Svoltosi in un contesto internazionale sempre più difficile, il viaggio di Olaf Scholz in Cina ha toccato diversi temi, tra cui gli attuali conflitti e i rapporti commerciali tra i due Stati. Era oltre un anno che il cancelliere non si recava in Cina, e lo scenario appare molto mutato da quando era giunto la prima volta, nel novembre 2022, per una visita durata solo poche ore, a causa delle rigide misure cinesi contro il coronavirus. Questa volta si è fermato per tre giorni: ha visitato Chongqing e Shanghai, oltre a Pechino, dove ha avuto un incontro di oltre tre ore con il capo dello Stato, Xi Jinping.
Il tono generale dell’incontro, sulle prime, non è parso discostarsi molto da quelli avuti dai dirigenti cinesi con i cancellieri precedenti, quando i rapporti tra i due Paesi erano ancora all’insegna della più amichevole cooperazione commerciale, anche se questa volta Scholz e Xi hanno parlato per un totale di tre ore e venti minuti, un tempo insolitamente lungo. Nonostante l’atmosfera rilassata, ci sono stati però evidenti momenti di attrito: a pranzo, Xi si è dichiarato favorevole a una trattativa per risolvere la guerra in Ucraina; ma ha soggiunto, ricorrendo come suo solito a una metafora, che “tutti dovrebbero sedersi a tavola, ma nessuno dovrebbe essere sul menu”. E ha insistito sul fatto che la Cina e la Germania sono la seconda e la terza economia del mondo, e l’importanza del consolidamento e dello sviluppo delle relazioni sino-tedesche va oltre l’ambito delle relazioni bilaterali: ha un impatto importante sul continente eurasiatico e sul mondo intero. I due Paesi dovrebbero perciò considerare e sviluppare le loro relazioni bilaterali da una prospettiva strategica e a lungo termine, lavorando insieme per infondere maggiore stabilità e sicurezza al mondo.
Scholz, per parte sua, ha invitato il presidente cinese Xi Jinping a contribuire a una “pace giusta in Ucraina”, sostenendo che “la guerra di aggressione russa contro l’Ucraina e l’armamento della Russia hanno un impatto negativo molto significativo sulla sicurezza in Europa; colpiscono direttamente i nostri interessi fondamentali”, ma non è riuscito a convincere Xi ad accettare la partecipazione cinese alla conferenza di pace prevista a giugno in Svizzera. La Cina avrebbe dato il proprio assenso a una conferenza di pace internazionale solo se fosse stata accettata sia dalla Russia sia dall’Ucraina. Ma Putin ha già respinto l’iniziativa svizzera, cui non è stato nemmeno invitato. Tuttavia, i due hanno concordato di coordinarsi “positivamente” su questa che si prospetta e su eventuali altre conferenze. Il capo di Stato cinese ha aggiunto che è iniziata una “nuova era di turbolenze e sconvolgimenti”, in cui aumenteranno i rischi per tutta l’umanità. “Per risolvere questi problemi, è essenziale che la cooperazione tra le grandi potenze prenda il sopravvento”, ha affermato Xi. In questo senso, è importante una cooperazione stabile tra le grandi economie di Germania e Cina.
Durante i colloqui, Xi e Scholz hanno scambiato opinioni anche su questioni regionali e internazionali di interesse comune, tra cui il conflitto israelo-palestinese. Entrambi hanno concordato sulla necessità di attuare la risoluzione 2728 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per evitare un’escalation e un ulteriore deterioramento della situazione, nonché per garantire un accesso umanitario permanente e senza ostacoli a Gaza. Si sono inoltre trovati d’accordo sull’importanza di sostenere una rapida soluzione negoziata della questione palestinese sulla base della “soluzione dei due Stati”, e hanno invitato i Paesi influenti a svolgere un ruolo costruttivo nel mantenimento della pace e della stabilità nella regione per promuovere una soluzione rapida, completa, giusta e duratura della questione palestinese.
Durante l’incontro con Xi, Scholz si è anche espresso a favore di una maggiore cooperazione in materia di protezione del clima. “I nostri due Paesi hanno la responsabilità di proteggere i beni pubblici globali”, ha dichiarato il cancelliere. Ha inoltre auspicato un sistema commerciale basato su regole, come quello incarnato dall’Organizzazione mondiale del commercio (Omc). “Sia la Cina sia la Germania sono nazioni commerciali che traggono grandi benefici dall’Omc. Siamo favorevoli a rafforzare le regole del commercio globale e a svilupparle ulteriormente insieme agli altri membri dell’Omc”, ha dichiarato.
Xi si è mostrato d’accordo su questo punto, sottolineando come le catene industriali e di approvvigionamento di Cina e Germania siano profondamente intrecciate e come i mercati di entrambi i Paesi siano altamente interdipendenti. La cooperazione reciprocamente vantaggiosa tra Cina e Germania non è da vedersi come un “rischio”, ma come una garanzia per la stabilità delle relazioni e un’opportunità per plasmare il futuro. Sia nei settori tradizionali, come l’ingegneria meccanica e l’industria automobilistica, sia in quelli emergenti, come la trasformazione verde, la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale, entrambi i Paesi hanno un enorme potenziale di cooperazione che dovrebbe essere sfruttato. Anche se Xi si è lasciato volutamene sfuggire alcune considerazioni pesanti sulla svolta dell’Europa verso il protezionismo commerciale. Le rimostranze di Pechino per la guerra dell’Europa alle tecnologie verdi sono state chiare: “Le esportazioni cinesi di veicoli elettrici, batterie al litio e prodotti fotovoltaici (pannelli solari) sono un contributo massiccio allo sforzo mondiale per affrontare il cambiamento climatico”, ha detto Xi, rispondendo implicitamente a un’indagine avviata da Bruxelles, lo scorso anno, sui sussidi di Pechino ai veicoli elettrici. Più di recente, la Commissione europea ha annunciato un’indagine sul sostegno statale alle turbine eoliche cinesi proposte per progetti di generazione europei, indagine che ha fatto seguito a controlli simili su progetti ferroviari e solari. La Cina teme, evidentemente, che vengano introdotte misure punitive, tariffe e restrizioni doganali.
Nel complesso, dall’incontro sono emerse poche novità: la Cina continua a negare di essere in alcun modo coinvolta nella guerra in Ucraina, e Xi ha invitato l’Occidente a non “gettare benzina sul fuoco”, cioè a smettere di fornire armi all’Ucraina, anche se gli Stati Uniti hanno recentemente accusato la Cina di fornire alla Russia macchinari, microelettronica e altri materiali utilizzati per costruire missili, carri armati e aerei. La “pace giusta” per il momento non è all’ordine del giorno. Scholz, sul fronte economico, è in una posizione difficile, a partire da quando, lo scorso anno, il suo governo ha adottato una strategia che definisce la potenza asiatica come “partner, concorrente e rivale sistemico”, e ha invitato la Germania a ridurre la sua dipendenza dai prodotti cinesi. Oggi, però, sotto l’incalzare della crisi, i suoi industriali (una delegazione dei quali era al seguito) premono per una intensificazione dei rapporti con il gigantesco mercato cinese. La crescita dell’economia tedesca dipende sempre più dalla Cina, al di là delle scelte politiche. Non per nulla Xi ha colto l’occasione per rimarcare che il suo Paese è aperto al mondo esterno, e spera che la Germania crei un ambiente commerciale equo, trasparente, aperto e non discriminatorio per lo sviluppo delle imprese cinesi in Germania.
In conclusione, se ci sono stati piccoli segnali positivi, sullo sfondo rimangono le grandi questioni dell’epoca: la contesa per il primato mondiale, il destino della globalizzazione. Il presidente cinese ha insistito sul fatto che la Cina e la Germania hanno molto in comune e molto da guadagnare, quando si tratta della questione del multipolarismo globale, che ha proposto nei termini del rispetto reciproco e della coesistenza pacifica tra Paesi con civiltà, sistemi e modi di vita diversi.
Al di là delle formulazioni retoriche e di rito, l’accento sul multipolarismo è in ogni caso rivelatore della posizione cinese, che vede un declino tendenziale del predominio americano e la nascita di un mondo policentrico. Il viaggio di Scholz è stato un ulteriore esempio di quanto sia difficile la danza che la Germania sta cercando di condurre: mantenere i legami economici con la Cina, gestendo al contempo le pressioni americane per allinearsi più strettamente a Washington contro Pechino. Già in passato, una danza analoga era stata messa in atto per conciliare la dipendenza energetica dalla Russia con quella militare dagli Stati Uniti – e non è andata a finire bene.