Lo scrittore algerino Boualem Sansal, 75 anni, è in prigione dal 16 novembre, quando è stato arrestato all’aeroporto di Algeri, al suo arrivo nel Paese natale, senza potere dare sue notizie per alcuni giorni, e senza conoscere le ragioni del suo imprigionamento, prima di essere trasferito all’ospedale di Algeri per problemi di salute. Il suo arresto ha suscitato attenzione all’estero, specialmente in Francia, il Paese di cui da quest’anno ha la nazionalità e nel quale pubblica le sue opere con l’editore Gallimard, una trentina fino a oggi. Premi Nobel per la letteratura – Jean-Marie Le Clézio, Orhan Pamuk, Annie Ernaux – e altri scrittori, come Salman Rushdie e Roberto Saviano, hanno chiesto la sua liberazione.
In Algeria, dove da tempo è un intellettuale contestato – dal potere ma non solo – per le sue prese di posizione sul regime, l’islamismo, la Shoah, le religioni, la notizia del suo arresto è stata data sottolineando le contraddizioni della sua scrittura e delle sue idee. La molto ufficiale Agenzia di stampa algerina (Aps) lo ha definito un burattino nelle mani del revisionismo antialgerino, e in particolare dell’estrema destra francese, che ha protestato, e che da tempo lo utilizza in funzione anti-migranti e anti-islam.
In attesa di conoscere esattamente i capi d’imputazione, si è ipotizzato che l’arresto sia stato dettato da motivi di “sicurezza nazionale”. In particolare, all’inizio di ottobre, Sansal ha rilasciato dichiarazioni alla rivista francese di estrema destra “Frontières”, che confortano la narrazione storica circa le pretese del Marocco sulla parte occidentale dell’Algeria, il Grande Marocco, per il quale, all’indomani dell’indipendenza algerina, ci fu un tentativo di invasione da parte di Rabat durante una brevissima “guerra delle sabbie”. Una provocazione inaccettabile, quella di Sansal, agli occhi di qualunque algerino. L’integrità territoriale è stata una delle grandi battaglie della lotta di liberazione che, oltre alle pretese del Marocco, aveva dovuto battersi contro l’intenzione della Francia di tenere per sé il Sahara ricco di petrolio. Nello stesso numero della rivista, il romanziere afferma che l’Algeria avrebbe “inventato” il Polisario, il movimento di liberazione sahrawi, che, dal 1973, si è battuto prima contro il colonialismo spagnolo, e poi contro quello marocchino, per l’indipendenza del Sahara Occidentale. In Marocco le posizioni di Sansal sono state accolte naturalmente con molto favore, e sono servite a corroborare la narrazione neocoloniale della storia del Maghreb per sostenere l’occupazione dei territori sahrawi.
Le prese di posizione di Sansal fanno discutere, per quanto sia possibile in quel Paese, anche in Algeria. Alcuni intellettuali più coraggiosi riconoscono che, al di là delle idee giuste o sbagliate di Sansal, è il principio della libertà di espressione che dovrebbe essere garantito comunque, mentre oggi giornalisti e intellettuali sono imprigionati per il solo motivo di esprimere apertamente critiche nei confronti del regime. La situazione è precipitata, infatti, soprattutto dopo che questo ha soffocato il movimento popolare e nonviolento dell’Hirak(appunto “movimento”, in lingua araba), fiorito spontaneamente tra il 2019 e il 2021, per contestare i fondamenti del sistema del potere che governa da sempre il Paese.
La scelta di vivere in Algeria, malgrado le polemiche e le critiche che i suoi romanzi e le sue prese di posizione hanno suscitato, ha da sempre esposto Sansal alla repressione. Ingegnere, economista, alto funzionario governativo, nel 2003 viene licenziato dal ministero dell’Industria di cui era consulente, proprio a causa dei suoi libri. Aveva iniziato a scrivere alla fine del “decennio nero”, gli anni Novanta, caratterizzati dal terrorismo islamista e dalla violenta repressione dell’esercito. Nel 1999, pubblica il suo primo romanzo Il giuramento dei barbari, distintosi in Francia con due premi. È un libro che, attraverso una trama poliziesca, mette in luce la corruzione e la violenza del sistema, attaccando la rappresentazione che il potere dà della storia e della società algerina. È l’inizio di un continuo interrogarsi sul presente dell’Algeria, sui meccanismi della manipolazione, il che lo metterà costantemente nell’occhio del ciclone.
Ciò che più disturba il regime è il fatto che, nei romanzi di Sansal, nessun argomento è tabù, anzi sono proprio le memorie e le circostanze rimosse quelle che solleticano la sua fantasia. Prendendo spunto da un fatto reale, di un ex soldato delle SS, in Il villaggio del tedesco (2008), attraverso la storia di due fratelli che scoprono il loro vero padre, costruisce un parallelo tra il nazismo e il fondamentalismo islamico, accostando tra loro tre momenti diversi: la Shoah, vista attraverso gli occhi di un giovane algerino, la guerra contro i civili nell’Algeria degli anni Novanta, le periferie francesi, dove vivono giovani algerini da più generazioni. Il libro è censurato in Algeria: due mesi dopo, Sansal si reca al Salone del libro a Parigi, malgrado il boicottaggio dei Paesi arabi e di diversi intellettuali, poiché Israele è l’invitato d’onore.
Quattro anni più tardi, si reca al Festival internazionale degli scrittori di Gerusalemme, suscitando la critica degli intellettuali arabi, dopo che Hamas ha reso pubblico il viaggio. Al suo ritorno, ne dà un resoconto irriverente sotto ogni punto di vista: respinge le accuse di tradimento, avanzate da Hamas, che definisce “persone pericolose e calcolatrici, [che] hanno preso in ostaggio il povero popolo di Gaza”. Dà una rappresentazione surreale di Gerusalemme, dalle “strade pulite”, e alla fine conclude che “da questo viaggio sono tornato felice e soddisfatto”. Subito dopo, gli viene ritirato il premio (in denaro) del romanzo arabo, che gli doveva essere attribuito nel giugno 2012 per Rue Darwin, largamente ispirato alla sua vita; ma, nell’ottobre successivo, un mecenate svizzero supplisce al forfait dei fondi arabi e il premio gli viene consegnato.
Quando è stato arrestato, Sansal aveva da poco preso la decisione di installarsi in Francia, asfissiato dall’atmosfera di una narrazione ufficiale che non lascia più spazio alla ricerca, figurarsi alla critica. Alcuni commentatori e intellettuali francesi e franco-algerini hanno voluto mettere in relazione il suo arresto anche col deteriorarsi delle relazioni tra Algeri e Parigi, a seguito delle dichiarazioni di Macron che ha riconosciuto la sovranità marocchina sul Sahara Occidentale, considerato invece territorio non autonomo dall’Onu, avendo quindi diritto all’autodeterminazione.