
C’è una variante degli scacchi che si gioca, in genere, dopo qualche bicchiere di troppo, in cui bisogna a tutti i costi cercare di perdere, dato che chi perde vince. Così si immolano pezzi in pasto all’avversario, e si cerca di mettere il proprio re nelle caselle più sfavorevoli della scacchiera perché venga intrappolato. Qualcosa di simile viene alla mente se si riflette sul percorso che ha condotto a Genova all’individuazione come candidata sindaca di Silvia Salis, ex lanciatrice di martello, poi vicepresidente vicario del Coni, oggi nelle grazie del potente Giovanni Malagò, che del Coni è presidente.
Certo, l’orologio da tempo ticchettava minaccioso, mentre rapidamente scorrevano i giorni che mancano alla prossima tornata elettorale prevista per il 18 maggio. Da tempo era stata confermata dal centrodestra la candidatura del vicesindaco, ora reggente, Pietro Piciocchi, antropoide disciplinato, mansueto e di poco sale, che, per andare a ricevere l’investitura definitiva a Roma dai vertici della sua area, secondo quanto si vocifera, pare che si sia comprato un paio di scarpe nuove.
Ma ancora nessuna indicazione giungeva dal centrosinistra. In una folle girandola, nelle ultime settimane, si erano alternate ed erano state bruciate numerose candidature, sottoposte a un fuoco incrociato da parte di diversi potentati interni. Ora è finalmente giunta la designazione di Salis, vicina a Italia viva, quindi in quota Renzi. L’autrice del libro La bambina più forte del mondo, cui è stata recentemente conferita la prestigiosa onorificenza di “commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica italiana” – nominata inoltre, proprio dall’ex sindaco Bucci, “ambasciatrice di Genova nel mondo” –, si è presa una mezza giornata per riflettere, poi ha accettato la candidatura.
Il suo nome, tirato fuori dal cilindro dei prestigiatori di turno, ha destato sorpresa e sconcerto in città. La candidata “civica” è infatti sconosciuta ai più, e poco nota anche negli ambienti della politica di mestiere, dato che la sua ascesa nell’ambito della dirigenza sportiva ha seguito principalmente filiere romane. C’è chi maligna che la scelta sia caduta su una figura estranea alla politica ufficiale per mettere a tacere malumori e riunioni un po’ troppo tese delle sezioni del Pd locale intorno alla questione della scelta dei candidati. Certo è che, dopo tanto parlare di partecipazione e di costruzione dal basso dei profili dei candidati, alla fine della favola, a tre mesi dalle elezioni, si materializza qualcuno che giunge praticamente da un altro pianeta. I circoli Pd lamentano la “zero condivisione”, e anche l’ex ministro Andrea Orlando e i suoi, fronda del partito, esprimono perplessità a fronte di una “candidata calata dall’alto”.
Il centrodestra intanto se la ride, gira per i quartieri a fare propaganda, e nei sondaggi continua a recuperare punti, nonostante la figura incolore del suo aspirante sindaco, una sorta di Doppelgänger spettrale di Bucci. Il rischio che si ripeta la grottesca vicenda delle regionali, perse partendo da sette punti di vantaggio nei sondaggi, è tutt’altro che remoto. Tra l’altro, i 5 Stelle hanno manifestato apertamente malumore prima di esprimere il loro sostegno, e qualche elettore di sinistra potrebbe optare per l’outsider Filippo Biolé, avvocato e uomo di cultura, terzo incomodo che corre da indipendente, con una lista civica.
Ma da dove è mai scaturito il nome di Silvia Salis? Dopo una lunga serie di veti, che hanno tolto di scena figure note e perfettamente presentabili, poteri vecchi e nuovi della sinistra genovese avrebbero deciso di convergere su di lei per tagliare corto, visto che il tempo ormai stringeva. La candidatura Salis, nella sua apparente “terzietà”, è servita probabilmente a placare le faide interne che paralizzavano la designazione di una personalità di rilievo. Una scelta che non convince, sia per quella che appare una modesta consistenza del profilo culturale e politico della sportiva, sia per le questioni complesse con cui si troverà a confrontarsi il futuro sindaco.
La città è a una svolta, stretta tra una crisi economica di nuovo incombente, alle prese con un declino demografico inarrestabile, e con la necessità di decidere su una serie di ambiziose e discusse opere pubbliche avviate dalla giunta precedente, e ferme al palo, o procedenti con drammatica lentezza come la nuova Diga Foranea (vedi qui). Anche il famoso asse auspicato con Milano – “facciamo di Genova un quartiere di Milano”, ebbe a dichiarare Marco Bucci – per ora non dà segno di attivarsi, se non per la presenza di qualche immobiliarista milanese alla ricerca di affari facili. Anzi, sono i genovesi che ogni giorno ripopolano il capoluogo lombardo, con circa 1500 lavoratori pendolari, quasi tutti altamente qualificati, che partono con i treni del mattino per rientrare la sera.
Un eventuale sindaco di centrosinistra si troverebbe ad agire, dunque, in un contesto estremamente complesso e delicato, e dovrebbe essere dotato della capacità di compiere scelte coraggiose ove necessario, per fare fronte alle varie problematiche e magari provare a invertire le tendenze negative. E allora, senza voler togliere nulla a una persona di cui ancora non si sa molto, e che potrebbe rivelare qualità insospettate, qual è il senso della individuazione come candidata di Silvia Salis?
La scelta potrebbe essere stata dettata, oltre all’obbligo di fare in fretta e di mediare tra gruppi di potere che apparivano asserragliati su posizioni inconciliabili, anche da un’altra valutazione, di cui persino le male lingue mormorano a bassa voce, e cioè che a sinistra si preferisca perdere. Piuttosto che doversi assumere responsabilità pesanti e prendere decisioni sgradevoli, meglio vivacchiare sui banchi dell’opposizione, continuando a gestire i propri affarucci. Giocando, insomma, una classica partita a “vinciperdi”. È un’ipotesi tristissima, che preferiamo considerare errata, dato che, in un frangente in cui si deciderà il futuro della città nei prossimi anni, occorrerebbe invece rimanere con tutte le forze fedeli a quel motto da vecchi comunisti che si è sentito ripetere in questi giorni: “Una volta si può perdere, due di fila no!”.
Nella foto: Silvia Salis