Il 78° anniversario della Liberazione dal nazifascismo si è svolto, quest’anno, a sei mesi di distanza dall’insediamento del governo più di destra della storia dell’Italia repubblicana. Il governo Meloni, pur non rappresentando la maggioranza degli italiani (ma solo il 43% dei votanti e il 26% degli elettori), si è legittimamente insediato alla guida del nostro Paese grazie alla combinazione perversa di due fattori: un fattore istituzionale, rappresentato dall’iniqua quota maggioritaria prevista dalla pessima legge elettorale vigente, e un fattore politico, determinato dalla divisione e dalle ambiguità del cosiddetto “campo progressista” a fronte di una sostanziale unità del “campo reazionario”.
Tutti i primi atti del governo Meloni e della maggioranza parlamentare che lo sostiene rivelano – pur tra pasticci e correzioni successive, dovute a dilettantismo, contraddizioni interne alla maggioranza o a veti europei – un disegno di restaurazione autoritaria sul piano socio-economico, istituzionale e culturale, che punta, più o meno esplicitamente, a stravolgere la nostra Costituzione: dalla scelta dei presidenti di Camera e Senato, ai discorsi programmatici della presidente del Consiglio e alle continue indifendibili esternazioni dei ministri Valditara, Piantedosi, Lollobrigida e del presidente La Russa; dal decreto di regolamentazione delle Ong per ostacolarne le attività di salvataggio dei migranti alle mai chiarite responsabilità del drammatico naufragio di Cutro e al successivo decreto che, lungi dal prevenire analoghe tragedie e dal colpire i veri trafficanti, punta a restringere i criteri di assegnazione della protezione speciale; dal decreto anti-rave alla dichiarazione dello stato di emergenza per gli sbarchi; dalla manovra di bilancio al Documento di economia e finanza (DEF), che riducono la spesa per la sanità e per l’istruzione.
La presidente del Consiglio ha ribadito più volte come obiettivo prioritario di questa legislatura una forma di presidenzialismo plebiscitario, che per sua natura tende a subordinare al potere esecutivo il potere del parlamento e il potere giudiziario. Non a caso la riforma della giustizia prefigurata dal ministro Carlo Nordio tende a smantellare le garanzie di autonomia e indipendenza della magistratura, per non parlare del grave abbassamento della guardia sul contrasto alla mafia e alla corruzione, conseguente al ridimensionamento delle intercettazioni, al nuovo codice degli appalti, alla disincentivazione dei collaboratori di giustizia e alla cancellazione dei reati commessi dai colletti bianchi, a riprova di un falso “garantismo” utilizzato strumentalmente in difesa delle classi dirigenti. Le norme antimafia, conquistate negli anni a caro prezzo, dopo gli omicidi e le stragi mafiose dei nostri martiri, vanno difese e applicate nel rispetto dell’art. 27 della Costituzione (“le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”), e qualsiasi riforma della giustizia non deve intaccare il delicato equilibrio previsto nel titolo IV della Costituzione, che nel complesso garantisce l’autonomia e l’indipendenza della magistratura da ogni altro potere e lo svolgimento di un “giusto processo”.
D’altra parte la riforma fiscale prefigurata dalla flat tax contraddice il principio costituzionale di progressività del sistema tributario, esasperando le già crescenti disuguaglianze sociali, acuite dall’irragionevole cancellazione del Reddito di cittadinanza e dagli incentivi all’evasione fiscale (condoni e innalzamento del tetto all’uso del contante); mentre il regionalismo differenziato che chiede maggiori risorse e maggiori poteri per le regioni più ricche e più forti, accentua le disuguaglianze territoriali tra Nord e Sud del Paese, rompe il modello universalistico e solidaristico del welfare, che secondo il dettato costituzionale dovrebbe garantire “pari dignità sociale” (sanità, istruzione, lavoro, sicurezza sociale) per tutti i cittadini.
Inoltre le suddette politiche sull’immigrazione stravolgono anche i diritti umani fondamentali, quindi non solo dei cittadini italiani ma anche degli stranieri e dei migranti, per i quali la Costituzione prevede “l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, oltre che il rispetto delle norme e dei trattati internazionali. A completare il quadro, il progetto meloniano di un “europeismo conservatore”, condizionato, per un verso, dal sovranismo nazionalista condiviso con i suoi alleati del Gruppo di Visegrad (il sostegno italiano all’Ungheria che discrimina le persone Lgbtq ne è un indicatore), e, per l’altro, dalla totale subordinazione al Patto Atlantico e agli Usa, contraddice lo spirito della Costituzione, che “ripudia la guerra …” e “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni, promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo” (cioè tipo l’Onu e l’Ue, ma non tipo la Nato). Ma sul punto, per la verità, non si può non rilevare che il problema della dubbia compatibilità con l’art. 11 della Costituzione della partecipazione dell’Italia agli “interventi armati a fini umanitari” (Kosovo, 1999), alle guerre di difesa “globale” (Afghanistan, 2001) o “preventiva” (Iraq, 2003), ed oggi all’invio di armi all’Ucraina (che si difende legittimamente dall’aggressione russa), non riguarda certamente solo l’attuale governo di destra, ma anche quelli di diverso colore politico che l’hanno preceduto.
Questo disegno complessivo di stravolgimento della Costituzione mette in pericolo la nostra democrazia. Il rischio non ci pare quello di un ritorno al fascismo storico, anche se Giorgia Meloni ed altri esponenti di spicco di Fratelli d’Italia – partito che rivendica l’eredità del Msi – non sembrano aver fatto, fino in fondo, i conti con la storia di quel partito e con i suoi intrecci col neofascismo eversivo, che ha indiscutibilmente svolto un ruolo importante in quel magma di servizi deviati italiani e stranieri, massoneria, mafie e referenti istituzionali e politici che ha dato vita alla “strategia della tensione” che ha insanguinato l’Italia, con il precedente di Portella della Ginestra nel 1947, da Piazza Fontana fino alle stragi del ’92-’93.
Ma il rischio concreto che corriamo oggi è quello di una trasformazione strisciante del nostro sistema democratico in senso autoritario, in una “democratura” simile a quella polacca o ungherese. Come ha scritto il costituzionalista Gaetano Azzariti, “la destra al potere dà seguito alla sua storia e l’accoppiata elezione diretta del presidente della Repubblica (obiettivo perseguito sin dal tempo del Msi) e autonomia differenziata (versione temperata delle tendenze secessioniste della originaria Lega bossiana) rappresenta il naturale e decisivo traguardo”.
Per queste ragioni riteniamo che le forze democratiche e progressiste, già da tempo divise e in crisi identitaria, debbano convergere nella battaglia di opposizione a questo disegno. L’elezione diretta di un uomo o di una donna solo/a al comando, sia nella versione presidenzialista (Usa) che in quella semipresidenzialista (Francia), ha già dimostrato la sua fragilità democratica di fronte alle tendenze populiste e nazionaliste del “trumpismo” o del “lepenismo”. Così come l’idea che l’obiettivo della governabilità e della stabilità dei governi possa essere raggiunto, secondo i sistemi elettorali maggioritari, a scapito della rappresentatività dei parlamenti, si è già rivelata fallimentare non solo nell’ormai lunga transizione italiana, successiva alla crisi della “prima repubblica”, ma persino nel consolidato “modello Westminster” britannico. Se a queste considerazioni di merito, aggiungiamo il fatto che il governo Meloni vorrebbe fare dei cambiamenti così importanti della Costituzione, quali la forma di governo e la forma di Stato, in un parlamento così poco rappresentativo, magari con l’appoggio di qualche pezzo dell’opposizione (la proposta del sindaco d’Italia di Azione-Italia Viva già lo prefigura), per tentare di raccattare la maggioranza dei due terzi ed evitare il ricorso al referendum popolare, l’allarme non dovrebbe essere sottovalutato da nessun sincero democratico.
Ma è importante sottolineare che non si tratta di una battaglia puramente difensiva. Nello scorso settembre, durante la campagna elettorale, nella “Lettera aperta ai delusi dalla politica della sinistra” si auspicava che “le forze progressiste, nonostante le attuali divisioni, dovranno combattere una battaglia comune non solo per la difesa della Costituzione ma per una sua piena attuazione, per lo sviluppo di una democrazia progressiva che rimuovendo gli ostacoli di ordine economico e sociale consenta la realizzazione di un’effettiva uguaglianza dei cittadini”.
Anche noi riteniamo, come ha detto Liliana Segre nel discorso del 13 ottobre al Senato, che “la Costituzione è perfettibile e può essere emendata (come essa stessa prevede all’art. 138), ma […] se le energie che da decenni vengono spese per cambiare la Costituzione – peraltro con risultati modesti e talora peggiorativi – fossero state invece impiegate per attuarla, il nostro sarebbe un Paese più giusto e anche più felice”.
E condividiamo l’appello rivolto dopo la sconfitta elettorale a tutte le forze di sinistra e di progresso, da un gruppo di elettrici ed elettori di differenti culture, storie politiche e civili (tra cui Rosy Bindi, Vannino Chiti, Domenico De Masi, Gad Lerner, Tommaso Montanari, Giulia Rodano, ecc.) per proporre di “assumere quale comune stella polare, ideale e programmatica, l’ancoraggio ai valori della Costituzione, la dignità del lavoro, la giustizia sociale e ambientale, la pace e il disarmo, la lotta contro le disuguaglianze, la cittadinanza dei ‘nuovi italiani’. Convinti come siamo che astensione ed esito del voto sono frutto di un divario profondo tra la vivacità del Paese e la sua traduzione nella politica organizzata, consideriamo urgente fornire un solido riferimento politico alle istanze serie e radicali di cambiamento che vengono espresse da tante realtà civiche e sociali, in particolare delle donne e dei giovani”.
Per tutte queste ragioni, da semplici cittadini, il 25 aprile abbiamo manifestato con l’Anpi, l’Arci e la Cgil per la difesa e l’attuazione della nostra Costituzione nata dalla resistenza antifascista. E, adesso, vogliamo rivolgere un appello a tutti coloro che condividono lo spirito e i contenuti di questo documento perché contribuiscano alla realizzazione di momenti di confronto e convergenza tra tutte le espressioni dell’associazionismo e del volontariato laico e religioso, che già operano nei territori, per attuare concretamente i valori della Carta. Crediamo, infatti, che questa battaglia non potrà svolgersi soltanto nelle istituzioni, ma dovrà essere sostenuta da una partecipazione dal basso, dal conflitto sociale indispensabile a mantenere e sviluppare quel modello di democrazia progressiva configurato dalla nostra Costituzione, per farla vivere nei territori, partendo dalle “esperienze esemplari”, dalle “buone pratiche” già esistenti per diffonderle e generalizzarle ovunque sia possibile.
Giovanni Abbagnato, Leo Alagna, Riccardo Alessandro, Marina Allotta, Mario Azzolini Tommaso Baris, Giovanni Bellia, Augusto Cavadi, Beppe Cipolla, Gaetano Cipolla, Maria Adele Cipolla, Enrico Colajanni, Mari D’Agostino, Raffaella De Pasquale, Alessandra Dino, Vincenzo Gervasi, Filippo Grippi, Antonella Leto, Jesse Marsh, Ernesto Melluso, Giancarlo Minaldi, Francesco Petruzzella, Antonio Riolo, Claudio Riolo, Rosana Rizzo, Pippo Russo, Gaetano Sabatino, Alessandra Sciurba, Bonaventura Zizzo
Adesioni al 16 maggio 2023:
Biblioteca delle Donne UDI – Palermo
Circolo Libertà e Giustizia – Firenze
Comitato Piazza Carlo Giuliani – Genova
Coordinamento per la Democrazia Costituzionale – Firenze
Coordinamento toscano per la Democrazia Costituzionale
Enzo Abbinanti, Sceila Affronti, Camillo Airò Farulla, Roberto Alberti, Antonella Albino, Donata Albino, Giuseppe Amata, Flora Arcuri, Diego Avesani, Monica Bacchi, Francesco Baicchi, Riccardo Baldassarri, Paolo Baroni, Adele Baudo, Angelo Baracca, Anna Laura Bellina, Antonella Beltrami, Sabrina Benenati, Luciano Beretti, Rossana Bernardini, Piero Bevilacqua, Maria Luisa Bianco, Stefano Bianco, Vincenzi Bisso, Maria Concetta Biundo, Adriano Beppino Bonora, Amalia Barbui, Fabio Bonafé, Emanuela Bonomi, Anna Bottaini, Fabio Brambilla Pisoni, Marco Brambilla, Piergiulio Branca, Silvano Brandi, Luciano Burderi, Mariagiulia Burresi, Federico Butera, Francesca Buttà Clabrese, Roberto Budini Gattai, Giuseppe Cabibbo, Augusto Cacopardo, Maurizio Caffo, Fausto Caggia, Francesco Saverio Calabresi, Sergio Calef, Maria Caliri, Francesco Campanella, Gioacchino Cannizzaro, Elio Capici, Giovanni Caprio, Concetta Carideo, Stefano Carpino, Adriana Catalano, Giuseppe Cataldo, Rosanna Cataldo, Dino Catania, Giusto Catania, Salvatore Cavaleri, Franco Cazzola, Salvatore Cernigliaro, Rinaldo Cervellati, Valentina Chinnici, Ernesto Cianciolo Cosentino, Saverio Cipriano, Salvatore Ciulla, Maurizio Claroni, Marina Cocchi, Mario Cogliati, Francesco Collecchia Zanello, Amalia Collisani, Giuseppe Como, Francesco Coniglione, Domenico Conoscenti, Rita Coscarella, Giacomo Costadura, Mario Cottone, Andrea Cozzo, Gianfranco Criscenti, Famiano Crucianelli, Ester Cucinotti, Nino Cuffaro, Roberto Culatti, Salvatore Cusimano, Nicola Cusumano, Chiara Da Costa, Elisa Da Costa, Carlo Danzi, Gianfranco Dell’Aglio, Renato Delfiol, Antonio De Luca, Clara Denaro, Giulietta D’Ettole, Laura Barile, Sabina Di Bartolo, Francesco Di Bernardo, Anna Maria R. Dibilio, Francesco Antonio Di Cagno, Pippo Di Falco, Giuseppe Di Maio, Pino Di Martino, Daniela Dioguardi, Antonio D’Oppido, Tiziana Di Salvo, Patrizio Dolcini, Giulia Fanara, Roberta Fantozzi, Patrizia Farronato, Alida Federico, Fausta Ferruzza, Francesco Fidalco, Giuliana Filidei, Gabriella Filippazzo, Vincenzo Fiore, Enrica Frosi, Roberto Galantini, Angela Galici, Georgiana Galiussi, Marzia Galvani, Lucio Ganci, Greta Gattazzo, Fabio Gaudioso, Marina Gaziano, Francesco Gervasi, Maximo Ismael Ghioldi, Gianangelo Giacalone, Maria Giglio, Beniamino Ginatempo, Angela Giova, Oscar Grasso, Giuseppe Greco, Mimma Grillo, Rosario Grillo, Eliana Gruber, Rita Gucciardo, Maria Guidotti, Carlo Hendel, Alfonso Maurizio Iacono, Alessandro La Grassa, Fabio Lanfranca, Matilde Lanfranco, Salvatore Lauricella, Anna Leone, Ernesto Leone, Silvia Leuzzi, Renato Li Donni, Salvo Lipari, Frida Lironi, Fabrizio Li Vigni, Paolo Lombardi, Santo Lombino, Lorenzo Londero, Carmelo Lo Piccolo, Mario Luperini, Mariella Maggio, Rosamaria Maggio, Laura Magnani, Antonio J. Manca Graziadei, Marina Manca, Roberta Mancuso, Antonio Manna, Laura Marcheselli, Federico Marcucci, Liborio Martorana, Alfio Mastropaolo, Carolina Matano, Marzenka Matas, Antonio Mazzeo, Vittorio Mazzone, Simonetta Melani, Franco Meloni, Gabriele Mercadante, Calogero Messina, Irene Militano, Atos Minguzzi, Rosalia Miraglia, Sylvia Moneta, Clara Monroy, Gisella Morelli, Milena Moroni, Emma Musi, Daniela Musumeci, Antonio Nardi, Giuseppe Natale, Cinzia Niccolai, Giuseppe Nicolaci, Guido M. Nicolodi, Katia Orlando, Leoluca Orlando, Carlo Ottaviani, Antonina Palazzotto, Mariella Pasinati, Manoela Patti, Dino Paternostro, Daniela Pavesi, Luciano Pedrazzoli, Leonardo Aldo Penna, Tonino Perna, Gianfranco Perriera, Annamaria Petruzzi, Fiora Pezzoli, Giusto Picone, Vincenzo Pinello, Carmelo Piparo, Giuseppe Michele Pipitone, Beatrice Piva, Laura Pochini, Vincenza Podo, Totò Pollina, Marco Pomar, Paolo Pons, Gianluigi Possanzini, Guido Pozzo, Alessandro Prazzoli, Anna Puglisi, Virgilio Ragusa, Rosario Rappa, Rossella Reyes, Roelof Leo Riemersma, Vittorio Ricci, Giuseppe Riccio, Mario Ridulfo, Mario Rinaldi, Elio Rindone, Maria Concetta Rindone, Francesca Riolo, Francesco Paolo Riolo, Maria Clotilde Riviera, Franca Rocchi, Paola Rocchi, Sabina Rombaldi, Elvira Rosa, Alessandro Rossi, Augusta Rossi, Emilio Rotella, Lola Rucher, Angela Ruggiero, Silvio Russo, Angelo Salemi, Luciana Salibra, Barbara Sanna, Paola Santini, Umberto Santino, Laura Santoro, Giuseppe Saponaro, Mariangela Saponaro, Salvatore Saporito, Walter Saturni, Gioacchino Scaduto, Giuseppe Scafuri, Salvo Scalia, Fiorella Scaturro, Adele Sciacca, Elio Sciarrino, Massimo Serafini, Simonetta Seu Esaulov, Giuseppe Silvestri, Maurizio Sini, Nicola Sinopoli, Giorgio Siragusa, Armando Sorrentino, Eleonora Spallino, Ninni Spotorno, Allegra Stracuzzi, Dario Sulis, Nello Tarquini, Sandra Teroni, Marco Terrone, Nino Tilotta, Addolorata Todisco, Daniela Tonelli, Pino Toro, Franco Toscani, Gabriella Traverso, Marino Trizio, Mirella Urso, Giusi Vacca, Mauro Venditti, Chiara Venturella, Mariarosaria Venturi, Cecilia Villanova, Emanuele Vinci, Rita Vinci, Vanda Visconti, Giancarla Volpato, Giorgio Zacco, Roberto Zampardi, Mauro Zanella, Patrizia Zavataro.
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