
A enfatizzare la sensazione di trovarsi sull’orlo di un burrone geopolitico e climatico, è arrivata la “Strategia dell’Unione europea in materia di preparazione per prevenire e reagire alle minacce e alle crisi emergenti”, presentata il 26 marzo a Bruxelles. Si tratta di una risposta a eventi che hanno caratterizzato gli ultimi anni, come la pandemia, i devastanti incendi in diverse regioni di Europa e l’invasione russa dell’Ucraina, che hanno dimostrato quanto sia fondamentale una reazione tempestiva e ben coordinata per minimizzare i danni e salvare vite umane. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha sottolineato che l’Unione dovrà fare affidamento su una serie di misure di prevenzione e allarme: “Le nuove sfide richiedono un livello di preparazione senza precedenti. Abbiamo bisogno degli strumenti giusti per agire anticipatamente e reagire rapidamente quando si verificano disastri. Gli Stati membri, i nostri cittadini e le imprese devono poter contare su sistemi di allerta precoce e piani di azione ben definiti per rispondere a emergenze di varia natura”.
Volta a rafforzare le capacità di reazione e preparazione nei confronti di future circostanze critiche, la strategia affronta le insidie più varie: dagli attacchi informatici alle emergenze nucleari, dalla disinformazione alle minacce chimiche, biologiche e radiologiche. Il piano si basa su tre pilastri fondamentali: il primo riguarda la creazione di centri specializzati. Come riportato da “The Guardian”, prevede una vera e propria “riserva strategica” di attrezzature mediche, sistemi di trasporto e altre risorse fondamentali, distribuite in modo capillare in tutto il continente.
Un secondo punto è rappresentato dall’incremento della prevenzione in aree particolarmente vulnerabili, come le zone soggette a inondazioni o incendi. Tra le misure concrete, vi è la creazione di un hub di crisi dell’Unione, per garantire una migliore integrazione tra le strutture esistenti a livello comunitario e nazionale. Si mira a perfezionare ciò che veramente manca all’Europa, ossia il coordinamento tra gli Stati membri che, di fatto, proseguono ognuno per la sua strada.
Infine – e qui casca l’asino – il terzo punto del piano strategico si concentra sulla preparazione individuale dei cittadini, riferendosi alla promozione di una cultura della sicurezza. “Essere consapevoli dei pericoli e prepararsi ad affrontarli non significa seminare il panico, ma, al contrario, evitare comportamenti irrazionali”, ha dichiarato la commissaria europea per la Gestione delle crisi, Hadja Lahbib, durante la conferenza stampa di presentazione della strategia. “Ricordate le scene di persone che affollavano i supermercati per comprare carta igienica durante la pandemia? Questo non le avrebbe protette dal virus. Essere preparati, invece, significa sapere come reagire, chi contattare e cosa fare in situazioni di emergenza”.
Se questo è l’obiettivo, diventa allora cruciale il modo in cui viene comunicato agli interessati. Ciò che abbiamo visto, nel video prodotto da Hadja Lahbib, è caratterizzato invece da un’ironia maldestra, condita da frasi a schermo intero, tipica dell’epoca social, accompagnata da una musichetta degna di un film di Stanlio e Ollio, che schernisce il pubblico. A un primo sguardo, sembrerebbe la promozione di un’influencer alle prime armi, che mostra come fare la beauty routine, e non il messaggio di un’esponente della Commissione europea che spiega alla popolazione cosa portare con sé in caso di emergenza. Anche questo, come altri contenuti che stiamo vedendo in questo periodo, ha il gusto amaro della beffa. Se, come sottolineato da Hadja Lahbib, lo scopo non è creare panico, ma diffondere un senso di serenità e sicurezza, il tono volutamente ironico ha tutt’altro effetto. Volendo normalizzare e restituire come quotidiane azioni proprie di eventi tragici, come guerre e catastrofi climatiche, si rischia di rendere digeribili le emergenze stesse.
La paura, di per sé priva di senso critico, fa dimenticare che la guerra ha cause sociali ed economiche, e che i disastri climatici sono una diretta conseguenza delle emissioni di CO2; l’emergenza rende ciechi davanti alla possibilità di non sopravvivere. Non dobbiamo pensare che la sensazione di vivere sul ciglio di un burrone sia la normalità, altrimenti diventa più facile far leva proprio sulla paura per fare approvare leggi repressive (come vediamo in Italia con il disegno di legge “Sicurezza”), o per rendere accettabili misure per la difesa che vanno a intaccare altri settori cruciali per le cittadine e i cittadini (ne ha parlato qui su “terzogiornale” Paolo Andruccioli).
Tanti hanno stabilito un parallelo tra quanto sta accadendo oggi e il preludio del primo conflitto mondiale del Novecento. Effettivamente, nei famosi corsi e ricorsi storici, sembra di trovarsi nuovamente nel 1914, quando, dopo l’attentato di Sarajevo, né Russia né Germania, né tanto meno gli inglesi, si dicevano pronti alla guerra, ma si gridava tutti alla difesa, per finire poi nel massacro delle trincee.
Tornando al video, è paternalistico il tono in cui – dopo avere mostrato elementi banali come acqua, viveri e documenti d’identità – Hadja Lahbib ci dice, sorridendo, di portare le carte da gioco: così, per dimenticarci un attimo dell’atrocità di ciò che staremo vivendo… È agghiacciante. Ricorda quando, negli Stati Uniti degli anni Cinquanta, non era strano per bambini e bambine vedere cartoni animati “Duck and Cover”, prodotti dal governo, in cui si indicava come mettersi in salvo in caso di attacco atomico, come se fosse un gioco. Questo tipo di comunicazione non solo prende per più bassa della media l’intelligenza degli europei, ma avalla e condisce di una leggerezza quotidiana la possibilità di eventi estremi che andrebbero fortemente evitati.
Gli avvertimenti delle autorità non dovrebbero essere digeribili al pari delle pubblicità di polizze assicurative: dovrebbe esserci, prima di tutto, una presa di responsabilità dell’Unione europea verso i propri cittadini. Durante la pandemia, vedevamo ogni giorno, da dietro una scrivania, il presidente del Consiglio dell’epoca parlarci delle misure da attuare. Bisogna ritrovare la serietà e la comunicazione nella complessità, basta meme, tweet e videoisterici. Il rischio è che il messaggio venga minato dalla sua stessa forma: prepararsi a una crisi non è qualcosa che si riduca a un hashtag o a un post sui social. Sembra che ogni situazione critica sia trattata come la scena di un film pubblicitario, in cui la “serenità” promossa da Lahbib, seppure lodevole negli intenti, si scontra con la superficialità della sua comunicazione. Le crisi non si affrontano con ironia o frasi fatte su TikTok. La realtà impone che il messaggio sia chiaro, preciso e, soprattutto, serio. Prima di farci il tutorial su come sistemare lo zainetto, la Commissione europea dovrebbe trasmettere fiducia e dare garanzie, rassicurando, prima di tutto, sul fatto di essere proprio loro le persone adatte a gestire le crisi.