Sfrontata e arrogante, sicura di avere le spalle coperte, la ministra del Turismo ha sfidato in Senato le opposizioni che hanno sostenuto le inchieste giornalistiche (“Report”, “Il Fatto”, “Domani”) sui suoi loschi affari chiedendole spiegazioni. Piglio da Marchese del Grillo in gonnella (“io sono io e voi…”), Daniela Santanchè non ha spiegato un bel niente ma non ha potuto respingere le accuse al mittente: ha detto che si appresta a sanare le situazioni irregolari che si erano create nella sua azienda, Visibilia – cioè l’utilizzo della cassa integrazione per il Covid a favore di dipendenti in servizio, e il mancato versamento del trattamento di fine rapporto ai lavoratori licenziati. La faccendiera della destra ha provato a inscenare il suo stupore per l’inchiesta aperta a Milano (“l’ho saputo dai giornali, capite che scandalo?!”). In realtà si sapeva ampiamente, anche se lei non ha ricevuto un avviso di garanzia perché, effettivamente, la procura non glielo ha inviato, come accade quando non vengono prodotti atti da cui una persona deve difendersi.
L’inchiesta su Visibilia è scattata già da tempo. La procura di Milano indaga dal novembre 2022 per falso in bilancio e bancarotta (l’impresa accumulava debiti dal 2014): bilanci inattendibili, “irregolarità estremamente significative” e deficit “occultato”, si legge nella perizia sul gruppo affidata dai pm a Nicola Pecchiari, commercialista e docente della Bocconi. I conti, però, simulavano un apparente stato di salute e lei poteva incassare emolumenti da 130mila euro lordi. Per evitare il fallimento, e l’accusa di bancarotta, Santanchè ha chiesto uno sconto di un terzo del debito col fisco e la sua rateizzazione in dieci anni: una pratica che non vede estraneo il ministro leghista dell’Economia, Giorgetti, al quale fa capo l’Agenzia delle entrate, ente che deve decidere sul maxi-sconto e sulla rateizzazione chiesta dai consulenti dell’ex società della sua collega di governo. L’altra società, la Ki Group, ha avanzato invece al tribunale di Milano una proposta di concordato semplificato, nonostante i 2,7 milioni di contributi pubblici ottenuti come prestito Covid da Invitalia.
Non c’era molto che potesse dire se non mentire, come ha fatto. Il dato politico più importante, fino a questo momento, è che, nonostante tutto, un personaggio simile sia tutelato dal governo di Giorgia Meloni, a parte il clima imbarazzato dei ministri ieri nell’aula del Senato, tutti con il naso appeso in aria, come fa chi spera di non essere notato e che il siluro avvertito passi lontano: perché farsi carico di una mentitrice? Evidentemente, Meloni e fratelli devono molto a quei settori dell’imprenditoria predatoria che li hanno sostenuti e si aspettano ben di più per il futuro. In parte già accontentati: dai provvedimenti che rendono ancora più fragili i lavoratori, alle misure fiscali lasche e rasserenanti per gli evasori.
Il paradigma si ribalta, non conta l’etica pubblica: una come lei, con quella faccia da predatrice del bene pubblico, viene bene per rappresentare il nostro “made in Italy” nel mondo. C’è poi un altro aspetto della faccenda, che probabilmente spiega l’estrema disponibilità di Palazzo Chigi verso questa assurda figura: i suoi legami amicali e professionali con l’avvocato Ignazio La Russa, presidente del Senato che non ha sentito alcun imbarazzo a gestire la seduta nella quale Santanchè è intervenuta, anzi proprio lui ha scritto l’intervento di lei e di altri senatori della maggioranza. Fino a che punto La Russa può dirsi estraneo alle faccende dell’amica ministra? Non si sa, certo ha curato due diffide per conto di lei; il resto è vago, abbastanza vago, così da far tremare il palazzo più in alto, essendo Ignazio la seconda carica dello Stato. A cui di sicuro Daniela deve tanto, anche il sostegno attuale di tutta la destra.
Dal canto loro, le opposizioni incalzano ma non dialogano tra loro. Conte è partito inaspettatamente verso la conquista del primato, presentando una mozione di sfiducia personale contro Santanchè. Mugugni tra i senatori degli altri gruppi di opposizione che non ne sapevano niente; ma Elly Schlein rasserena gli animi e stoppa le polemiche, la firmerà. Ridicolo il travaglio nel cosiddetto terzo polo: Calenda chiede timidamente un passo indietro, il suo alleato-nemico Renzi non ci pensa proprio (la società Visibilia forniva pubblicità all’editore del “Riformista”, Romeo).
Brutto presagio, infine, l’attacco violento alla stampa, da parte della ministra-faccendiera, “contro di me pratiche sporche e schifose” – ha detto l’audace Santanchè, riferendosi alla pubblicazione delle notizie sull’indagine milanese. Sì, brutto presagio di una democrazia malata.