(Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2024)
Una sentenza storica, quella dei giudici della Consulta, che hanno detto sì alla affettività e alla sessualità in carcere. In particolare, sono consentiti i colloqui intimi a carattere sessuale con la persona convivente anche non detenuta, senza che sia imposto il controllo a vista da parte del personale carcerario. Una sentenza chiara, che estende il diritto alla affettività e sessualità alle coppie di fatto. Dunque, anche a quelle omosessuali. La decisone della Corte Costituzionale cambia la vita dei detenuti. E dà un colpo all’idea di carcere come luogo di sofferenza e di una giustizia vendicativa che punta a privare i detenuti dei propri diritti. Senza affettività, e quindi sessualità, “è lesa la dignità delle persone detenute e si rischia – sostengono giuristi e magistrati della Sorveglianza – di non rispettare la finalità rieducativa della pena”.
I giudici hanno infatti dichiarato illegittimo l’articolo 18 dell’ordinamento penitenziario, che imponeva il controllo a vista dei colloqui tra i detenuti e i familiari. Restrizione che permane, per motivi di sicurezza, ai detenuti ristretti al 41-bis, il carcere duro per i terroristi e i mafiosi. Ma oggi il diritto alla sessualità – sostengono magistrati di Sorveglianza, giuristi e avvocati – “è integralmente negato, a prescindere dalla valutazione di specifiche esigenze di sicurezza. (…) Oggi non c’è un bilanciamento tra sicurezza e garanzia del diritto. Non si può accettare che il diritto alla sessualità dipenda da valutazioni di natura premiale”.
Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, l’associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale, tenendo conto di questi ostacoli, commenta positivamente la decisione della Corte Costituzionale: “Adesso dobbiamo garantire che un diritto sancito da una sentenza si trasformi in un diritto effettivo”.
Le statistiche del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria indicano che i permessi premio (ne sono previsti potenzialmente quattro all’anno per ciascun detenuto) sono stati concessi a poco meno di un terzo (24.704) della popolazione detenuta. A un decimo di 56.000 detenuti, cioè meno di seimila carcerati, è stato concesso un solo permesso premio.
In un documento di Antigone, si legge: “L’astinenza sessuale coatta spesso assume la fisionomia di una violenza fisica e morale”. Alcuni passi in avanti sono stati compiuti. In un decreto legislativo del 2018 sono state previste “relazioni affettive” per i detenuti minorenni, ossia quattro visite prolungate al mese in unità abitative appositamente attrezzate.
In conclusione, la Corte costituzionale apre la strada a una filosofia del carcere non vendicativa, che non neghi i diritti dei detenuti. Il vero nemico dei diritti sono però i tempi lunghi di un sistema giustizia, che deve oggi farsi carico di principi costituzionali che non possono più essere negati.