Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha discusso alla fine della settimana scorsa, in una seduta a porte chiuse, della questione del Sahara Occidentale, l’ex colonia spagnola occupata militarmente per i due terzi dal Marocco, e per la cui indipendenza si batte il Fronte Polisario. A fine ottobre, scadrà infatti la missione dei caschi blu nel Sahara Occidentale (Minurso), e il Consiglio dovrà decidere se prolungarla o meno. Il rappresentante personale del segretario generale dell’Onu per il Sahara Occidentale, il diplomatico italo-svedese Staffan de Mistura, ha presentato al Consiglio una relazione che interviene dopo il Rapporto presentato il 1° ottobre dal segretario dell’Onu, Antonio Guterres.
Nel suo intervento davanti al Consiglio di sicurezza, de Mistura ha premesso di voler fare una franca valutazione della questione di cui è incaricato da tre anni, dopo che tutte le mediazioni dei suoi predecessori erano fallite, e ha riferito delle due proposte avanzate ai suoi interlocutori. La prima consiste nella divisione del territorio tra Marocco e Polisario, seguendo la linea di spartizione disegnata dall’accordo tra Marocco e Mauritania nel 1975 (accordo di Madrid), quando anche Nouakchott (capitale della Mauritania) rivendicava il Sahara Occidentale. Secondo questa ipotesi, la parte nord verrebbe incorporata nel regno del Marocco, e la parte sud passerebbe sotto la sovranità del Polisario. Questa proposta è stata respinta da entrambe le parti. Si noti che attualmente il Sahara Occidentale è di fatto diviso da nord a sud da un muro – il muro della vergogna lo chiamano i sahrawi – protetto militarmente dal Marocco, che preclude al Polisario l’accesso a gran parte del territorio e all’oceano Atlantico.
La seconda proposta nasce da una valutazione di de Mistura, che ritiene che la diplomazia del Marocco abbia saputo conquistarsi appoggi internazionali molto significativi, perché espressi, tra gli altri, da due membri permanenti del Consiglio di sicurezza. Prima è venuto il riconoscimento americano della “marocchinità” del Sahara Occidentale, nel dicembre 2020, pronunciato dall’allora presidente Trump; poi, nel luglio di quest’anno, quello francese formalizzato con una lettera, indirizzata al re Mohammed VI, da parte del presidente Macron, che sostiene ufficialmente il piano di autonomia proposto da Rabat, e lo considera come la sola base per una soluzione della questione. Il piano è stato sostenuto anche da altri Paesi europei, come Spagna e Germania. De Mistura ha dunque avanzato l’ipotesi di prendere in considerazione il “piano di autonomia”, che vedrebbe comunque il Sahara Occidentale sotto la sovranità del Marocco. De Mistura, a questo proposito, ha fatto riferimento ad alcuni esempi di autonomia nel mondo, come quella della Scozia, della Groenlandia e del Trentino-Alto Adige. Formulato dal Marocco, nel 2007, il piano è stato invariabilmente giudicato dal Consiglio di sicurezza come “serio e credibile”, e Rabat lo considera ormai come sola base per la risoluzione del conflitto che lo oppone al popolo sahrawi. De Mistura ha chiesto dunque a Rabat di dettagliare il suo piano, in modo che possa essere discusso nel merito.
Questa eventualità è stata però decisamente rigettata dal Polisario che, attraverso il suo segretario generale, Brahim Ghali, ha confermato una volta di più che non accetterà mai una soluzione al di fuori del diritto internazionale, che prevede il diritto all’autodeterminazione per il popolo sahrawi. A quasi cinquant’anni dall’inizio dell’occupazione marocchina, il Sahara Occidentale resta l’ultima colonia africana, per la quale la IV Commissione dell’Assemblea generale dell’Onu ha riaffermato, il giorno dopo l’intervento di de Mistura al Consiglio di Sicurezza, il diritto all’autodeterminazione.
La lotta di resistenza armata del Polisario all’invasione marocchina era sfociata in un cessate il fuoco, nel settembre 1991, e in un piano di pace, approvato anche dal Marocco, che prevedeva un referendum di autodeterminazione. Ma il processo si è interrotto nel 2000, col rifiuto del Marocco di riconoscere la lista degli aventi diritto di voto preparata dalla missione dei caschi blu. Il cessate il fuoco aveva comunque resistito, fino al novembre 2020, quando l’esercito marocchino è intervenuto nella zona tampone, tra il sud del Sahara Occidentale e la Mauritania, e il Polisario ha ripreso la resistenza armata.
Da sottolineare che la Corte dell’Unione europea, con sede a Lussemburgo, ha bocciato, il 4 ottobre scorso, gli accordi tra il Marocco e l’Unione relativi ai prodotti agricoli e alla pesca relativamente al territorio del Sahara Occidentale, poiché giuridicamente questo non appartiene al Marocco, che non può disporre delle ricchezze del popolo sahrawi. Le proposte di Staffan de Mistura sono del tutto contrarie ai principi del diritto internazionale, ma corrispondono alla necessità di un compromesso, più volte invocato dal Consiglio di sicurezza. Esprimono, inoltre, l’impasse in cui le Nazioni Unite, nel Sahara Occidentale come altrove, si trovano da tempo.
Nel suo rapporto al Consiglio di sicurezza, tre settimane fa, il segretario dell’Onu, Guterres, ha definito l’assenza del cessate il fuoco come l’ostacolo maggiore per la ricerca di una soluzione politica: per questo ha richiamato una volta di più le due parti, e i Paesi vicini o comunque interessati, a ritrovare la volontà del confronto. Questo auspicio, ripetuto ritualmente da una ventina d’anni, non ha trovato finora alcun riscontro. Intanto, la maggioranza del popolo sahrawi è costretta all’esilio, in particolare nel deserto algerino, presso Tindouf, dove i campi profughi soffrono una severa crisi umanitaria, aggravata dal cambiamento climatico che ha provocato disastrose inondazioni nell’ultimo mese. I sahrawi che vivono nei territori occupati dal Marocco sono sottoposti alla repressione brutale di qualsiasi manifestazione di libertà e indipendenza. Il Marocco non consente agli organismi per i diritti umani (dell’Onu come delle organizzazioni internazionali) di visitare i territori occupati. Non a caso, anche il diritto all’informazione è, nei territori occupati come nel Marocco stesso, particolarmente sotto attacco. Il Marocco non vuole che si sappia – e infatti del Sahara Occidentale si parla sempre meno.