Pessimo segnale per la sinistra europea il risultato delle elezioni nella Regione di Madrid, dove si è votato martedì. Esce sconfitto il “modello spagnolo”, cioè il governo che, dal 13 gennaio 2020, vede insieme socialisti del Psoe e Podemos. È un esecutivo che unisce insieme sinistra di governo e sinistra radicale accanto ad alcune liste regionali (Podemos nacque dal movimento de los indignados che si sviluppò a iniziare dal 2011). Si tratta di una unità di governo non facile, maturata dopo due elezioni politiche senza né vinti né vincitori nel 2015 e 2016. Non fu semplice, infatti, convincere Psoe e Podemos che dovevano provare a governare insieme come voleva gran parte dell’opinione pubblica iberica. Non c’erano alternative, se non tornare alle urne. Ma i socialisti erano considerati troppo “moderati” da Podemos, mentre questi ultimi erano ritenuti “poco affidabili” da chi ha avuto in varie legislature responsabilità governative (Felipe González, Luis Rodríguez Zapatero). Fu la necessità a fare virtù. Il governo di sinistra era però pure il tentativo di sperimentare un’alternativa al moderatismo blairiano, clintoniano o renziano. A provare a spostare a sinistra il baricentro di una forza che si candida al governo ci aveva già provato Jeremy Corbyn in Gran Bretagna con esiti disastrosi, anche per via della Brexit. Ora, dopo il voto di Madrid, sotto i riflettori finisce la Spagna del premer socialista Pedro Sánchez che sembrava aver imboccato la strada giusta.
La sconfitta della sinistra a Madrid è cocente. I Popolari capeggiati da Isabel Diaz Ayuso, 42 anni, presidente uscente della Regione di Madrid, ora lanciata come leader nazionale, hanno stravinto anche se per governare avranno bisogno dell’astensione di Vox (9%), formazione di estrema destra che non cela nostalgie per i decenni della dittatura di Francisco Franco, definitivamente sdoganata e con velleità di puntare al governo della Spagna.
Il Partido popular (Pp) ha ottenuto oltre il 44%. Solo due anni fa sembrava in affanno per la concorrenza al centro di Ciudadanos, nel frattempo scomparso. Il Psoe (poco oltre il 16%) è al minimo storico, superato in percentuali da Mas Madrid (17%), un nuovo gruppo politico nato da una costola di Podemos e dall’incrocio con tematiche verdi e ambientaliste.
Prima testa a saltare nel campo della sinistra è quella di Pablo Iglesias, per sette anni al vertice di Podemos, che ha annunciato l’abbandono della politica e la rinuncia al suo incarico parlamentare per fare ritorno all’insegnamento universitario. Si era dimesso di recente da vicepresidente del governo per contribuire al sogno di dare un contributo decisivo alla conquista di Madrid sbagliando giudizi e previsioni. Podemos ha ottenuto solo il 7% e la conseguente crisi che si apre al suo interno non farà certo bene al governo di Sánchez che rischia di scricchiolare. Il dato che dà la proporzione della sconfitta è che i voti del solo Pp superano quelli del blocco di sinistra Psoe, Podemos, Mas Madrid. La leadership di Podemos passa intanto a Yolanda Díaz, che aveva già sostituito Iglesias come vicepremier nonostante il suo incarico di ministro del Lavoro.
Come si spiega quello che è accaduto a Madrid? La pandemia ha stretto d’assedio la Spagna. La crisi economica conseguente è stata forte, come lo sono stati i sacrifici per chiusure e misure di profilassi sanitaria. L’insofferenza sociale per l’emergenza ha trovato sbocco nel voto. A Madrid le ultime settimane sono state roventi con slogan come “no al fascismo” indirizzati a Vox e “contro il comunismo” rivolti a Podemos (le due metà della Spagna sono inconciliabili fin dalla guerra civile degli anni Trenta). La destra del Pp e di Vox ha inoltre lanciato, dal 2020, una violentissima campagna contro il governo di sinistra, in particolare contro Podemos e Iglesias. Poi ha scelto di anticipare il voto nella Regione di Madrid facendone il banco di prova per dare una spallata a Sánchez e sperimentare la possibile alleanza con Vox. Il muro contro muro tra destra e sinistra non ha favorito quest’ultima, malgrado sia al governo. Il campanello d’allarme per il resto d’Europa è evidente.
Tuttavia, al governo Psoe-Podemos non si può imputare questa volta di non essere stato abbastanza di sinistra. Ha varato una patrimoniale per trovare soldi da investire nei settori pubblici. Ha gestito la pandemia rilanciando la sanità pubblica. Ha fatto una riforma fiscale progressiva. Ha avviato misure di intervento su ecologia e ambiente. La reazione a questi provvedimenti non ha allargato il consenso e ha ingrossato le file della destra. Confermando così che l’andamento della crisi sociale europea fa scomparire il “centro” e radicalizza il conflitto destra/sinistra. Tutto ciò mette in crisi pure le formazioni neopopuliste (di sinistra) nate dalla crisi della politica degli ultimi anni.
In questo nuovo ciclo politico, segnato dalla pandemia, la destra rinnova la sua natura reazionaria, liberista, securitaria e rassicuratrice, anti-immigrati, mentre la sinistra non sa più cos’è anche quando si pensa più laburista e attenta ai diritti individuali. È un disastro sia quando si presenta in versione blairiana, clintoniana e renziana, sia quando si presenta in versione Corbyn e Iglesias. Si ripropone quindi una riflessione di fondo: chi rappresentare e come?
Le uniche buone notizie in questi giorni vengono paradossalmente da Washington, dove la presidenza di Joe Biden vuole liberalizzare i brevetti dei vaccini contro il Covid per metterli a disposizione di tutti i paesi dopo aver aumentato gli investimenti in spesa pubblica riscoprendo lord Keynes.