Le parole ambientalismo e sindacato, ambiente e lavoro, sono state quasi sempre contrapposte. Negli ultimi anni, nell’immaginario politico collettivo, la rappresentazione è stata semplice (e semplificata). O si difende a tutti i costi l’occupazione, anche in caso di industrie inquinanti, oppure si difende l’ambiente senza curarsi delle conseguenze in termini di posti di lavoro persi e (almeno in alcune zone del Paese) in termini di desertificazione industriale. Poi si è scoperto che le cose non stanno proprio così, e che comunque la transizione (ovvero la grande riconversione in corso) impone un nuovo modo di affrontare il problema e nuovi occhiali per vedere.
Ambiente e lavoro possono essere perfino alleati, o comunque non nemici, riprendendo anche un grande filone culturale che si era sviluppato negli anni Settanta in Germania e in Italia, con l’esperienza delle battaglie per la riconversione dell’industria bellica e quelle del gruppo di Medicina democratica sugli ambienti di lavoro sani. Ovviamente, il mondo del secolo scorso non c’è più ed è per questo che servono, con urgenza, strumenti per il passaggio. È il senso dell’iniziativa di un pezzo del sindacato e di un pezzo consistente dell’ambientalismo italiano: la nuova “Alleanza Clima Lavoro”, presentata in Senato dalla campagna Sbilanciamoci!, della Cgil del Piemonte, dalla Fiom nazionale, insieme con importanti sigle della transizione: Kyoto club, Motus-E, Transport&Environment Italia, Legambiente, Wwf e Greenpeace. L’obiettivo principale è quello di creare un’Agenzia nazionale per la politica industriale e per la giusta transizione. Tutto all’interno della cornice del Green Deal europeo.
Strumento finanziario prioritario dovrebbe essere la Cassa depositi e prestiti, considerata lo strumento finanziario principe per sostenere e sviluppare imprese e strategie industriali. E cuore industriale della nuova proposta dovrebbe essere l’elettricità, intesa sia come elettrificazione del trasporto privato e pubblico, sia come avvio della produzione di batterie di nuova generazione per il mercato dell’automobile. Accanto a questo, nel ricco programma di proposte lanciato dall’Alleanza (vedi qui il testo integrale), è indicato anche lo spostamento del trasporto merci dalla ruota ai binari, e lo sviluppo e il massimo allargamento della cosiddetta mobilità dolce. Con la spinta soprattutto della Fiom, il sindacato dei metalmeccanici della Cgil, i promotori dell’Alleanza chiedono “un ruolo di primo piano al Tavolo sull’automotive promosso dal governo, insieme al rilancio della battaglia per il taglio di 41,8 miliardi di euro in sussidi ambientalmente dannosi”.
Il senso generale dell’iniziativa è stato spiegato durante una conferenza stampa in Senato, alla quale hanno partecipato anche i rappresentanti dei partiti di opposizione. Secondo Giulio Marcon, portavoce della campagna Sbilanciamoci! e promotore dell’inedito cartello, quelle contenute nel programma dell’Alleanza, non sono solo ipotesi strategiche credibili e innovative. “Abbiamo anche bisogno di uno scatto in avanti verso un nuovo modello economico e sociale”. Marcon spiega anche la vera missione dell’Alleanza. “Si tratta – dice – di lavorare su più piani per mettere in comune energie, conoscenze e idee per facilitare e accelerare la transizione verso un nuovo modello di sviluppo e un sistema industriale verde e rispettoso dell’ambiente, capace di tutelare i posti di lavoro e di crearne di nuovi”. In pratica, l’alleanza delle forze che si sono unite, e di cui si auspica un allargamento (“anche agli industriali che lo vorranno, anche alla Confindustria”, dice Marcon), ha intenzione di lavorare sul piano parlamentare e su quello sociale. Da una parte, essere di stimolo all’iniziativa dei partiti in tema di innovazione. Dall’altra, agire nella società per valorizzare o inventare esperienze concrete che vadano nella direzione del cambiamento ecosostenibile. Oltre quindi al “marcamento a uomo” della politica nelle sedi istituzionali, l’Alleanza organizzerà convegni, campagne di sensibilizzazione, assemble nei luoghi di lavoro dove sarà possibile, eventi nazionali, come la presentazione delle proposte dell’Alleanza nei giorni del seminario Ambrosetti a Cernobbio.
Il progetto è ambizioso e di grande difficoltà. Ma non si parte da zero, perché nell’Alleanza confluiscono risorse e intelligenze, nonché esperienze consolidate. Secondo Anna Donati, una delle pioniere della riconversione sostenibile della mobilità, e oggi coordinatrice del gruppo di lavoro Mobilità sostenibile di Kyoto Club, “il processo di transizione ecologica è necessario e urgente per le persone e per il pianeta: se ben governato può rappresentare una grande opportunità”. Ci sono anche esempi concreti, come quelli che ci vengono raccontati dal Piemonte. “A Mirafiori sono entrati quindici lavoratori slovacchi, richiesti dalle linee di produzione della Cinquecento elettrica che sta andando bene sul mercato” – racconta Giorgio Airaudo, segretario della Cgil Piemonte. E al “governo dei patrioti – polemizza il sindacalista – vogliamo far sapere che se vuole salvaguardare l’occupazione in Italia bisogna puntare sull’auto elettrica e non rallentare il passaggio ai nuovi prodotti, perché è così che si difendono i posti di lavoro, investendo sulla formazione e l’innovazione, riconvertendo le competenze, e non usando i lavoratori come scudi umani in vista delle elezioni europee. I metalmeccanici sono preoccupati e sanno che la transizione ecologica sarà sociale o non sarà, e hanno a cuore l’ambiente”.
Un’altra denuncia arriva dal segretario nazionale della Fiom, Michele De Palma, secondo il quale “le risorse che abbiamo sono poche, ed è essenziale che si concentrino sull’innovazione, sulla mobilità pubblica, sulla valorizzazione di conoscenze che altrimenti andrebbero disperse. Non possiamo permetterci di attardarci su obiettivi di conservazione dell’esistente che rischiano di spiazzarci e farci rimanere indietro, soppiantati da altri”. In questa direzione, peraltro, va anche il documento congiunto sul futuro del settore automotive siglato solo due giorni fa da Fiom, Fim e Uilm, insieme con Federmeccanica e Confindustria.
Un ruolo molto attivo, com’è naturale, lo avranno le associazioni ambientaliste, dal Wwf a Legambiente, passando per l’organizzazione storica delle battaglie per l’ambiente: Greenpeace. Ma l’elemento di novità riguarda il coinvolgimento di enti e imprese o associazioni professionali che lavorano sul terreno dell’innovazione. Tra le esperienze interessanti, quella di Transport&Environment Italia e quella di E-Motus. “L’elettrificazione della mobilità impone lenti nuove e nuove competenze – spiega Francesco Naso, segretario generale di E-Motus: “Senza interventi immediati al 2030 mancheranno in Italia oltre tre milioni di punti di ricarica elettrica, oltre a tecnici, installatori, manutentori e produttori”. “Sui giornali si parla tanto di 70mila posti di lavoro a rischio in Italia con la transizione energetica, ma non si dice che questo avverrà – come recita il Rapporto Clepa-European Association of Automotive Suppliers – se si continuerà a non fare niente. Bisogna puntare subito, finanziandoli adeguatamente, su accordi di innovazione e contratti di sviluppo. E fare un buon uso del Fondo nuove competenze, a oggi utilizzato solo come ammortizzatore sociale”.
Insomma, le idee ci sono e il percorso è appena cominciato. La strada sarà lunga e gli avversari (forse anche i nemici) saranno tanti. L’unica certezza è che si deve cominciare a creare lo schema di quella possibile alternativa che solo fino a qualche anno fa sarebbe apparsa come utopia e roba da sognatori. L’Alleanza per il clima vuole ripartire dal dialogo tra realtà e soggetti diversi.