che nell’Unione. Per l’Italia, la lista include cinquantasette prodotti tipici, tra cui molti formaggi, salumi, vini e olio d’oliva. Ci sono anche nuove disposizioni sugli appalti pubblici e sulla riduzione graduale dei dazi all’esportazione, in particolare riguardo ai veicoli (saranno favoriti quelli elettrici e ibridi) di provenienza europea.
È stato introdotto un nuovo “meccanismo di riequilibrio”, che può essere invocato da una delle parti, quando consideri che la controparte ha introdotto nuove misure che rischiano di annullare la stanza o di ridurre sostanzialmente gli effetti benefici dell’accordo sul commercio. In questo caso, si avvia una procedura di arbitrato per la risoluzione della controversia sul modello Wto (l’Organizzazione mondiale del commercio): un panel di esperti si pronuncia sulla questione sollevata, e, nel caso in cui confermi gli effetti negativi sul commercio, la parte reclamante può adottare misure di riequilibrio. Questo meccanismo – si precisa nell’accordo – non compromette il diritto delle parti a decidere le proprie regolamentazioni, e non le obbliga a ritirare o modificare le nuove misure introdotte.
Tra i Paesi Ue, oltre all’opposizione netta della Francia, anche la Polonia è piuttosto contraria all’accordo. In Olanda, la maggioranza di governo è divisa in due, e forti perplessità e divisioni ci sono anche in Irlanda e in Belgio. In Italia, le tre componenti della maggioranza di governo hanno posizioni diverse (Fratelli d’Italia favorevoli in linea di principio, come tutto il Ppe in Europa, cauti e preoccupati di mantenere l’unità della coalizione, con la Lega fortemente contraria). Alla vigilia dell’annuncio di Montevideo, palazzo Chigi ha diramato un comunicato che non chiude la porta all’accordo, e puntualizza piuttosto i termini per accettarlo: “Va garantito che le norme europee sui controlli veterinari e fitosanitari siano pienamente rispettate e, più in generale, che i prodotti che entrano nel mercato interno rispettino pienamente i nostri standard di protezione dei consumatori e controlli di qualità”, sottolinea il comunicato. E aggiunge: “Serve un fermo impegno della Commissione a monitorare costantemente il rischio di perturbazioni del mercato e, in tal caso, ad attivare un rapido ed efficace sistema di compensazione, dotato di risorse finanziarie consistenti”. Quest’ultimo punto è stato chiarito successivamente dal ministro per l’Agricoltura e la sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, il 9 dicembre a Bruxelles. L’accordo, ha detto sostanzialmente il ministro, ha “i suoi pro e i suoi contro”, con “questioni ancora aperte”, ma i “contro”, ha precisato, “possono essere ‘bilanciati’ con nuove garanzie, che vanno previste dalla Politica agricola comune (Pac), per la produzione, per la sovranità alimentare e per risorse sufficienti perché vi sia reddito per gli agricoltori”.
L’Italia, insomma, si appresta a negoziare condizioni più favorevoli, garanzie e sostegno per gli agricoltori, anche con nuovi fondi di compensazione, ma su un altro tavolo, nell’ambito della Pac, sapendo che comunque il testo dell’accordo con il Mercosur ormai è chiuso, e si può prendere o lasciare, non modificare. E senza l’Italia, la Francia e pochi altri Paesi più piccoli non dovrebbero riuscire a raccogliere la minoranza di blocco necessaria per fermare l’approvazione dell’accordo in Consiglio Ue a maggioranza qualificata (almeno quindici Paesi con il 65% della popolazione dell’Unione).