Adesso la boccia è nelle mani del ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Spetta a lui decidere, sentiti i pareri del tribunale di sorveglianza e della procura generale competente, se Alfredo Cospito, che finalmente ha sospeso lo sciopero della fame, deve rimanere al 41-bis. Non ve ne sono le condizioni, sostiene convintamente la difesa dell’anarco-insurrezionalista. Dice l’avvocato Flavio Rossi Albertini: “Sono venute meno le ragioni della detenzione al 41-bis del mio assistito. In sostanza, è venuta meno un’altra rigidità normativa che impedisce al giudice di adottare una pena ritenuta idonea per il reo, nel caso concreto proporzionato al fatto. La Corte costituzionale riporta la qualificazione della pena in base alla riparametrazione del fatto”.
Fu l’ex guardasigilli Cartabia a spedirlo un anno fa, il 4 maggio scorso, al 41-bis, e per quattro anni in tutto. Da Perugia l’accusavano di istigare i suoi compagni in libertà a compiere attentati. E poi la Cassazione, addirittura, aveva chiesto di punirlo con l’ergastolo pur non avendo ucciso o ferito nessuno nell’attentato contro la Scuola allievi carabinieri di Fossano. Però, per quasi sei mesi, Cospito ha protestato con lo sciopero della fame (iniziato il 20 ottobre scorso) costruendo attorno a sé la solidarietà di intellettuali, giuristi, esponenti politici. “La protesta del mio assistito – dice l’avvocato Flavio Rossi Albertini – si è incentrata sui caratteri di disumanità del 41-bis. Quando ha intrapreso questa protesta, aveva individuato una sorta di diarchia: da una parte l’ergastolo ostativo, dall’altra il 41-bis”.
E alla fine una breccia si è aperta nel muro dell’indifferenza e di una violenza burocratica insopportabile. Per avere in cella la fotografia dei genitori deceduti, il sindaco del suo paese avrebbe dovuto certificare che, effettivamente, quella coppia di anziani erano i genitori di Cospito. Il 18 aprile scorso, la Corte costituzionale ha fatto decadere la norma che vincolava la Corte di assise di appello di Torino a infliggergli necessariamente l’ergastolo per l’attentato di Fossano, dove il 6 giugno del 2006 erano esplosi due ordigni senza provocare né morti né feriti.
I giudici piemontesi, secondo la Cassazione, di fronte al reato di strage politica, avrebbero dovuto condannarlo all’ergastolo per la recidività nella commissione di reati, cioè di attentati, da parte dell’anarco-insurrezionalista. Se fossero state riconosciute invece le attenuanti, Cospito avrebbe potuto evitare l’ergastolo. Ed è così che i giudici della Corte costituzionale hanno dato ragione alle tesi della difesa di Cospito, valutando che potrebbe sussistere “la non grave efficacia lesiva della condotta criminale”. Insomma, l’attentato non ha provocato vittime. Adesso, per quell’attentato alla Scuola allievi carabinieri, Cospito dovrebbe scontare venti anni. Ne ha altri dieci per la gambizzazione di Roberto Adinolfi, dirigente dell’Ansaldo nucleare, ferito a Genova nel 2012.
Con la riqualificazione della pena, Cospito ha affrontato uno dei due problemi. L’altro è il 41-bis. Il guardasigilli sta valutando l’ennesima istanza di revoca del carcere duro. Spiega ancora l’avvocato Rossi Albertini: “Oggi molte delle restrizioni applicate concretamente ai detenuti hanno perso una loro logica, assumendo un carattere meramente afflittivo, per cui non si comprende perché se si vuole impedire il rapporto tra i sodali, per esempio, si debba impedire di leggere”. Il ministro Nordio ha tutti gli elementi per cancellare il 41-bis nei confronti di Cospito. Anche gli ultimi due provvedimenti del tribunale della libertà di Perugia vanno in questa direzione: “Alfredo Cospito era inchiodato al 41-bis perché il provvedimento si fondava su alcuni presupposti legati ad alcune iniziative giudiziarie che, in realtà, si sono concluse favorevolmente per il detenuto. Cospito, dal punto di vista processuale, non istiga alla violenza con i suoi scritti”. Il suo difensore si chiede: “Se non istiga nessuno, che ci sta a fare al 41-bis?”. E come si giustificherà il ministro Nordio?