Nessun dubbio sul fatto che questo governo finisse per affossare la promessa di introdurre l’educazione sessuoaffettiva nelle scuole. I cinquecentomila euro destinati al programma, previsti nella legge di Bilancio, hanno infatti cambiato destinazione; ora saranno utilizzati per “formare gli insegnanti sull’infertilità”. La manovra è un regalo alla Lega, che aveva chiesto un’interrogazione sull’emendamento proposto da Riccardo Magi di +Europa. Per ActionAid è una decisione “grave e che va contro tutto ciò che la politica dice di dover fare, dal governo al parlamento, per contrastare la violenza maschile contro le donne e di genere”. L’organizzazionesottolinea come il 60% della popolazione italiana ritenga che sia proprio l’educazione all’affettività e alla sessualità la misura più importante da attuare per prevenire eventi violenti, come rilevato dall’indagine “Oltre le parole” (ActionAid, l’Osservatorio di Pavia e B2Research).
Era solo l’inizio di gennaio quando il ministro dell’Istruzione, Valditara, si faceva fotografare con il padre di Giulia Cecchettin, vittima di femminicidio, assicurando davanti alle telecamere che avrebbe agito per educare contro la violenza di genere. È bastata una settimana perché venissero a galla le intenzioni del governo. Il ministro per i Rapporti con il parlamento, Luca Ciriani, ha infatti annunciato la misura spiegando che la somma stanziata non avrebbe comunque permesso un programma educativo più ampio e che “la formazione sull’infertilità è una priorità”. La scelta di riferirsi alla fertilità è ancora un modo in cui le destre tendono a ridurre il corpo della donna a mero involucro riproduttore, volendola per forza madre, nella paura implicitamente razzista di essere “sostituiti” dagli immigrati. Ma se gli italiani non fanno figli (1,24 nascite per donna nel 2022) è perché, dalla crisi finanziaria del 2008, tra le giovani e i giovani non c’è più stata la speranza di poterli crescere e, nel frattempo, esistere anche come individui. La maternità e la paternità sono diventati un lusso che pochi benestanti possono permettersi coscientemente, e che altre e altri fanno per consuetudine, spesso senza rifletterci più di tanto.
Oggi le vite sono cambiate: la stabilità economica e anche sociale – avere una rete di sostegno, delle persone attorno sane, positive e in grado di fornire supporto – sono degli obiettivi che, in alcuni casi, non si raggiungono prima dei quarant’anni. Non solo: la crisi climatica, il crescente investimento bellico e i conflitti in genere, non rendono il terreno fertile per le nuove generazioni. In tutto ciò, il governo Meloni, con i suoi incentivi saltuari, non ha certo alzato il tasso di natalità, che al contrario è sceso del -3,4% nel 2023 rispetto al 2022.
Prima di occuparsi di spiegare agli adolescenti, già imbottiti di OnlyFans e PornHub, se non di gruppi Telegram dai controversi contenuti pornografici, che devono fare figli per “dare un futuro alla patria”, sarebbe forse meglio farli sentire compresi, ascoltati nelle loro necessità. Le giovani che, tra l’altro, escono dal trauma della pandemia vissuto in età evolutiva, hanno bisogno di sapere come si trasmette l’Hpv, cosa fare in caso di molestie, come proteggersi dalle gravidanze inattese, e come agire quando non si riesce a prevenirle. Piuttosto che invitarle a fare dei figli, bisognerebbe spiegare loro che ciò che vedono online non rispecchia necessariamente la realtà.
Rispetto all’inversione di marcia sull’educazione sessuale, l’Unione degli studenti, il sindacato studentesco, parla di decisione inaccettabile: “La falsa ‘teoria gender’ continua a essere utilizzata come pretesto per non affrontare temi fondamentali come l’educazione all’affettività e alla sessualità, deviando risorse su progetti di propaganda politica”. Le studentesse e gli studenti si riferiscono al commento entusiasta della Lega: “Non c’è spazio per l’ideologia gender”, che è un chiaro appello strumentale al consenso verso il partito stesso, e non un pensiero razionale che guarda al futuro.
L’ideologia gender non esiste, come non esiste chi, come dice Rossano Sasso della Lega, “vuole parlare di coito, piacere sessuale e masturbazione a bambini di cinque anni”. In Svezia, dove il programma di educazione sessuale parte – a ragione – dalla scuola materna, i temi ovviamente non sono relativi alla sessualità intesa come atto sessuale; si parla piuttosto di consenso, di affettività e di relazione. In Italia, il piano era comunque rivolto a ragazzi e ragazze adolescenti, che già hanno visto e vissuto molto più di quanto si immagini. Il Global Education Monitoring Report (Gem) dell’Unesco del 2023, che analizza i profili di cinquanta nazioni nelle loro politiche e attività di un’educazione sessuale “comprensiva”, aveva lanciato un monito all’Italia, invitando il Paese ad attuare delle misure in questo senso. Nel report dal titolo “Comprehensive Sexuality Education (Cse): Country Profiles”, si ribadisce che inserire “l’educazione sessuale obbligatoria nelle scuole è importante e necessario”.
La posizione miope del governo attuale ci allontana sempre di più dalla media dei Paesi occidentali.In Europa, l’Italia è rimasta sola, con Bulgaria, Cipro, Lituania e Romania, a non avere un programma unificato in nessuno dei cicli scolastici. Una vergogna, dicono in molti. Ma in questo Paese c’è chi ha ancora paura, talmente tanta da trincerarsi dietro idee molto simili a quelle dei Paesi islamici che essi temono.E invece di andare verso il progresso e l’innovazione laica, il ministero dell’Istruzione e del Merito ha proposto di inserire la lettura della Bibbia nelle ore di storia, “per rafforzare le conoscenze delle radici della nostra cultura”. Non solo, è consigliato l’approfondimento storico degli eventi relativi a Europa e Stati Uniti, rispetto a quelli degli altri Paesi “per mettere bene in risalto le nostre origini”. In un contesto in cui la povertà educativa è sempre più tangibile (secondo l’indagine Ocse sulle competenze degli adulti, il 35% delle persone fra 25 e 60 anni, in Italia, può essere definito “analfabeta funzionale”), la risposta del governo è ideologica e strumentale.
Ignoranza e disinformazione, del resto, sono le armi che mettono in moto il consenso alla destra populista. E nel campo della sessualità ci si ricongiunge con l’animo italiano più gretto, attaccato a una “tradizione” del non detto, in cui bisogna nascondere, tacere e poi, nel cuore della notte, dare sfogo ai desideri più volgari. Nell’ombra, nella stigmatizzazione, nel diniego si creano i mostri. L’educazione sessuale e affettiva nelle scuole è la base di una convivenza civile, insegna il consenso, la presa di coscienza dell’esistenza dell’altro e dell’altra, e la cura per il corpo di questa e di quello. Solo parlandone si può analizzare ciò che viene da fuori, ciò che vediamo, per comprenderlo e rielaborarlo come semplice fantasia. Solo il confronto aiuta a riflettere sulla mascolinità tossica. Aiuta a valutare le proprie insicurezze legandole all’entità dell’attaccamento, del controllo e della gelosia, che poi sfociano nei violenti casi di cronaca cui assistiamo quotidianamente.
Per fortuna, dal mondo dell’associazionismo, dai movimenti femministi, “dal basso”, vengono centinaia di iniziative che si battono per un’educazione sessuale e affettiva libera da stereotipi, inclusiva. L’associazione Selene, per esempio, formata da un gruppo di ostetriche romane, è impegnata in corsi e lezioni agli studenti delle superiori, sempre in veste semiufficiale, invitate da professori e professoresse o da studentesse e studenti in situazioni autogestite. Si toccano i temi dell’anatomia, così come le questioni più intime legate all’affettività. Durante i vari incontri, sono stati registrati casi limite, ragazzi e ragazze con problemi psicologici gravi, e credenze pericolose che vanno riconosciute e trattate.
In questi giorni, il Campidoglio ha lanciato un bando da 420mila euro per finanziare progetti di educazione affettiva nelle scuole medie di Roma. Il piano, ideato e promosso dall’assessora alla Scuola, Claudia Pratelli, affiancata dalla coordinatrice dell’ufficio Diritti Lgbtqia+, Marilena Grassadonia, è già diventato terreno di scontro politico. Speriamo che le realtà sul territorio – che si battono perché in futuro non ci siano donne, trans e omosessuali, derise malmenate o uccise per ciò che sono o rappresentano – abbiano finalmente un appoggio dalle istituzioni. Speriamo che siano aiutate ad allargare il raggio della loro azione, per uscire dall’ombra.