
Il governo Meloni si vanta del calo dei numeri di sbarchi dei migranti e della sua “efficace” politica di “deterrenza”. Dal primo gennaio scorso al 24 marzo, si legge sul sito web del Viminale, sono sbarcati 8.971 migranti (erano 20.364 nello stesso periodo del 2023). Mentre il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, esprimeva il giudizio positivo sull’efficacia della sua politica, con una intervista alla “Stampa”, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim, un organismo dell’Onu) lanciava l’allarme: “Il 2024 è stato l’anno più letale mai registrato: 8.938 migranti sono morti lungo le rotte migratorie”. Nel solo Mediterraneo, i morti accertati (ma qual è il numero reale dei migranti morti tentando di raggiungere la meta del loro viaggio?) sono stati 2.452, in Asia 2.778, in Africa 2.242, nelle Americhe 1.233. Presentando questi numeri, la vicedirettrice generale per le operazioni Oim, Ugochi Daniels, ha commentato: “L’aumento delle morti in tante regioni del mondo dimostra la necessità di una risposta internazionale che possa prevenire ulteriori tragiche perdite di vite umane”.
Il Rapporto mondiale sulle migrazioni 2024, presentato dall’Oim, stima in 281 milioni i migranti a livello globale, a cui si devono aggiungere 117 milioni di persone in fuga da conflitti, violenze, disastri ambientali. Insomma, una persona su trenta nel mondo è migrante. Fenomeno epocale, dunque. Amy Pope, direttrice generale dell’Oim, spiega che “il Rapporto sulle migrazioni aiuta a demistificare la complessità della mobilità umana attraverso dati e analisi basati sull’evidenza”.
Quali i dati e quali le tendenze di questo fenomeno? Il Rapporto Oim sottolinea che la migrazione internazionale “rimane un motore dello sviluppo umano e della crescita economica, come dimostra l’aumento di oltre il 650% delle rimesse internazionali dal 2000 al 2022, passate da 128 a 831 miliardi di dollari”. “Di questi 831 miliardi di rimesse, 647 sono stati inviati dai migranti nei Paesi a basso e medio reddito”. Colpisce un altro dato sottolineato nel Rapporto: “La maggior parte delle migrazioni sono regolari, sicure e orientate a livello regionale, direttamente collegate a opportunità e mezzi di sussistenza. Tuttavia, la disinformazione e la politicizzazione hanno offuscato il discorso pubblico”.
Davvero miope la politica securitaria e repressiva delle destre (da Trump a Meloni), incapaci di governare i flussi di immigrazione che producono ricchezza e quote consistenti di prodotto interno lordo (Pil) nei Paesi interessati agli stessi flussi migratori. Certo, c’è anche l’immigrazione irregolare che andrebbe aiutata a emergere dalla clandestinità. Occorrerebbero risorse per un percorso formativo nel mercato del lavoro e nell’istruzione (come i corsi di lingua) da offrire ai migranti. E invece si criminalizza questa realtà.
Un focus sulle migrazioni internazionali del Cespi (Centro studi di politica internazionale) si sofferma sulla “femminizzazione della migrazione internazionale”. Emigrano più donne per ricongiungersi con i propri uomini, e anche per soddisfare l’offerta di lavoro nei segmenti più bassi dello stesso mercato del lavoro. Insomma, “le donne migrano in maniera indipendente per motivi educativi, professionali e personali”. Il problema per l’Europa è che c’è una urgenza di soddisfare offerte di lavoro per le donne nei settori dell’assistenza e degli operatori sanitari. E questo perché l’Europa invecchia sempre più.
Nel Rapporto Ocse del 2023, si riportano i dati sulla regolarizzazione dei migranti in Italia nel 2022: 131.300 sono stati i permessi per motivi familiari; 64.200 per motivi di lavoro; 44.300 per il diritto alla libera circolazione; 25.700 per motivi umanitari. E infine duemila sono stati gli ingressi di lavoratori stagionali. Eppure, la destra che governa in molti Paesi europei alimenta i fenomeni xenofobi e razzisti. Il commissario europeo per gli Affari interni e la migrazione, l’austriaco Magnus Brunner, getta benzina sul fuoco: “Non è accettabile che oggi, nei Paesi dell’Unione, solo uno su cinque degli irregolari venga rimpatriato”.
È cambiato il vento in Europa. Il governo italiano si rende conto del bisogno di attrezzare nuovi centri di permanenza per il rimpatrio e mal sopporta il “congelamento” dei due centri aperti in Albania, non operativi per decisione della magistratura. In Italia, erano tredici i Centri di permanenza per il rimpatrio nel 2013, con circa 1.900 posti letto. Nel 2022, i Centri si sono ridotti a nove, e possono ospitare circa mille migranti irregolari. Annuncia il ministro dell’Interno, Piantedosi: “L’Italia ha l’obbligo, nel giugno del 2026, di farsi trovare pronta con circa ottomila posti disponibili come Paese di prima frontiera, per trattare le procedure accelerate di frontiera”.