Doveva essere un’elezione presidenziale senza sorprese. E in effetti il presidente uscente, Abdelmadjid Tebboune, è stato rieletto, il 7 settembre al primo turno, con una percentuale più che bulgara: 95,65% dei voti espressi. La sorpresa però è stata che il presidente eletto e i suoi due unici avversari – il fondamentalista Abdelaali Hassani Cherif, presidente del Movimento della società per la pace (Msp), e Youchef Aouchiche, leader del Fronte delle forze socialiste (Ffs), che ha la sua base nella popolazione berbero-kabila – hanno tutti contestato il tasso di partecipazione del 48,03%, annunciato dall’Autorità nazionale indipendente per le elezioni. Lo hanno fatto con un comunicato congiunto, in cui evidenziano “le imprecisioni, le contraddizioni e le incoerenze” relative al tasso di partecipazione. Un fatto mai visto prima: nessun presidente della Repubblica, nella storia dell’Algeria, aveva mai messo in discussione i risultati, ancorché provvisori, di un’elezione.
Il fatto è che il tasso contrastava con alcuni dati in possesso dei tre candidati, ed era apparso a tutti visibilmente sproporzionato. Una parte dei partiti si era infatti espressa per l’astensione, e soprattutto nel Paese era evidente una disaffezione verso un risultato scontato e di fatto imposto. I possibili avversari erano stati impossibilitati a candidarsi; la repressione contro gli oppositori, i giornalisti e i social non allineati si era accentuata. La campagna elettorale stessa era apparsa molto controllata, tanto che, cinque giorni prima del voto, Amnesty international era intervenuta per denunciare il restringimento della libertà di espressione e di riunione in atto ormai da mesi e da anni.
Il motivo della sconfessione dei dati (non tanto dell’elezione di Tebboune, che non viene contestata) viene proprio dal fatto che un tasso di partecipazione esageratamente elevato – che non aveva impedito ai media del regime di magnificare il senso civico di una così alta affluenza alle urne – ha messo immediatamente sotto una pessima luce proprio la rielezione di Tebboune: da qui l’inedita decisione dei tre candidati di contestare i risultati. Il candidato del Msp si è poi rivolto alla Corte costituzionale, affinché si pronunci sui risultati definitivi. Sarà interessante verificare soprattutto il tasso di partecipazione, perché questo era apparso, fin dall’annuncio delle elezioni anticipate del 7 settembre, la vera sfida.
Da anni gli elettori e le elettrici mostrano una forte disaffezione. Il presidente Tebboune era stato eletto la prima volta, nel dicembre 2019, con un tasso di partecipazione del 39,38%, il più basso mai registrato nella storia dell’Algeria. Successivamente, il referendum per la nuova Costituzione aveva visto il 27,37% recarsi alle urne, nel novembre 2020, e il 23,03% nel giugno 2021 per l’elezione dei deputati. Era attorno a queste cifre che la rielezione di Tebboune si giocava. Dai dati numerici resi noti, con cinque milioni e seicentotrentamila voti espressi da ventiquattro milioni e trecentocinquantamila iscritti nella lista degli aventi diritto, appare evidente come il tasso di partecipazione sia di circa il 23%, cioè meno della metà di quello inizialmente annunciato, e in forte diminuzione rispetto alla prima elezione.
In queste condizioni, il secondo mandato di Tebboune appare ancora più macchiato non solo dalla evidente mancanza di consenso popolare, ma dal rifiuto di una politica antipopolare e antidemocratica che il regime si ostina a portare avanti. Dall’estero sono arrivate le congratulazioni da numerosissimi Paesi, compresa quelle del presidente Mattarella. L’Algeria rimane un partner strategico nello scenario mediterraneo ed europeo, con la sfida intorno al gas in corso. Ma proprio questa sembra essere la sua maledizione. La rendita petrolifera e del gas è stata la moneta con cui i regimi che si sono susseguiti hanno cercato di pagare il consenso popolare. L’andamento della partecipazione al voto dimostra che questa “moneta” ha perso gran parte del suo valore, con una gioventù sempre più inquieta per l’incertezza riguardo al futuro, che solo la repressione per il momento riesce a soffocare.