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Non sapremo mai esattamente come sono andate le cose, perché in una guerra, anche senza le armi, la prima vittima è la verità, ma di sicuro in Romania il confitto tra europeisti e filorussi è ai massimi livelli. Il candidato nazionalista, Calin Georgescu – già in testa con il 22% al primo turno delle elezioni presidenziali dello scorso 24 novembre, risultato poi annullato dalla Corte costituzionale (vedi qui e qui), il che ha comportato la cancellazione del ballottaggio dell’8 dicembre e la decisione di richiamare l’elettorato al voto, il 4 e il 18 maggio – è stato arrestato per poi essere rilasciato e sottoposto a controllo giudiziario per sessanta giorni. L’accusa:abusi nel finanziamento della campagna elettorale e sostegno a gruppi di estrema destra filorussi, acerrimi nemici dell’Unione europea e della Nato. Tradotto, si sarebbe reso responsabili di reati quali l’“incitamento ad azioni contro l’ordine costituzionale, diffusione di false informazioni e false dichiarazioni”: tutti commessi nel corso della campagna elettorale.
Durante le perquisizioni messe in atto dalla polizia nella casa del leader populista e della sua guardia del corpo, Horațiu Potra (oltre che nelle regioni di Sibiu, Mureş, Timiş, Ilfov e Cluj), è stato trovato un arsenale degno di un battaglione e un milione di euro in contanti. Tutto è avvenuto mentre Georgescu si stava recando a presentare i documenti per poter partecipare alle prossime elezioni. A differenza del presidente filorusso della Georgia, ex calciatore con un diploma di scuola media in tasca, l’aspirante capo dello Stato rumeno ha una biografia di tutto rispetto che, in particolare negli anni Novanta, non lasciava presagire assolutamente uno sviluppo di questo tipo. Mentre ancora regnava a Bucarest il leader comunista Nicolae Ceaușescu, Georgescu – che non era mai stato vicino al regime – si laureava in Scienze agronomiche e in veterinaria, acquisendo in seguito ulteriore esperienza negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Nella sua vita politica e professionale, si è dedicato anche a temi ambientali e relativi allo sviluppo sostenibile, ricoprendo incarichi governativi di consulenza e istituzionali, oltre ad aver presieduto,tra il 1992 e il 1996, l’associazione Gioventù ecologista di Romania e, dal 2000 al 2011, il Centro nazionale per lo sviluppo sostenibile (Cndd) di Bucarest, all’interno di un Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile.
Negli anni Venti è cominciata la sua deriva verso destra, con dichiarazioni nostalgiche nei riguardi del generale e criminale di guerra, Ion Antonescu, alleato dei nazisti durante la Seconda guerra mondiale e, in precedenza, protettore della famigerata formazione nazifascista Guardia di ferro. L’uomo ha dunque conosciuto, nel tempo, una deriva fascistoide e antidemocratica, che indubbiamente mette a rischio la democrazia rumena. Ma – domanda che appunto ci siamo già posti – l’operato delle istituzioni del Paese va nella giusta direzione? E fino a che punto le notizie diffuse corrispondono alla verità?
Sicuramente, in questo complicato e pericoloso percorso qualcosa non è andato per il verso giusto. “L’impressione – dice Septimius Parvus, analista di Expert Forum (think tank con sede a Bucarest), in un’intervista rilasciata all’“Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa” – è che il Psd (Partito socialdemocratico) e il Pnl (Partito nazional-liberale), entrambi al governo, abbiano cercato di piegare la gestione della consultazione a proprio vantaggio, in un’ottica strumentale”. “Tutto ciò – aggiunge Parvus – ha creato un sentimento di insoddisfazione trasversale tra i cittadini, acuito con le presidenziali di novembre. Qui, prima è stata esclusa la candidata Şoşoacă (esponente del partito di estrema destra Sos Romania, ndr), poi si sono annullate le elezioni sulla base di un report dei servizi segreti che segnalava attacchi informatici al sito della commissione elettorale, influenze russe, e una campagna di finanziamento illegale nonché promozioni illecite sui social a favore di Georgescu”.
Sulle conseguenze di questo annullamento del processo elettorale si interroga anche la ricercatrice dell’Ispi (Istituto studi politiche internazionali), Serena Giusti, secondo cui “tale sentenza potrebbe non rimanere un unicum, diventando un monito per la Russia (che respinge ovviamente al mittente le accuse, ndr) e altri attori, scoraggiandoli dall’intraprendere azioni di disturbo nei processi elettorali”. “Il rischio però – sottolinea Giusti – che la definizione di interferenza esterna possa aprire a interpretazioni soggettive in altri contesti, e possa essere usata strumentalmente, non è trascurabile”.
Altro elemento importante è il ruolo giocato dalle nuove tecnologie nella propaganda elettorale: “Siamo forse di fronte – aggiunge Parvus – al primo caso di elezioni annullate per ragioni in cui le nuove tecnologie di propaganda hanno avuto un ruolo preponderante. Purtroppo, non abbiamo un quadro sufficientemente chiaro per capire la rilevanza e il peso giocato da tali elementi nell’influenzare il processo di voto, ma le elezioni rumene sollevano questioni cruciali per la democrazia di tanti altri Paesi. Di certo, però, il modo in cui sono state gestite non rappresenta un caso di successo”.
Difficile prevedere che cosa accadrà nelle prossime settimane e mesi riguardo alla candidatura di Georgescu. Pensare che, dopo quella che molti hanno definito una persecuzione orchestrata da Bruxelles, il leader dell’estrema destra rumena possa continuare a essere tra i candidati alla massima carica dello Stato appare quasi inverosimile. Ma una sua definitiva esclusione potrebbe anche configurarsi come una sorta di colpo di Stato, visto che lascerebbe in corsa per la presidenza della Repubblica solo candidati delle forze politiche governative, in crisi di consenso a causa di una situazione economica problematica – la Romania ha un’inflazione sempre più alta ed è il Paese dell’Unione con il più elevato tasso di persone a rischio povertà. La mancanza di un rappresentante dell’opposizione potrebbe essere una fonte di grave instabilità, stavolta però – a differenza della Georgia e della Moldavia (vedi qui, qui e qui) – tutta interna a un’Unione in fibrillazione dopo l’arrivo alla Casa Bianca di Trump, sostenitore indiscusso, con Vance ed Musk, dell’estrema destra filorussa in Europa. Reati a parte, per gli europeisti, in Romania, sarebbe meglio sfidare questo mondo imbarazzante nelle urne, piuttosto che trasferire lo scontro nelle aule dei tribunali.