La notizia l’ha data la Fiom di Torino. Lunedì 25 settembre è stato notificato il licenziamento a un lavoratore di Stellantis, inquadrato come impiegato nello stabilimento di Mirafiori, con l’imputazione di “aver fornito una prestazione giudicata dai suoi referenti gerarchici come insufficiente e inadeguata”. “Egregio Signore, negli ultimi anni il Suo diligente impegno ha fornito una prestazione giudicata dai Suoi referenti gerarchici come insufficiente e inadeguata. Pertanto provvediamo con la presente a irrogarLe il licenziamento con preavviso”. Ovviamente la notizia ha fatto subito il giro dello stabilimento, quello che fu un sito mitico della storia industriale e sindacale italiana ai tempi della Fiat. E ha varcato anche i cancelli, davanti ai quali sono state organizzate centinaia di manifestazioni, scioperi, picchetti con la presenza – a volte – di politici importanti, com’era stato per esempio nel caso del comizio di Enrico Berlinguer, il 26 settembre del 1980. Il caso dell’impiegato licenziato ha fatto rumore, anche perché è stato accompagnato da un’altra serie di provvedimenti disciplinari, tutti rivolti ai colletti bianchi. Si parla di almeno sei casi, con relativa sospensione dal lavoro.
Dalla marcia dei quadri degli anni Ottanta contro gli operai in sciopero, è passato davvero tanto tempo: siamo in un’altra epoca, oggi Mirafiori non è più quella di una volta, a cominciare dalle cifre dei dipendenti e dal ruolo molto meno strategico all’interno della produzione complessiva dell’epoca Fca-Stellantis. “Oggi – ci dice Edi Lazzi, segretario generale della Fiom di Torino – i dipendenti di Mirafiori sono circa 12mila. Di questi, 6.600 sono impiegati”. Il ridimensionamento rispetto agli anni d‘oro è stato molto consistente, e lo si vede prima di tutto dai livelli della produzione. Nella prima decade del nuovo secolo lo stabilimento produceva 218mila auto all’anno. Nel 2019 si era già scesi a 21mila, con un crollo dell’87%. Uno dei motivi di queste trasformazioni è legato alla nuova organizzazione delle linee di produzione elettriche che si prestano a una elevata automazione. Gli esperti sostengono che l’elettrico è tutto sommato più semplice da assemblare, e ha il 40% dei componenti in meno. Ci sono molte più lavorazioni ripetitive, più facilmente delegabili ai robot.
Ma intanto il licenziamento dell’impiegato si spiega con una precisa scelta dell’azienda. Ce lo spiega sempre Edi Lazzi: “Mi sembra che ci sia un salto di qualità in negativo da parte di Stellantis rispetto al rapporto con i suoi dipendenti, anche perché ci risulta che la medesima contestazione, cui pensiamo seguirà l’identico epilogo del licenziamento, è stata comminata ad altri lavoratori. Francamente, in tanti anni che seguo le aziende metalmeccaniche del torinese, compresa la vecchia Fiat, non mi era ancora capitato un licenziamento di un impiegato perché i suoi superiori giudicano la prestazione non idonea a ipotetici standard lavorativi. Mi sembra un’assurdità, forse pensata per fare pressione nei confronti dei propri dipendenti, e spingerli ad aumentare a dismisura la prestazione lavorativa abbattendo per questa via i costi”.
Secondo il segretario Fiom torinese, non si tratta però solo di semplici minacce o comportamenti intimidatori. “Il problema – spiega – è che la produzione della nuova 500, e di alcuni modelli di Maserati, non sono sufficienti per garantire l’equilibrio economico. Servirebbero più modelli e un numero molto più consistente di autovetture all’anno, invece ci sembra che gli interessi industriali di Stellantis si stiamo dirigendo più verso la Francia rispetto agli investimenti che si fanno nel nostro Paese”. Il sindacalista metalmeccanico ci racconta, per esempio, di un progetto di Stellantis per una nuova fabbrica in Francia, alle porte di Lione. In quello stabilimento si produrranno motori elettrici: cosa che in Italia Stellantis non sembra che abbia intenzione di fare.
Gianni Mannori, responsabile del Gruppo Stellantis per la Fiom Cgil di Torino, conferma l’analisi: “In questi anni la strategia del gruppo è stata quella di incentivare i lavoratori a licenziarsi offrendogli una buona uscita in denaro, pur di ridurre il personale, soprattutto quello impiegatizio. Un’azienda come Stellantis, che in questi anni ha macinato notevoli profitti, dovrebbe pensare ad assumere piuttosto che a licenziare. Soprattutto a Torino, dove per rilanciare Mirafiori si dovrebbero effettuare investimenti mirati ad assegnare maggiori produzioni. Da parte nostra, tuteleremo il lavoratore in ogni sede e in ogni modo”.
Più in generale, il sospetto avanzato dai sindacati è che Stellantis stia cercando di forzare la mano, perché il piano di prepensionamenti e uscite incentivate non sta funzionando come sperava l’azienda. Secondo gli accordi siglati dai sindacati, tranne la Cgil Fiom, prepensionamenti e uscite incentivate, dovrebbero sfrondare gli uffici torinesi di 800 persone. Tutto il processo in corso è legato alla fusione di Fca con i francesi di Psa, che ha spostato gli equilibri del gruppo a favore di Parigi e dei soci francesi; alla guida del gruppo oggi c’è l’amministratore delegato di Psa, e abbiamo già detto degli investimenti dirottati verso la Francia. Chi conosce la vita quotidiana a Mirafiori parla di una vera e propria “colonizzazione” da parte dei manager francesi, che dettano legge anche in trasferta.
Intanto, un’altra notizia negativa, la prima battuta d’arresto dal lancio della 500 elettrica per Mirafiori, che era stato uno dei pochi stabilimenti italiani del gruppo Stellantis a registrare, negli ultimi due anni, volumi in aumento. L’azienda, oltre a confermare il ricorso alla cassa integrazione per la prossima settimana, sulle linee della 500 e della Maserati, ha informato che chiederà la Cig anche a ottobre: dal 19 fino al 3 novembre.
Problemi industriali anche in Emilia. “Inaccettabile la scelta di Marelli di non aderire alle richieste del sindacato e delle istituzioni a ritirare la procedura di chiusura dello stabilimento di Crevalcore”, si legge in un comunicato unitario dei sindacati metalmeccanici. “La decisione di cessare l’attività del sito emiliano è stata presa unilateralmente con un approccio che mette in discussione anche le normali relazioni industriali, fondamentali per gestire la complicata fase di transizione che il gruppo, e più in generale il settore, deve affrontare”. Per il sindacato, la Marelli è un’azienda strategica. “Al prossimo incontro ministeriale del 3 ottobre, ribadiremo la richiesta a Marelli di ritirare la procedura di chiusura e chiederemo al governo di finalizzare al supporto delle riconversioni industriali le risorse già stanziate per l’automotive”. Intanto, è stato indetto per il 3 ottobre uno sciopero di otto ore in tutti i siti e stabilimenti del gruppo.