
La scuola, com’è noto, è un microcosmo che riflette la società, un luogo in cui si intrecciano storie, emozioni, difficoltà, sogni e speranze. Vi si formano caratteri, valori e relazioni. Eppure, troppo spesso, la narrazione sulla scuola è monopolizzata da chi non la vive direttamente, con il rischio di trasmettere una visione distorta della realtà, semplificata o addirittura errata. Il dibattito sulla scuola è animato da politici, esperti o semplici osservatori. Si parla di scuola quando a dominare la scena è un fatto di cronaca, facendo di storie isolate esempi universali nell’immaginario collettivo.
Funziona così da molto tempo. A chi non è capitato di leggere articoli e libri sulla scuola, spesso anche interessanti, e poi scoprire che l’autore poco c’entra con quel mondo, perché fa altro nella vita? Perché molti si permettono di parlare di scuola senza esserne parte? In altri ambiti, poniamo in quello medico o ingegneristico, la discussione tende a essere più specializzata, basata su prove scientifiche e tecniche, meno influenzata da opinioni generali o superficiali. Nel caso della scuola, invece, c’è una sorta di “percezione universale” che fa sì che tutti possano parlare di educazione, perché ognuno ha vissuto un’esperienza scolastica. In ambito educativo, la scuola viene vista come un “bene comune” che tutti possono commentare, indipendentemente dalla loro esperienza diretta e recente. Lo scollamento tra teorie pedagogiche e contesti educativi così si fa sempre più ampio. Se chi crea politiche educative non ha conoscenza e comprensione profonda del contesto, il rischio è quello di proporre soluzioni che non solo non risolvono i problemi esistenti, ma rischiano anche di appesantirne le difficoltà.
L’idea di costruire teorie attraverso un processo induttivo è invece interessante, e potrebbe rappresentare una proposta e una svolta. Osservare casi particolari, per giungere a leggi generali, può essere un approccio potente applicato alla didattica e alla ricerca. Se gli insegnanti, anziché lasciarsi schiacciare dalla burocrazia, si dedicassero a fare ricerca, potrebbero osservare e raccogliere dati concreti sul comportamento degli studenti, sull’efficacia dei metodi didattici, sulle dinamiche di classe. In questo modo, i favolosi e fantomatici esperti potrebbero evitare di emettere sentenze e fornire consigli quasi sempre non richiesti.
Il seminario “Scuola, dove vai?”, che si terrà il 28 marzo a Roma (sarà possibile seguirlo online), si preannuncia come un’occasione interessante per provare a riflettere sul presente e sul futuro del sistema scolastico. Il fatto che saranno a confronto sei docenti di liceo e un preside rappresenta un’opportunità di dialogo interdisciplinare, tra soggetti che vivono quotidianamente la scuola. Il titolo stesso, con la domanda che pone, spinge a interrogarsi su come stia evolvendo l’educazione e quale direzione stia prendendo. Quello del confronto è un metodo di lavoro, per costruire conoscenza e affrontare le innumerevoli sfide educative.
L’introduzione al seminario è affidata alla sottoscritta, mediante due spunti: il primo è ispirato al saggio di Simmel Arte e civiltà; il secondo sottolinea l’importanza di acquisire competenze logiche per riuscire a distinguere le opinioni dai fatti. Le relazioni si concentrano su vari aspetti dell’educazione: Giuseppe Bagni auspica che le scuole diventino centri civici per il territorio; Osvaldo Di Cuffa interviene sulla necessità di rivedere il rapporto docente-studente; Maria Diviccaro invita a riflettere sul futuro della scuola; Cristina Farneti esplora le difficoltà dei docenti tra modelli ideali e reali; Alfredo Panerai recupera la lezione del Marcuse di Eros e civiltà.
La seconda parte del pomeriggio si sviluppa come un dialogo aperto, cuore pulsante dell’evento. L’interazione reciproca è l’ingrediente principale per rinnovare il senso di comunità e di appartenenza. È infatti dalla diversità di pensiero che può nascere la forza di una collettività viva e dinamica, capace di affrontare le sfide e aprire la strada a nuove possibilità.
Seminario a Roma, venerdì 28 marzo, dalle ore 16.30 alle 18.30, nella sede della Fondazione per la critica sociale, via Amerigo Vespucci, 38. Link per la connessione: https://zoom.us/j/93985789340