
I contenuti del nuovo “decreto sicurezza”, troppo importanti per il governo per essere affidati a un disegno di legge ordinario, soggetto alle pur pallide battaglie parlamentari, esprimono il bisogno di questa classe dirigente di conservare gli equilibri sociali esistenti. Le norme più significative sono tese a impedire nuove forme di conflittualità che stanno maturando nella società, portato inevitabile della crisi sociale o conseguenza di politiche fortemente orientate ad aumentare la divaricazione della ricchezza.
Un rapido quadro di sintesi: il provvedimento si compone di trentaquattro articoli, dalla stretta sull’accattonaggio alle aggravanti per le truffe agli anziani, dagli sgomberi lampo per le case all’autorizzazione per gli agenti dell’intelligence, sotto copertura, a dirigere gruppi terroristici, dalla restrizione sulla coltivazione della canapa al sostegno economico per le spese legali di agenti e militari che affrontano procedimenti penali. Scritto in clima congressuale leghista, dunque fortemente improntato all’idea securitaria di Salvini, il testo del decreto non va letto solo come la concessione a un alleato, esso è un manifesto dell’idea di società della destra: per esempio, la norma che di fatto mette in ginocchio un intero settore produttivo virtuoso, quello della canapa industriale (23mila posti di lavoro in fumo), oltre che stupido in sé, aderisce a un modello reazionario di società che non consente di far circolare la parola “canapa” neanche quando è priva del principio attivo che dà effetti psicotropi (il ministro Piantedosi ha parlato di apertura, per via di una timida norma che deroga al divieto assoluto sulla canapa industriale circoscritto al florovivaismo professionale, ma l’impianto resta proibizionista e oscurantista sulla cannabis light). O ancora, sulle detenute madri, questione che riguarda una ventina di donne in tutta la penisola, ma che è ad alto tasso identitario (è la norma “anti-zingare incinte”, come la chiama Salvini, senza accenno di vergogna); il richiamo di Sergio Mattarella è servito a cancellare l’obbligo di rinvio della pena, trasformato in facoltativo, ma resta la custodia negli Icam (Istituti a custodia attenuata per detenute madri), che sono carceri a tutti gli effetti.
Di più Mattarella non poté, ottenendo con la sua moral suasion (voci nei palazzi lo descrivono imbufalito più che indignato) che gli immigrati potranno avere una scheda Sim per telefonare mostrando “solo” la carta d’identità, e poi la cancellazione dello schifo sui funzionari pubblici trasformati in spie: il pio sottosegretario Mantovano (delegato alla sicurezza) rinuncia per il momento alla sua polizia politica, ma le spie infiltrate potranno però guidare gruppi terroristici o criminali: inaudito slittamento verso forme di Stato illegale.
La parte più corposa del testo, che fa essere veramente orgogliosa Giorgia Meloni e i suoi uomini al comando, riguarda alcune norme indigeribili per una cultura giuridica democratica, incline a garantire il conflitto sociale: sulla sicurezza urbana si introduce un nuovo reato contro le occupazioni abusive di immobili, con la procedibilità d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di persona incapace per età o per infermità, o su immobili pubblici o a destinazione pubblica; nel caso di occupazione di abitazioni, la pena sarà la reclusione da due a sette anni; si inaspriscono le pene per reati commessi in ambito urbano, con una nuova circostanza aggravante per i delitti non colposi contro la vita e l’incolumità pubblica e individuale, contro la libertà personale e contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, qualora commessi all’interno o nelle immediate adiacenze delle stazioni ferroviarie e delle metropolitane, o all’interno dei convogli adibiti al trasporto passeggeri; si aggrava anche la pena per il reato di danneggiamento in occasione di manifestazioni pubbliche; si estende il cosiddetto Daspo urbano a coloro che risultino denunciati o condannati, anche con sentenza non definitiva, nel corso dei cinque anni precedenti, per delitti contro la persona o contro il patrimonio commessi nelle aree interne e nelle pertinenze di infrastrutture ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano; si estende l’arresto in flagranza riferito al reato di lesioni personali gravi o gravissime a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico, commesso in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico; si eleva a delitto l’illecito amministrativo per blocco stradale, con la pena della reclusione fino a un mese e la multa fino a trecento euro, se il fatto è commesso da più persone, la reclusione va da sei mesi a due anni; pene più severe per chi truffa gli anziani (pene da due a sei anni e multa da settecento a tremila euro, che non ridurranno le intenzioni dei criminali, in questi casi difficili da acciuffare); si introducono misure di contrasto alla delittuosità molesta urbana con l’aumento della pena per l’induzione all’accattonaggio, per l’impiego di minori sino a 16 anni, e con un’aggravante se il fatto è commesso con violenza o minaccia; si introduce il nuovo reato di “rivolta all’interno di un istituto penitenziario”, che punisce le condotte di promozione, organizzazione o direzione e partecipazione a una rivolta consumata all’interno di un istituto penitenziario, o nei centri di trattenimento per migranti irregolari, da tre o più persone riunite, mediante atti di violenza o minaccia, tentativi di evasione o atti di resistenza anche passiva che impediscono il compimento degli atti d’ufficio o del servizio necessari alla gestione dell’ordine e della sicurezza. Si inasprisce la pena per chi istiga alla disobbedienza delle leggi se il fatto è commesso all’interno di un istituto penitenziario, o mediante scritti o comunicazioni diretti a persone detenute.
Questo è il quadro generale di un provvedimento che punisce severamente il dissenso, tratta i detenuti come rivoltosi anche se resistono passivamente a un ordine di un poliziotto – non è specificato ordine “legittimo” – e suggella la stretta repressiva con il rafforzamento delle tutele legali delle forze dell’ordine; anche se non si tratta delle coperture totali iniziali, che costano troppo, i torturatori di Stefano Cucchi o i loro simili potranno contare su diecimila euro in più in ogni fase del procedimento.
Si apre ora uno scontro già partito dalla piazza (per esempio dal Pantheon, a Roma, venerdì 4 marzo), come pure dall’indignazione dell’Associazione nazionale magistrati, i cui nuovi vertici, pur politicamente più moderati dei precedenti, non hanno lesinato critiche – “messaggio inquietante”, ha detto il presidente Parodi –, dalle proteste delle forze di opposizione, che però ora avranno a disposizione tempi ridotti per la loro tattica parlamentare. Si troveranno infatti di fronte a una destra che non apre bocca nelle commissioni e in Aula, evitando qualsiasi confronto, in attesa che scatti la tagliola del dibattito e l’ennesimo decreto vergogna sia legge. A quel punto anche Mattarella non potrà che controfirmare, magari imprecando.