“Per Roma il colpo è stato devastante, la notizia ha fatto scalpore e poi è stata subito dimenticata, ma la capitale pagherà dei costi altissimi per questo, ed è stato un fatto sconcertante anche dal punto di vista politico: non si è mai visto un governo nazionale che non si spende per una candidatura importante di una sua città come quella di Roma per l’Expo. Il governo Meloni si è voltato dall’altra parte”. Il giudizio lapidario è di Paolo Berdini, ingegnere e urbanista, allievo di Italo Insolera, del quale sta curando la nuova edizione del famoso libro Roma moderna. Da Napoleone al XXI secolo. Berdini in passato ha assunto anche cariche scomode, come quella di assessore all’Urbanistica durante la sindacatura di Virginia Raggi (2016-2017), da cui poi si è dimesso per incompatibilità sui progetti per il nuovo stadio della Roma a Tor di Valle. A Berdini chiediamo un giudizio sullo stato attuale della capitale dopo la sconfitta dell’Expo.
Berdini, quale morale si può trarre dalla sconfitta della candidatura di Roma a favore dell’esposizione universale a Riad?
Il colpo è stato molto pesante e non tutti l’avevano previsto, anche se le avvisaglie c’erano state. In primo luogo dobbiamo sottolineare l’atteggiamento del governo nazionale. La presidente del Consiglio non ha speso un briciolo di energia per appoggiare la candidatura della sua capitale, visto che in questo momento è amministrata da Gualtieri. Né la premier Meloni né il governatore Rocca sono andati a Parigi. È la dimostrazione che la destra lavora solo per azioni che possano portare benefici elettorali alla loro squadra, non pensa al bene nazionale, nonostante i continui proclami sulla “Nazione”. Altri governi (Prodi, per esempio, nel caso della candidatura di Milano Expo 2015) si erano comportati diversamente in passato. Ma le responsabilità di questa sconfitta sono da addebitare soprattutto alla debolezza del progetto presentato dalla giunta Gualtieri. Se si guarda il video della candidatura, ci si rende conto che Roma è presentata in modo stereotipato, attraverso i soliti cliché, senza un respiro che guardi al futuro. Vediamo comparire per ben sette volte il Colosseo, mentre non si fa riferimento ai progetti di rigenerazione e di nuovi assetti urbanistici a partire dalle periferie. Una cartolina (anche scontata e prevedibile) per turisti. Roma non poteva vincere ricordando semplicemente che possiede il monumento più visitato al mondo. E ovviamente non ci si può lamentare dei petrodollari. Le gare di questo genere sono sempre truccate e basate su scambi economici. Ma anche su questo Roma ha sbagliato.
In che senso? Anche Roma avrebbe dovuto mettere sul piatto i suoi petrodollari?
Non dico questo. Anzi sostengo l’esatto contrario. Abbiamo perso proprio perché ci siamo messi sullo stesso piano degli avversari, senza avere le stesse risorse finanziarie. Gualtieri e la sua giunta avrebbero dovuto ribaltare lo schema. Riad propone un’esposizione universale che è anti-ecologica (costruiranno le piste da sci in pieno deserto) e non sostenibile? Roma avrebbe dovuto proporsi come la capitale del futuro e della sostenibilità ambientale. Ma è evidente che, in questo momento, la capitale non è in grado di sostenere una competizione basata sulla ecologia integrale, sul risanamento ambientale e sulla sfida del rilancio delle periferie. Però neppure ci si è provato, delegando la presentazione del progetto per l’Expo a ex ambasciatori e finanzieri. Nessun coinvolgimento della città, nessuna valorizzazione delle tantissime risorse intellettuali che le università e i centri di ricerca avrebbero potuto mettere a disposizione.
Ora c’è il Giubileo e ci sono i tanti soldi del Pnrr. C’è il rischio di ripetere gli stessi errori?
Ci sono stati altri Giubilei e altri grandi progetti. In altre occasioni, come nel caso del Giubileo del 2000, le amministrazioni hanno colto l’occasione per rilanciare la città e coinvolgere i cittadini. Il sindaco di allora, Francesco Rutelli, scelse una linea di coinvolgimento. Visto che si sarebbero messe a disposizione delle risorse era giusto chiedere ai cittadini quali fossero le priorità. Non dico che ci si sia riusciti, ma è sicuramente un’impostazione molto diversa da quella attuale portata avanti dalla giunta Gualtieri che, a quanto pare, procede per annunci, senza la capacità di suscitare un reale dibattito e un coinvolgimento della cittadinanza e delle tante intelligenze che pure ci sono. La giunta sembra in difficoltà anche quando si tratta di rispondere a delle vere e proprie provocazioni e ad attacchi pesantissimi, come quelli condotti dal quotidiano “Il Messaggero” contro il progetto dei Fori imperiali (su cui “terzogiornale” ha pubblicato di recente una interpretazione originale, ndr). Lo stesso discorso si potrebbe fare sui progetti per il rilancio del trasporto su ferro e sulle metropolitane. Anche nel caso della stazione della metro a piazza Venezia, che sarà pronta nel 2040, la giunta ha rincorso le tante proteste per il peggioramento del traffico, ma non ha saputo spiegare ai cittadini l’importanza strategica del cambio di modello nella mobilità urbana. Anche per quanto riguarda il Pnrr mi sembra che siamo molto indietro, perché alla fine dei giochi le periferie, che si era detto avrebbero dovuto avere un posto centrale nel percorso di riqualificazione, avranno molto poco.
Parliamo ora brevemente di altre due grandi questioni che, a quanto pare, continuano a essere divisive: il progetto del termovalorizzatore e lo stadio della Roma a Pietralata. Sono opere che si realizzeranno?
Devo dire che più si va avanti e più aumenta il mio scetticismo. Non sono contrario all’idea di termovalorizzatore per tentare di risolvere il problema annoso della raccolta dei rifiuti in una città che è sempre più sporca e in evidente difficoltà. Sono però critico con il progetto scelto. Si poteva optare per termovalorizzatori più piccoli, 60mila tonnellate all’anno, già esistente a San Vittore del Lazio, e sicuramente meno inquinanti di un impianto di vecchia concezione e da 600mila tonnellate. Molto discutibile anche l’impostazione del rapporto pubblico/privato e dei costi che l’amministrazione dovrà sostenere. Ora spunta la cifra di sette miliardi, quando la giunta aveva dichiarato che non ci sarebbero stati costi pubblici. Non è chiaro neppure il destino dei progetti per le infrastrutture. Insomma, oltre ai problemi ambientali e della salute, c’è il rischio di fare l’ennesimo regalo ai privati. Discorso analogo, anche se in questo caso i soggetti sono diversi, per lo stadio della Roma a Pietralata. A chi giova veramente? Sicuramente, non alla popolazione residente visto che stiamo parlando di una zona di Roma tra le più densamente popolate e soggetta a ingorghi continui di traffico. L’interesse per quel progetto sembra essere appannaggio solo delle ferrovie che vogliono valorizzare la zona della stazione Tiburtina. Ma il progetto è sbagliato, giustamente osteggiato dai cittadini residenti.
Ma, dato per scontato che un nuovo stadio serva veramente alla Roma As e alla Roma città, se fossi sindaco dove lo costruiresti?
Non a Pietralata. Si dovrebbero individuare le zone dove c’è più spazio, e Roma, da questo punto di vista, ha un territorio molto vasto: ci sono ancora tanti spazi aperti e – come sa chi conosce veramente la capitale – ci sono spazi di proprietà pubblica poco abitati. Un possibile esempio, ma tanto per fare un nome, è quello del quadrante della Prenestina. Lì i Tir che alimentano la zona produttiva passano in mezzo a strade inadeguate, vicino a scuole e case. Creare nuove infrastrutture per la città, questo è l’imperativo. Non sto proponendo di fare lo stadio lì, né tantomeno di scatenare nuove speculazioni immobiliari. Vorrei solo far capire che, per salvare Roma, si deve smettere di andare a rimorchio degli interessi “particulari” e dare priorità al bene pubblico. Ci vuole un nuovo grande progetto che guardi al futuro per una città veramente sostenibile.