Nel suo continuo “affaccendarsi inoperoso” il sindaco di Genova, Marco Bucci, ha introdotto, il 3 luglio scorso, e poi parzialmente ritirato, delle misure radicali di controllo degli alcolici. Una ordinanza, infatti, aveva previsto che non fosse più possibile consumare pizza e birra in spiaggia dopo le 16 e, più in generale, vietato l’asporto dalle 16 alle 8 del mattino seguente. Ne è scaturita una piccola insurrezione giovanile, con una manifestazione spontanea partecipatissima nella centrale Piazza De Ferrari – di ragazzi con borracce e birrette in mano –, che ha costretto il sindaco a fare marcia indietro.
Difficile dire quale fosse l’intento di un provvedimento così evidentemente irragionevole, tra l’altro differenziato per quartieri, con le misure più rigide e gli orari più restrittivi applicati in periferia. Al di là della estensione del concetto di “decoro urbano” alle spiagge, alcuni commentatori malevoli hanno sottolineato che così si privilegiavano i bar del centro, con i dilaganti dehors e le concessioni balneari. In pratica, si poteva continuare a bere ma solo seduti e pagando caro, a scapito della birretta comprata al supermercato e consumata sulla panchina o in riva al mare. L’aspetto più curioso della vicenda, come ha ricordato sulle pagine di “Repubblica-Genova” Luca Borzani, è che, quando era ancora in carica il sindaco di sinistra Marco Doria, c’era stato un timido tentativo di introdurre delle misure antialcol – ma la destra era insorta lanciando al mondo della movida lo slogan: “ci rubano la notte”.
Non solo, pochi giorni prima dell’uscita dell’ordinanza, a fine giugno, in occasione della manifestazione sponsorizzata dalla giunta attuale e dalla Regione, dedicata alla celebrazione della tappa finale della regata internazionale Ocean Race, con accompagnamento di pirotecnia e ospiti musicali, è stato organizzato in centro un vero e proprio rave party notturno, con tanto di camion dotati di altoparlanti che trasmettevano musica al massimo volume, le strade bloccate e gli spazzini mobilitati in via straordinaria a scopare via i frammenti di vetro delle birre consumate dai giovani presenti in massa e infrante al suolo “per fare allegria”. Come dire “bere in giro e ubriacarsi va bene, quando lo decidiamo noi”.
Il provvedimento in questione è scaturito, con ogni probabilità, dal perenne attivismo del sindaco Bucci. Perché il meccanismo innescato dalla “giunta del fare” è un volano che dev’essere continuamente in movimento, altrimenti perde la sua efficacia. D’altro canto, un securitarismo ostentato e aggressivo è stato uno dei cavalli di battaglia delle forze che governano la città: ricordiamo figure luminose come l’ex assessore alla Sicurezza, Garassino, che strepitava di volere “prendere a calci nel sedere i mendicanti”, o l’altro sceriffo succedutogli, Giorgio Viale, che si è vantato di avere chiuso un centro sociale attivo da trent’anni – il Terra di Nessuno –, ricco di iniziative culturali e artistiche, sostenendo che si trattava di un “epicentro di illegalità… occupato a sbafo” da fricchettoni e nullafacenti.
In realtà, dietro le dichiarazioni roboanti, le misure securitarie finora introdotte si sono rivelate una serie di fallimenti: le centinaia di telecamere, costate una fortuna, di cui è stato disseminato il centro storico si sono mostrate sostanzialmente inutili, sia per quanto riguarda il contrasto alla microcriminalità sia per quanto concerne gli atti di vandalismo, ultimamente sempre più spesso reiterati a danno di piccoli negozi e sedi di associazioni. La parata grottesca di pattuglioni di militari, che venivano fatti sfilare attraverso la città vecchia, ha finito per spaventare i turisti, e ha suscitato la protesta di una parte dei commercianti che vedevano fuggire la clientela.
Eppure c’è ancora chi pensa di risolvere il problema della povertà crescente in città e della homelessness facendo le multe a chi fruga nei cassonetti della spazzatura (in alcuni quartieri sostituiti da nuovi modelli blindati che si aprono solo con tessere magnetiche riservate ai residenti) o eliminando le panchine nella migliore tradizione del security design. La facile identificazione di povertà ed esclusione sociale con illegalità non sta aiutando chi dirige la città a prendere provvedimenti sensati.
Mancano gli strumenti culturali e politici per comprendere la situazione. Pensare di risolvere una crisi sociale della portata di quella attuale a colpi di multe e divieti è segno non solo di ingenuità, ma anche di una sostanziale impreparazione e inadeguatezza. E i problemi crescono: dietro la facciata di una vagheggiata città turistica e il fantasma di una ritrovata imprenditorialità portuale, si profilano sempre più nettamente situazioni critiche: dalla povertà (la Liguria è al primo posto tra le regioni del Nord con circa un quarto della popolazione sotto la soglia) al moltiplicarsi del lavoro precario giovanile, alla fuga dei giovani qualificati, fino a una crisi dell’abitazione senza precedenti: a Genova ci sono oltre tremila sfratti in corso e quasi quarantamila appartamenti vuoti.
Invano il mondo dell’associazionismo e del terzo settore cerca di richiamare l’attenzione delle istituzioni sull’aumento delle presenze alle mense gratuite e sulla crescente richiesta di pacchi alimentari. Così, mentre per il momento sono fermi i progetti dei grandi giocattoli urbani (di cui abbiamo già parlato su queste pagine: vedi qui e qui), e per cui verrà utilizzata una parte dei finanziamenti del Pnrr – in particolare, la funivia tra la stazione marittima e il Forte di Begato, bloccata dalle proteste e da una valutazione di impatto ambientale ancora tutta da verificare, e Skymetro, contestata dal comitato degli abitanti della Val Bisagno –, ci si sbizzarrisce con le ordinanze più o meno repressive. Non è una novità: gli spazi della città neoliberale sono attraversati da provvedimenti e interventi mirati a rimuovere i segni più superficiali del crimine e del disordine. Politici e amministratori parlano spesso un linguaggio curiosamente antimoderno, con uno sfondo criminogeno che etichetta e discrimina intere popolazioni e zone della città. Una visione politica in cui rimangono invisibili le cause strutturali della vulnerabilità, e le modalità della sua continua riproduzione, mentre si assiste al ritorno del moralismo che dominava la città industriale. Naturalmente, in questo caso, la narrazione torna sotto il segno della inautenticità, e della consapevolezza di stare adottando unicamente espedienti retorici. Ma pare che per la giunta comunale non ci sia niente di meglio per giustificare diseguaglianze e disparità in moltiplicazione. Così, in attesa di un rilancio della città che per il momento non si intravede, ci si prepara alla prossima ordinanza.