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Sono pericolose le idee cardine dell’illuminismo? Per me no, non lo sono, al contrario sono belle: ma so anche, come tutti, che l’evoluzionismo – certo più plausibile del creazionismo – ha condotto molti alla ricerca dell’anello mancante tra l’uomo e la scimmia, agli studi di fisiognomica e a parecchio altro che ha alimentato il razzismo. Anche il decantare i canoni estetici classici diede una mano. Il pensiero razzista, tuttavia, ebbe al tempo stesso la radice opposta, quella che originò dal pensiero romantico e dal mondo credente, attraverso miti e simboli. Ora che le acque si sono calmate, o che il tempo è trascorso, siamo consapevoli di tutto questo e possiamo non solo dirlo ma anche allontanarci da queste derive, dalle derive del pensiero rigido.
La polarizzazione – l’abbiamo conosciuta dopo la seconda guerra mondiale – ha visto la destra riorganizzarsi mediante un irrazionalismo abbarbicato attorno al tradizionale “Dio, patria, famiglia”: era lo slogan di un blocco di potere clerico-fascista basato su una visione piramidale e patriarcale della società. Dall’altra parte è emersa una “contestazione” che ha fatto dei diritti civili il vessillo con cui scardinare quel blocco. Questa visione rivendicava i diritti dell’uomo, quell’altra parlava dei diritti di Dio. Poi? Poi è arrivato un nuovo potere, il consumismo. Lo ha colto meglio di tutti Pier Paolo Pasolini in Lettere luterane: “Ora, uno dei luoghi comuni più tipici degli intellettuali di sinistra è la volontà di sconsacrare e (inventiamo la parola) de-sentimentalizzare la vita. Ciò si spiega, nei vecchi intellettuali progressisti, col fatto che sono stati educati in una società clerico-fascista che predicava false sacralità e falsi sentimenti. E la reazione era quindi giusta. Ma oggi il nuovo potere non impone più quella falsa sacralità e quei falsi sentimenti. Anzi è lui stesso il primo, ripeto, a voler liberarsene, con tutte le loro istituzioni (mettiamo l’Esercito e la Chiesa). Dunque la polemica contro la sacralità e contro i sentimenti, da parte degli intellettuali progressisti, che continuano a macinare il vecchio illuminismo quasi che fosse meccanicamente passato alle scienze umane, è inutile. Oppure è utile al potere. Per queste ragioni sappi che negli insegnamenti che ti impartirò, non c’è il minimo dubbio, io ti sospingerò a tutte le sconsacrazioni possibili, alla mancanza di ogni rispetto per ogni sentimento istituito. Tuttavia il fondo del mio insegnamento consisterà nel convincerti a non temere la sacralità e i sentimenti, di cui il laicismo consumistico ha privato gli uomini trasformandoli in brutti e stupidi automi adoratori di feticci”.
La lezione di Pasolini appare estremamente importante oggi che l’Italia sembra polarizzarsi di nuovo. La libertà della destra, che vede i problemi oggettivi di baristi, ristoratori, venditori ambulanti, partite Iva, e invoca poi la libertà di non usare la mascherina, libertà di andare a divertirsi fino a notte fonda e così via. E la libertà della sinistra che riconosce il problema evidente delle minoranze ma lo assolutizza, non riuscendo più a comunicare sulle altre libertà. È strana una destra che ci vuole liberi di andare a cena a mezzanotte, in piena pandemia, ma non riconosce il diritto di vestirsi o amare come ci si sente (chissà mai perché), e una sinistra che vede i diritti civili ma non sa più parlare di quelli sociali.
Così Pasolini induce a chiederci: la sinistra non avverte l’urgenza di ri-consacrare la vita? Non ci sono più le periferie? Gli anziani che vivono in lockdown permanente e obbligatorio nelle Rsa da oltre un anno non la riguardano? Riguardano solo la Comunità di Sant’Egidio? E chi andrebbe a trovarli se non i “parenti”? Davvero la famiglia è qualcosa da consegnare alle destre? O non può tornare a essere, pur con tutti i mutamenti storici, una cellula di “socialismo tendenziale”? Non riguarda la stessa sinistra il tema della denatalità? Sono tematiche da recuperare a una cultura di sinistra – anche per non consegnarle alla destra solo per superficiale disinteresse.
Questo riduttivo bipolarismo fa male a tutti, radicalizza nelle rispettive incompatibilità, è rigido, è ideologico. Io dico che è vissuto in termini liberisti da entrambi. I nostri vescovi purtroppo non sono capaci di dire quel che ha detto Francesco: “Chi sono io per giudicare”. Il problema che ruota attorno al disegno di legge Zan è tutto qui! Ma, al pari dei vescovi, i nostri intellettuali di sinistra non sono capaci di pronunciare un’altra frase di Francesco: “Non possiamo insistere solo sulle questioni legate all’aborto, al matrimonio omosessuale”. La libertà è libertà sociale: siamo liberi insieme, o pensiamo che la libertà sia un fatto soltanto individuale?