Ancora sulla Gendarmeria europea. In un articolo precedente abbiamo raccolto alcune notizie su questo particolarissimo organismo, oltre alle valutazioni autorevoli del generale Fabio Mini (che ancora ringraziamo). Si tratta qui di spiegare in cosa consista la sua particolarità.
Nato nella storica tenuta di Waterland a Velsen, bella località nei pressi di Amsterdam – per l’Italia c’era il ministro della Difesa Arturo Parisi – il trattato, come abbiamo già visto, dice molto sugli ampi compiti della Gendarmeria: sicurezza e ordine pubblico, guida e supervisione delle forze di polizia locali, controllo delle frontiere, attività di intelligence, protezione delle persone.
La forza può essere messa a disposizione dell’Unione europea, dell’Onu, dell’Osce, della Nato o di altre organizzazioni internazionali: potenzialmente, questa organizzazione può diventare di grande rilievo nella sicurezza internazionale. E ciò deve preoccuparci: perché nei teatri esteri potrebbe aggirarsi una forza militare che ha poteri di polizia ordinaria, magari in assenza di un’autorità giudiziaria locale, o imponendo ad essa elementi di prova raccolti sul campo – in quanto polizia giudiziaria – come parte essenziale di un’accusa. Il generale Mini diceva quanto questo possa essere rischioso nella dimensione sensibile dei rapporti con i territori e le loro rappresentanze. E non solo. Globalizzazione, flussi migratori, politiche energetiche hanno, e avranno, un impatto destabilizzante in molte aree del pianeta, nelle quali possiamo immaginare che arrivi una Gendarmeria pronta a gestire anche i fenomeni sociali locali.
Eurogendfor, come sottolinearono fonti della Difesa in occasione della firma del trattato di Velsen, può operare “nell’ambito di catene di comando sia militari sia civili ed è in grado di pianificare e condurre fino a due attività operative contemporaneamente, fornendo una forza di polizia composta al massimo da ottocento uomini in grado di essere schierati in trenta giorni” (Ansa, 18 ottobre 2007). Ricordiamo che si tratta di un organismo nato da accordi bilaterali e non incardinato nelle istituzioni europee, suscettibile di esercitare una propria autonomia rispetto ai meccanismi decisionali dell’Unione o dei singoli Stati. Iniziale embrione dei caschi blu europei – Lex paciferat è il motto latino sul fregio del casco, naturalmente azzurro come la bandiera d’Europa –, lo scarso personale che si aggira nella caserma Chinotto non deve confondere circa le potenzialità di questa polizia militare di cui la Francia, in particolare, sentì il bisogno e nel quale è visibile lo specifico contributo italiano.
La caratteristica principale della Gendarmeria europea è di essere composta solo da forze di polizia a statuto militare: la Gendarmeria francese, l’Arma dei Carabinieri, la Guardia civile spagnola, la Guardia nazionale repubblicana portoghese, la Marechaussee reale olandese. E il modello ispiratore è stato dato dall’Msu, le unità specializzate multinazionali inventate, potremmo dire, e guidate dall’Arma: proprio i nostri Carabinieri hanno ispirato la formula per allestire le forze destinate a entrare in campo (se le necessità lo richiedono, non è detto) quando gli eserciti hanno già acquisito il controllo del territorio ed emergono nuovi problemi, essenzialmente di ordine e sicurezza pubblica, la cui soluzione è normalmente affidata alle forze di polizia locali. “Penso soprattutto al terrorismo e alla criminalità organizzata, veri e propri ‘network del male’ che superano i confini nazionali e trovano nelle aree di crisi delle zone franche in cui ripararsi”, disse in occasione della inaugurazione della caserma vicentina l’allora ministro della Difesa, Antonio Martino, tra i padri di questa iniziativa, secondo cui “le forze di polizia a carattere militare, come la Gendarmeria europea, costituiscono la risposta giusta a molti problemi, e l’Europa potrà contare su uno strumento nuovo ed efficace per difendere ed estendere i valori su cui si fonda”. E sappiamo che, quando si tirano in ballo i valori, è come postulare un’auto-legittimazione.
La Gendarmeria è stata impiegata fino a oggi sicuramente in Bosnia, Afghanistan, Haiti. In occasione del gemellaggio tra l’Arma dei Carabinieri e la Gendarmeria turca (10 febbraio 2009), si è discussa l’adesione di quest’ultima a Eurogendfor. Era il 10 febbraio del 2009, la cerimonia si svolse ad alti livelli – intervennero il generale Emilio Borghini, direttore del Centro di eccellenza per le Stability Police Units dell’Arma dei Carabinieri, e il generale Mustafa Biyik, comandante della Gendarmeria – e ancora non si hanno notizie sull’evoluzione di quei piani.