La soddisfazione di Elly Schlein, a seguito dei ballottaggi nelle città in cui si è ritornati alle urne, ha ben ragion d’essere: non soltanto le è possibile vantare un notevole numero di successi (a Bari, in particolare, dove forti erano stati i convergenti tentativi di minare il percorso elettorale, il candidato Vito Leccese diventa sindaco con oltre il 70%), ma soprattutto la segretaria del Pd appare ormai decisamente rafforzata dopo il doppio voto europeo e amministrativo. Non era scontato. Una parte del suo partito era pronta a darle il benservito se le cose fossero andate male. Ci sarebbe stato così un ritorno centrista-moderato, con un rinnovato protagonismo di quelli che si inventarono un’“agenda Draghi” per perdere a tavolino le elezioni del 2022. E sarebbe stato anche un regalo ai Renzi e ai Calenda, cioè a quelle figure della commedia dell’arte, che pretenderebbero di interpretare il sentimento politico di un elettorato liberal-riformista, come lo ha definito Antonio Floridia (vedi qui), riuscendo però a rappresentare solo se stessi e le loro beghe.
L’unico dato graniticamente negativo, apparso finora non scalfito dalla segretaria, è quello della tendenza astensionistica, ulteriormente in aumento. Non ci riferiamo soltanto ai ballottaggi ma all’insieme dell’ultimo processo elettorale: vota meno della metà degli aventi diritto. È preoccupante perché – al di là di ogni considerazione sociologica generale intorno alla disaffezione alla partecipazione politica – è il segno di un declino probabilmente irreversibile dei 5 Stelle. Diciamoci la verità: Grillo e Casaleggio, agli inizi, avevano raccolto un disagio molto qualunquistico (“né di destra né di sinistra”), che tuttavia, con le nuove modalità di un’organizzazione in rete, erano riusciti a coagulare in una forma di partecipazione democratica. La “svolta contiana”, con il suo approccio più tradizionale, e persino con il suo semplice dichiararsi progressista, finisce con l’allontanare da sé, forse definitivamente, un mondo spesso giovanile.
La proposta del “campo largo” potrebbe perdere così il suo principale interlocutore; e allora, in mancanza di quel relativo drenaggio dell’astensionismo operato in passato dai 5 Stelle, come cercare di recuperarlo nel prossimo futuro? Appare evidente che qui la segreteria Schlein si trova dinanzi a un compito del tutto inedito: non certo quello di “grillizzarsi” a sua volta, ma quello di provarsi a ereditare almeno una parte del disagio nei confronti della politica in generale, al fine di orientarlo nel senso di una partecipazione a sinistra. Ciò è reso possibile dal lavoro fin qui impostato da Schlein, che ha mostrato radicalità nei comportamenti e capacità di saper fare dei compromessi, quando è necessario. Serve però soprattutto un’idea nuova di partito, più aperta, in grado di affrontare la sfida della comunicazione sociale odierna, dispersiva finché si vuole, non più incentrata sulla militanza locale e territoriale (che comunque neppure può essere trascurata), ma di certo più coinvolgente per tante persone.