Nel porgere i consueti auguri di fine anno ai nostri lettori (ci rivedremo il 7 gennaio), proponiamo loro un rebus da risolvere e di cui, se vorranno, potranno discorrere con amici e parenti nei prossimi incontri festivi: come costruire l’alternativa al governo delle destre che, a meno di colpi di scena, dovremo sorbirci fino al 2027? Anzitutto il come: in che modo procedere con le disparate forze politiche che chiamiamo “le opposizioni”? È chiaro che si tratta di stendere un programma su cui trovare le necessarie convergenze. Ma come pensare di scriverlo? E cosa ci si mette dentro?
La prospettiva è quella degli anelli concentrici. Si tratterebbe cioè di prendere le mosse da un tavolo che sia quello dei partiti e dei gruppi che hanno già espresso una consolidata volontà di stringere alleanze: sono il Partito democratico, i verdi-sinistra e i radicali di Magi. Questi dovrebbero mettersi d’accordo tra loro su un programma “di massima”: che cosa fare una volta vinte le elezioni? La segretaria del Pd potrebbe dire: introduciamo il salario minimo (evidentemente non più a nove euro, ma con un incremento che tenga conto dell’aumento del costo della vita di qui al 2027), spostiamo una certa quantità di risorse sulla sanità, sul trasporto pubblico, sulla scuola e la formazione, ecc. E i verdi-sinistra potrebbero dire: queste cose implicano un aumento della pressione fiscale sui ceti più abbienti, per esempio con l’introduzione di una patrimoniale, con un’imposta fortemente progressiva sulle successioni, con una tassa ad hoc sulla transizione ecologica, ecc. Ci starebbe il Pd – che, ricordiamolo, non è fatto soltanto da Schlein ma da non pochi centristi in servizio permanente effettivo – ad accettare almeno una parte di queste proposte? Interverrebbe poi Magi: norma sul fine-vita, legge contro le discriminazioni di genere, matrimonio e non semplice unione civile per i gay, ecc. Gli altri interlocutori sarebbero tutti d’accordo?
Una volta trovati dei punti di convergenza, e stilata una prima bozza di programma, si passerebbe al secondo cerchio: un tavolo con i “progressisti indipendenti”, probabilmente tra poco ex 5 Stelle. Forte insistenza, allora, sul tema delle guerre, delle armi da inviare o non inviare, con la proposta, se non di pace, di una tregua in Ucraina, basata sulla rinuncia di quest’ultima ad alcuni territori. I verdi-sinistra ci starebbero. Non così il Pd e i radicali di Magi. Entrambi preferirebbero vedere come si mette: con Trump che dice di poter arrivare alla pace, e la Commissione europea che ribadisce, un giorno sì e l’altro pure, il suo sostegno a Kiev. Bella gatta da pelare. E poi, sulle politiche riguardanti l’immigrazione, cosa fare? Si sa che Conte è un simpatizzante della temibile Sahra tedesca che vorrebbe, all’incirca come l’estrema destra, rimandare indietro gli stranieri. Si troverà un accordo?
Infine, terzo cerchio, il più spinoso. Con Calenda, ammesso che non venga trucidato da Renzi già al momento di sedersi al tavolo, un accordicchio si potrebbe anche trovare: per esempio sull’automotive e sull’idea, ormai condivisa da molti, che non ce la si farà a tener fermo al 2035 per la messa al bando dei motori a combustione… Ma con Renzi? Sappiamo qual è il suo fine: ritornare in parlamento a ogni costo. Gli si potrebbero dare quattro o cinque posti sicuri in alcuni collegi uninominali della Toscana. Punto. Si sa poi che il tipo è per un abbassamento delle tasse, che avrebbe volentieri fatto squadra con Forza Italia se il suo progetto centrista fosse andato in porto; sappiamo che è un personaggio per nulla affidabile, ecc. Dunque, con lui “prendere o lasciare”: o ti accontenti dei posti che ti diamo o ti rompi le corna da solo.
In fondo – è questo il punto centrale di tutto il discorso – una coalizione di alternativa alle destre può essere competitiva senza Renzi, però solo se abbia costruito una solida base con Conte e i suoi. Insomma, come la si giri, il primo e il secondo tavolo sono decisivi; il terzo sarebbe un optional – se non fosse (accidenti!) che ha la sua quinta colonna tra i centristi del Pd. Questi sognano una riedizione dell’Ulivo, cioè ancora un “neoliberismo dal volto umano”, che era poi quello di Prodi. Ma non hanno compreso che la storia negli ultimi decenni ha fatto un salto, e non in avanti ma indietro, verso una pluralità di crisi – economico-sociale, climatica, bellica – che impongono una completa revisione delle scelte del passato.
Buone feste!