Piazze piene e governo sordo. Anzi, strafottente: Giorgia Meloni ha detto ieri dal palco di Atreju (che tra l’altro, ancora una volta, ha sventrato l’area archeologica del Circo Massimo) che gli attori e i cantanti scesi in piazza sabato 14 dicembre, con le associazioni e le opposizioni, contro il “pacchetto sicurezza” hanno lo stesso peso delle star di Hollywood contro Trump: cioè pari a zero. Noi siamo forti e ce ne fottiamo, dice Giorgia.
La protesta contro il disegno di legge sicurezza trova completamente indifferente la destra, che lo ha proposto e intende andare avanti, nonostante qualche inciampo: qualcosa cambierà, il Quirinale ha sguinzagliato i suoi esperti per chiedere interventi sui nodi di chiara incostituzionalità. Martedì 17 dicembre la battaglia parlamentare prosegue al Senato, dove sono stati esaminati i primi dieci articoli di questo testo-monstre, che sicuramente sarà concluso dopo la pausa natalizia.
Qualche inciampo la maggioranza lo ha avuto: nell’ultimo vertice di maggioranza il ministro per i Rapporti con il parlamento, Luca Ciriani, ha detto che ci sono parti da modificare – per esempio, la norma sul divieto per il migrante senza permesso di soggiorno di avere una Sim, quella sull’aggravante nel caso in cui il reato sia commesso nei pressi di una stazione, e quella che estende a dismisura i poteri dei servizi segreti – facendo però arrabbiare molto la Lega. Dunque, sì, un po’ litigano, ma poco; niente che faccia pensare a uno scontro che possa far saltare il contestatissimo provvedimento.
Il “pacchetto sicurezza” è stato scritto da ben tre ministri: quello dell’Interno, Matteo Piantedosi, della Giustizia, Carlo Nordio, e della Difesa, Guido Crosetto; già approvato dalla Camera lo scorso 18 settembre, si compone di 38 articoli e introduce più di venti tra nuovi reati e circostanze aggravanti. Segnaliamo i più significativi:
“Art. 9: revoca della cittadinanza italiana in caso di condanna definitiva per i reati di terrorismo ed eversione ed altri gravi reati; art. 10: reato di occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui (o delle relative pertinenze); art. 12: inasprimento delle pene per il delitto di danneggiamento in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico; art. 13: misura di prevenzione del divieto di accesso alle aree urbane, il cosiddetto Daspo urbano, disposto dal questore in caso di condanna per reati contro la persona o il patrimonio commessi nelle aree e nelle pertinenze dei trasporti pubblici; art. 14: punisce come illecito penale – in luogo dell’illecito amministrativo, attualmente previsto – il blocco stradale o ferroviario, attuato mediante ostruzione fatta col proprio corpo; la pena è aumentata se il fatto è commesso da più persone riunite; art. 15: facoltà di rinviare l’esecuzione della pena per le condannate incinte o madri di figli di età inferiore a un anno, l’esecuzione non è rinviabile se sussiste il rischio di commissione di ulteriori delitti; art. 18: divieto di importazione, cessione, lavorazione, distribuzione, commercio, trasporto, invio, spedizione e consegna delle infiorescenze della canapa (cannabis sativa), anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché di prodotti contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli olii da esse derivati; art. 19: aggravante dei delitti di violenza o minaccia e di resistenza a pubblico ufficiale, se il fatto è commesso nei confronti di un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza, prevedendo il divieto di prevalenza delle attenuanti se il fatto è commesso al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica; art. 20: modifica l’art. 583-quater c.p., introduce la nuova fattispecie di reato di lesioni personali a un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni; art. 21: consente alle forze di polizia di utilizzare dispositivi di videosorveglianza nei servizi di mantenimento dell’ordine pubblico, di controllo del territorio, di vigilanza di siti sensibili, nonché in ambito ferroviario e a bordo treno, nei luoghi e negli ambienti in cui vengono trattenute persone sottoposte a restrizione della libertà personale; art. 22: le spese legali sostenute da ufficiali o agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria, nonché dai vigili del fuoco, indagati o imputati nei procedimenti riguardanti fatti inerenti al servizio svolto, sono a carico dello Stato; art. 24: aggravanti al reato di deturpamento e imbrattamento di cose altrui, potenziando gli strumenti volti a salvaguardare i beni mobili e immobili adibiti all’esercizio di funzioni pubbliche; art. 26: il delitto di rivolta all’interno di un istituto penitenziario; art. 27: introduce un nuovo reato finalizzato a reprimere gli episodi di proteste violente da parte di gruppi di stranieri irregolari trattenuti nei centri di trattenimento ed accoglienza; art. 28: autorizza gli agenti di pubblica sicurezza a portare, senza licenza, alcune tipologie di armi quando non sono in servizio; art. 29: estende l’applicabilità delle pene previste dagli articoli 1099 e 1100 del codice della navigazione per i capitani delle navi, italiane o straniere, che non obbediscano all’intimazione di fermo di unità del naviglio della Guardia di finanza; art. 31: è quello che dà “licenza di uccidere” ai nostri 007, come già vi abbiamo raccontato (vedi qui); art. 32: prevede la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività, da cinque a trenta giorni, contro le imprese che vendono schede Sim a un immigrato irregolare.
Questo elenco, tra l’altro molto sintetico, indica la gravità della situazione. Il “pacchetto sicurezza” è insomma un insieme di norme che non solo definiscono l’identità repressiva e autoritaria della destra, ma è anche funzionale alle necessità del suo governo, che deve restringere al massimo l’area delle libertà, se vuole portare avanti l’occupazione dello Stato, usare le risorse pubbliche per sostenere i propri amici, affondare il coltello dentro il sistema di tutele sociali di cui non si vedrà più neanche l’ombra, se dovessero riuscire nel loro programma, il cui obiettivo è far fuori le voci dissonanti. Quell’insieme di norme vigliacche ci dice che la democrazia non è reale, qui da noi e altrove in Occidente, dove le élite vogliono prendersi lo Stato, stritolando la società civile e le masse marginalizzate di migranti, senza casa, disoccupati, detenuti. Siamo ormai di fronte a un cesarismo che in questa fase crede di poter vincere la sfida, ma che, intanto, sta creando i presupposti per ridare corpo a nuove forme di conflitti di classe.