Il pacifismo o il “trattativismo”, come preferiamo chiamarlo, si affaccia alle europee? Non potrebbe essere altrimenti visto che le elezioni dell’8 e del 9 giugno, che rinnoveranno l’Assemblea di Strasburgo, si svolgeranno nel bel mezzo di due terribili conflitti: quello, in atto ormai da due anni, tra la Russia e l’Ucraina e quello tra Israele e Hamas, con la conseguente e criminale punizione collettiva in corso a Gaza per mano dell’esercito di Tel Aviv. Ma se i 5 Stelle, che al riguardo non hanno ancora presentato candidati di spicco, l’Alleanza verdi-sinistra, nelle cui liste figura l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano, e la neonata formazione dell’ex giornalista Michele Santoro e dell’ex parlamentare cattolico Raniero La Valle, “Pace terra e dignità”, sono per definizione realtà pacifiste, contrarie all’invio delle armi a Kiev, preferendo l’avvio immediato di un dialogo, non lo stesso si può dire del Partito democratico, il quale, fino alla segreteria di Enrico Letta, era più atlantista di Washington.
L’arrivo di Elly Schlein non ha comportato finora grossi cambiamenti, anche se la cultura politica della prima donna alla segreteria del partito appare piuttosto lontana da settori ed esponenti per nulla secondari, a cominciare dal presidente del Pd e dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini. E così le candidature di Cecilia Strada, ex presidente di Emergency e figlia di Gino Strada, e soprattutto del più radicale ex direttore di “Avvenire”, Marco Tarquinio, pacifista della primissima ora, sostenuto da Demos, vicino alla Comunità di Sant’Egidio, hanno sparigliato le carte e portato alla luce un tema che non poteva continuare a essere un fiume carsico che non emerge mai. Del resto un partito di sinistra non può adeguarsi, senza discussione alcuna, all’“armiamoci e partite” voluto da Bruxelles, soprattutto se i suoi alleati dell’opposizione (Renzi e Calenda non li consideriamo più tali) non sono dello stesso avviso.
Le reazioni delle varie componenti del partito sono state diverse. Se la sinistra di Goffredo Bettini e di Andrea Orlando, e nel suo complesso la segreteria, sostengono il giornalista, paradossalmente, ma non troppo, i malumori arrivano proprio da quei cattolici, o da coloro che appoggiano la loro causa, che hanno sempre lamentato il rischio che la cultura cattolica fosse messa in un angolo. In prima fila, a mettere in guardia da questo rischio, Bonaccini. O l’ex ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, che aveva rivendicato il riconoscimento della “libertà di coscienza”, intervenendo nel caso dell’astensione della consigliera del Veneto, Anna Maria Bigon (vedi qui), il cui voto sulla proposta sul fine vita contribuì a provocare la bocciatura della proposta di legge regionale, con conseguenti dimissioni di Bigon dalla vicesegreteria regionale. Evidentemente, però, per quest’area politica, c’è cattolicesimo e cattolicesimo se addirittura le posizioni del papa sulla guerra non possono e non devono trovare cittadinanza nel partito, con buona pace del pluralismo tanto invocato.
Ma a osteggiare la candidatura di Tarquinio c’è un altro pezzo di partito, quello più legato alle tematiche dei diritti civili e del riconoscimento del matrimonio egualitario e delle unioni civili, come Alessandro Zan. Al riguardo, l’approccio del giornalista sarebbe considerato troppo rigido da parte di un mondo vicino alla segretaria. Come riporta “Repubblica”, dall’interno di quell’area, si riflette su come sciogliere questo nodo. L’idea che Schlein starebbe accarezzando è quella di far firmare a Tarquinio il programma del Pd, compresi i punti riguardanti i matrimoni egualitari e la stessa linea sull’Ucraina, al fine di avere i requisiti per essere candidato. Considerando che, a prescindere da come la si pensi, l’ex direttore del giornale dei vescovi è una persona seria, con tutta probabilità rifiuterà quella che consideriamo una proposta indecente, con il conseguente ritiro dalla competizione. Per il Pd sarebbe un’altra brutta pagina della sua storia.
C’è comunque un’incapacità della segretaria nel delineare, una volta per tutte, una linea sulla guerra o quanto meno far passare il messaggio – come evidentemente starebbe cercando di fare con la proposta di una candidatura di Tarquinio – che è ora di aprire un confronto libero e rispettoso sull’Ucraina, ascoltando ciascuno degli interlocutori in campo, dall’Unione europea al papa, senza dimenticare che l’85% degli italiani e delle italiane, e lo stesso accade negli altri Paesi europei, è ormai contrario all’invio delle armi a Kiev. Ma per fare questo, oltre al coraggio, servirebbe un congresso in cui si confrontino linee diverse, mettendo così per sempre fine alla farsa delle primarie.