Il risultato delle elezioni presidenziali di domenica 3 novembre, in Moldavia, non aggiunge molto a quanto detto (vedi qui) sul Paese più povero del vecchio continente. Come previsto, ma con un’opposizione più forte di quanto ci si aspettasse, la presidente filoeuropea in carica, Maia Sandu, esponente dal Partito di azione e solidarietà (Pas) di stampo liberal-conservatore si è affermata con il 55,4% contro il filorusso Alexandru Stoianoglo, arrivato a poco meno del 44,6%, candidato del Partito socialista della Repubblica moldava, collocato a sinistra su temi di caratteri economico-sociale e conservatore sui diritti civili.
Quello che è successo a livello elettorale ricorda quanto avvenuto in Georgia (vedi qui), dove però la polarizzazione è stata meno netta. La piccola Repubblica – la cui integrità territoriale è minacciata dalla regione filorussa della Transnistria (vedi qui) – è spaccata in due, come aveva già evidenziato il risultato del referendum non vincolante del 20 ottobre scorso, una specie di sondaggio che chiedeva alla popolazione moldava se sosteneva o meno la modifica della Costituzione per incorporare in essa l’adesione all’Unione europea, approvata dal 50,4% contro il 49,6%, con un’affluenza del 54,2%.
Al primo turno del 20 ottobre la vincitrice aveva ottenuto il 42% dei voti contro il 26% del suo avversario, che si è avvalso al ballottaggio del supporto di altre forze politiche più piccole. Determinante è stato il voto dei moldavi all’estero, circa un terzo dei votanti. Ricordiamo che, malgrado il capo dello Stato venga eletto direttamente dai cittadini e dalle cittadine, ha di fatto gli stessi poteri limitati del nostro presidente della Repubblica, ovvero convoca e scioglie le Camere, promulga le leggi e, in questo caso, può anche promuovere delle iniziative legislative.
Dopo l’indipendenza conseguita nel 1991, all’indomani dello scioglimento dell’Unione sovietica, la Moldavia è stata governata da politici filorussi; ma le cose sono recentemente cambiate, al punto che, lo scorso dicembre, sono stati avviati negoziati per l’ingresso nell’Unione europea. Secondo alcuni osservatori, la Russia avrebbe cercato di influenzare il voto in tutti i modi possibili, ivi compreso traffico di denaro, al fine di condizionare l’esito del voto; ma non possiamo certo dire che l’Europa, sia pure con metodi più leciti, sia rimasta a guardare. La verità è che, da anni, le stesse piazze si sono riempite sia di sostenitori di Sandu sia dei suoi avversari, come dimostra appunto l’esito di un voto che però nessuno sembra contestare.
Ma che cos’è il Pas? È un partito che si identifica con la sua stessa leader. Sandu è laureata in Relazioni internazionali presso l’Accademia della pubblica amministrazione (Aap) di Chișinău, e, nel 2010, si è laureata anche alla John F. Kennedy School of Government di Harvard. I dirigenti del partito, invece, si muovono in maniera indipendente e disordinata, e, al contrario della presidente, hanno spesso scarse competenze. Per quanto riguarda i contenuti della politica del Pas, il suo approccio liberista, che sarebbe l’ultimo da utilizzare vista la povertà del Paese, non gli ha impedito di aumentare i salari e rimettere in piedi infrastrutture completamente disastrate. La Moldavia – oltre due milioni e mezzo di abitanti per circa 33.000 km2 –, Paese di lingua rumena, ha conosciuto negli ultimi anni un esodo senza precedenti. Non si contano nelle città, ma soprattutto nelle campagne, le case abbandonate da famiglie in cerca di fortuna, soprattutto nell’Europa occidentale. Secondo l’Ufficio di statistica moldavo, nel 1990 vivevano all’estero 4.335.360 persone contro i citati due milioni e mezzo in patria. Un calo del 40% in trent’anni. Una crisi demografica senza precedenti, superiore a quella degli anni della carestia e delle deportazioni staliniane, mai verificatasi negli ultimi duecento anni. Qualcosa che ha cause precise: per Vitalie Ciobanu, direttore della rivista letteraria “Contrafort”, citato dall’Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa, sono state messe in atto “politiche predatorie dai vari governi degli ultimi trent’anni, dominati dal cinismo, dalla corruzione, dalla mancanza di una visione a lungo termine e dalla priorità data all’arricchimento personale piuttosto che al bene comune”.
Drammatica la situazione del settore sanitario: “È uno dei più colpiti dall’esodo – informa l’intellettuale moldavo –, non solo negli ospedali regionali, dove vi è una carenza di personale del 30-40% rispetto al necessario, ma anche nei centri medici della capitale Chișinău. La situazione è allarmante, ed è sempre più difficile ottenere un appuntamento con un medico”. Ciò che aspetta la presidente è una sfida da far tremare i polsi. “Il governo di Maia Sandu ha ereditato un Paese devastato che sta cercando di ricucire man mano – afferma Ciobanu – mettendo in atto misure per rafforzare l’economia, aumentare i benefici sociali e ripristinare l’ambiente, ma finché la guerra in Ucraina e la crisi energetica continueranno, il governo avrà difficoltà a tenere a galla lo Stato. Senza il sostegno di bilancio dei partner occidentali – conclude Ciobanu – la Moldavia crollerebbe e andrebbe semplicemente in bancarotta”.
Quale ruolo potrà giocare l’opposizione vicina alla Russia in questo quadro catastrofico, a oggi, è un punto interrogativo. Getterà benzina sul fuoco qualora il governo fallisse, oppure darà una mano favorendo così una politica di riconciliazione? Più probabile la prima ipotesi, ma mai dire mai.