Siamo molto soddisfatti del gradimento da parte dei nostri lettori di alcuni articoli che riguardano un mondo “particolare”, quello dell’Arma e dintorni. “Particolare” nel senso che lo si pensa non direttamente affine a quella rosa di tematiche tradizionali e “naturali” delle quali debba trattare una testata esplicitamente ispirata alle idee del socialismo e dell’ecologismo. Ci siamo dunque interrogati nel nostro collettivo redazionale e abbiamo pensato di fare il punto della situazione. Non perché ci sia un bilancio da tirare, una conclusione da indicare, ma perché abbiamo compreso che molti si chiedono la ragione del dare spazio a queste tematiche piuttosto che ad altre. È un quesito del tutto legittimo, che merita una spiegazione.
Innanzitutto, c’è un piano del ragionamento molto diretto e chiaro: ci siamo occupati di un pezzo di mondo reale che non trova attenzione altrove. Ma come, starete dicendo, si parla spesso dei militari e dell’Arma! Non nel senso però in cui abbiamo cercato di farlo noi, occupandoci dello stato di salute di una istituzione che controlla capillarmente i nostri territori, drena una fetta rilevante del bilancio statale, svolge il compito di polizia giudiziaria pur avendo uno status militare ed è un organo del potere per eccellenza.
Come vengono reclutati i Carabinieri? I vertici dell’Arma parlano con la base? È vero che si tratta di una istituzione “medioevale”? Sono tematiche che si trovano difficilmente sotto i riflettori, e questo non va bene perché si tratta di una istituzione che attua il modo di essere dello Stato. Prendiamo il caso dei Forestali: un intero corpo dello Stato, vecchio di duecento anni, con grandissima esperienza nella prevenzione e conservazione dei nostri boschi, cancellato con un decreto-legge, militarizzati i suoi appartenenti (vi racconteremo dei corsi di militarizzazione a cui sono stati sottoposti), con conseguenze pesanti per i territori lasciati a se stessi.
È una realtà sconosciuta alla nostra informazione, peraltro ridotta sempre più all’osso. Ci riferiamo ai mezzi mainstream, quelli che raggiungono il grande pubblico, e che si mostrano indifferenti a indagare la concretezza della vita del paese, magari nella migliore delle ipotesi hanno poco spazio, più spesso hanno altre intenzioni. Questo primo aspetto della questione aiuta a capire il motivo per cui i nostri lettori hanno gradito gli interventi che abbiamo proposto; ma c’è poi un aspetto più profondo della questione che riguarda direttamente la grande questione democratica.
Usiamo sempre e continuamente la parola Stato, ma possono sfuggirci paradossalmente i suoi risvolti interni. Crediamo che indagare sul mondo militare possa essere di grande interesse per capire il grado di democrazia di un Paese: che rapporto c’è tra i vertici militari e la politica? L’estrema frammentazione sociale e politica, che riguarda non solo l’Italia – perché è perfettamente in linea con il contesto europeo –, da noi coinvolge uno Stato già di per sé malconcio, massacrato da interessi privati, soprattutto nel famigerato ventennio berlusconiano e, prima ancora, dai poteri occulti che ne hanno profondamente intaccato – nel corso degli anni, fin dalla fondazione della Repubblica – una integrità mai ritrovata.
Siamo nel quarantesimo anniversario dalla scomparsa della P2: credete che sia finita allora? Domandarsi cosa ci sia al di là del muro di gomma con il quale quasi sempre si manifesta il potere è importante, soprattutto per un giornale che guardi, come facciamo noi, al pensiero critico e alla prospettiva di un futuro senza élite dominanti predatorie, corrotte ed espressione di interessi privati.
La nostra democrazia è stata snervata dai poteri occulti, ma questa dimensione è stata ancora troppo poco indagata, finanche rigettata in sede storica – negli atenei solo da poco comincia a farsi largo il concetto di “strategia della tensione”. Con il nostro piccolo contributo tentiamo di evitare di disperdere ciò che abbiamo compreso degli anni passati, ai quali è necessario guardare per capire il presente.