
Da quando, prendendo a pretesto la strage del 7 ottobre 2023 a opera di Hamas, il governo israeliano di Netanyahu ha sterminato a Gaza decine di migliaia di palestinesi, lo scontro all’interno del mondo ebraico, a livello sia internazionale sia nazionale, si è fatto sempre più acceso. In Italia, ai diversi appelli di ebrei ed ebree per la pace, e di condanna del massacro in atto, le diverse comunità, in particolare quella romana, hanno reagito con toni sprezzanti e volgari, come nel caso dell’ex portavoce, Riccardo Pacifici, che ci ha tenuto a comunicare quale uso “improprio” avrebbe fatto di uno di questi documenti: quello firmato, alla fine di febbraio, da oltre duecento ebrei – tra i quali Renata Colorni, Roberto Della Seta, Donatella Di Cesare, Anna Foa, Gad Lerner, Stefano Levi Della Torre, Roberto Saviano –, stigmatizzato anche dal figlio di Liliana Segre, che definì quell’iniziativa “orribile nel giorno dei funerali dei fratellini Bibas”, strumentalizzando di fatto la tragedia dei due ostaggi per i propri fini politici. Un’altra iniziativa, ispirata a un appello analogo, è quella ospitata dal “New York Times”, promossa da appartenenti al mondo ebraico statunitense, tra cui trecentocinquanta rabbini.
Ora, alla vigilia del 25 aprile si profila un altro conflitto tra questi due mondi, che, lungi dal convivere, sembrano separati da un fossato incolmabile. A Milano sfileranno le reti Lea-Laboratorio ebraico antirazzista e Mai indifferenza-Voci ebraiche, che si riconoscono nell’appello prima citato. A questa presenza si contrapporrà, come ogni anno, quella della Brigata ebraica, che scenderà in piazza con la bandiera di Israele. Pochi sanno che questo gruppo di partigiani ebbe un ruolo marginale e tardivo (nel 1944), nella lotta al nazifascismo, anche se aiutò molti superstiti della Shoah a raggiungere in modo clandestino la Palestina. Come scrive la testata online “Contropiano”, “la Brigata ebraica rappresenta il contributo militare degli ebrei di Palestina nella Seconda guerra mondiale. Questi rimasero inattivi fin quasi alla fine del conflitto, lasciando che si consumasse l’orrore della guerra e dell’Olocausto, senza intervenire”.
A sostenere il “mondo del dissenso”, sono intervenute recentemente, a livello internazionale, due iniziative importanti da parte di realtà istituzionali e di movimento. A febbraio, dopo l’appello di New York, cinquecento ebrei australiani firmavano una petizione contro l’idea del presidente Trump di deportare la popolazione di Gaza in un luogo non definito. Ma il fatto più importante riguarda la pubblicazione, lo scorso 20 aprile, nel “Financial Times” di una lettera di decine di attuali ed ex membri del Comitato degli ebrei del Regno Unito, la massima organizzazione della comunità ebraica britannica, in cui si condanna con fermezza la guerra a Gaza e le violenze in Cisgiordania. “L’anima di Israele è stata dilaniata” – sostengono gli esponenti del Comitato, che mettono altresì in guardia il mondo ebraico dai gravissimi danni che la politica violenta contro i palestinesi, da parte del governo dello Stato ebraico, sta provocando alla democrazia israeliana, manifestando solidarietà nei confronti delle centinaia di migliaia di cittadini e cittadine che si battono contro il governo di estrema destra, e dolore per la perdita di vite palestinesi. “Scriviamo – sostengono i firmatari – in qualità di rappresentanti della comunità ebraica britannica, spinti dall’amore per Israele e dalla profonda preoccupazione per il suo futuro”.
Un cruccio condiviso da Anna Foa, ex docente di Storia moderna alla Sapienza di Roma, nel suo recente saggio Il suicidio di Israele (vedi qui la nostra intervista). Foa ha apprezzato questa presa di posizione da parte di rappresentanti istituzionali del mondo ebraico del Regno Unito. “L’appello – ha scritto sul quotidiano “La Stampa” – dei rappresentanti del Consiglio dei deputati, l’organo ufficiale degli ebrei britannici, pubblicato sul ‘Financial Times’ rappresenta un elemento di novità e di speranza nel panorama terribile della guerra di Israele contro i palestinesi di Gaza. È la prima volta che rappresentanti ufficiali dell’ebraismo intervengono su questo tema e condannano apertamente la politica del governo israeliano”. Come abbiamo detto, le istituzioni ebraiche in Italia, nella migliore delle ipotesi, hanno ignorato la lettera e, nella peggiore, riempito di insulti coloro con cui dovrebbero avviare quanto meno un’interlocuzione. Questa lettera – sottolinea ancora Foa – “ricorda le proteste dei grandi intellettuali ebrei del secolo scorso contro le violenze delle guerre del 1948 e del 1967, da Einstein alla Arendt a Jeshaiahu Leibowitz”.
Come questo fermento sia stato recepito dalla politica italiana è presto detto. Le forze di governo sono schierate con il governo di Israele, in un contesto internazionale dove le destre peggiori, e con profonde radici nell’antisemitismo, stanno dalla parte del peggior governo dello Stato ebraico. Tra le file dell’opposizione, clima diverso, ma con non poche criticità. Dopo la presentazione, una settimana fa, di una mozione firmata da Elly Schlein, Giuseppe Conte, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, in cui è stata espressa – pur evitando l’uso di alcuni termini come “genocidio” – una condanna netta della politica israeliana a Gaza e in Cisgiordania, immediatamente l’associazione Sinistra per Israele, composta prevalentemente da esponenti del Pd e di Italia viva, ha risposto con affermazioni inquietanti, come quelle di Piero Fassino, che di fatto hanno giustificato il massacro di Gaza. Esprimendo, come se non bastasse, solidarietà all’eurodeputata Pd Pina Picierno (vedi qui), che si è recentemente incontrata con esponenti di un’associazione vicina ai coloni estremisti israeliani. Un mondo sconcertante, interno al Nazareno, che, al sostegno all’ebraismo democratico, preferisce un governo criminale di estrema destra.