Il fenomeno della nascita mantiene un’aura di mistero e di sacralità che rende difficile, ad alcuni, accettare l’intromissione delle biotecnologie nel suo percorso, ampiamente accolta in diverse altre sfere della nostra vita. Perla della mitologia, ci si immagina di formarsi in grandi capsule di vetro fantascientifiche o di uscire dalle acque come la Venere di Botticelli. La nascita, interpretata in un’ottica puramente biologica, organizzata come un qualsiasi altro aspetto della nostra esistenza, dà adito alle paure dei religiosi e dei conservatori. Così, al pari dell’aborto e dell’eutanasia, la gestazione per altri (Gpa) è diventata uno dei temi bandiera del conservatorismo contemporaneo, in un contesto in cui le destre si sentono minacciate da una società che appare per lo più dimentica di riti e ruoli tradizionali.
In Italia, ancora una volta, il dibattito politico si fa sul corpo della donna, sul suo concepire o meno, e sulle possibilità di agire attraverso di esso. Al governo, oggi, c’è chi auspica il ritorno a un ordine naturale delle cose, che di fatto non è mai esistito. Basti ricordare che la maternità surrogata non è un’invenzione recente, ma uno scopo a cui amanti, serve e governanti servivano senza retribuzione alcuna, né diritto.
Il nuovo appello a minare i diritti riproduttivi ha il duplice obiettivo di sviare l’attenzione dal dibattito sulla manovra finanziaria e di strizzare l’occhio all’ala reazionaria del Paese. La legge approvata in via definitiva al Senato non è nient’altro che una presa di posizione ideologica. In Italia, la gestazione per altri è vietata dal 2004, con la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, che punisce “con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 euro a un milione” chiunque “realizza, organizza o pubblicizza” la maternità surrogata.
Il disegno di legge Varchi (che ha avuto il via libera in Senato, con 84 sì e 54 no) non fa altro che proporre di estendere il divieto anche all’estero, rendendo perseguibile chi ricorre a questa pratica fuori dal Paese, in quanto giudica la Gpa “reato universale”. Equiparare la gestazione per altri a crimini come il genocidio e la pedofilia è chiaramente fuori misura, specialmente in un’epoca in cui vediamo quotidianamente bambine e bambini sotto le bombe. Inoltre, come sostiene l’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, il provvedimento è di per sé giuridicamente insostenibile, in quanto ignora il principio di doppia incriminazione: per punire un reato commesso all’estero, esso deve essere illegale anche nel Paese in cui è stato compiuto.
Secondo un report curato dall’avvocata Alessia Cicatelli dell’Associazione Luca Coscioni, in almeno 65 Stati del mondo la gestazione per altri è legale, regolamentata in forme diverse, sia in modalità commerciale sia altruistica. In Europa, Paesi come il Regno Unito, la Grecia e il Portogallo la permettono qualora non vi sia uno scambio commerciale. In altri, come Belgio, Ucraina e Georgia, esiste invece una zona grigia dal punto di vista legislativo, perciò non è né regolata né vietata. Oltreoceano, negli Stati Uniti e in Canada la pratica è invece ampiamente avallata, anche nei casi di single che decidono di diventare genitori.
Molti italiani si sono quindi recati nei Paesi in cui la gestazione per altri è concessa, al fine di coronare il sogno di avere una bambina o un bambino, pagando migliaia di euro. Il divieto di rientrare, dopo avere avuto un figlio in questo modo all’estero, non farà altro che spingere le persone ad agire nell’ombra, favorendo situazioni al limite, o accessibili solo ai più privilegiati. E, come abbiamo già visto in passato con altre tematiche, dall’aborto ai diritti Lgbtqia+, convincerà alcune persone a lasciare il Paese una volta per tutte. A ragione.
Il grottesco cartellone propagandistico della Lega – che mostrava un uomo “incinto”, con la barba – dimostra l’associazione che le destre fanno tra famiglie omogenitoriali e maternità surrogata. In realtà, le persone che ricorrono alla Gpa sono per la maggior parte coppie eterosessuali che non riescono a concepire. In Italia, nel 2023, su una media di 250 gravidanze surrogate annue avvenute all’estero, e successivamente registrate nel registro civile, nove su dieci riguardavano coppie eterosessuali. Stessa tendenza per quanto riguarda i dati provenienti dalla Spagna.
In questo contesto, ribadire un divieto già esistente definendo la gestazione per altri “reato universale” non tutela i diritti dei bambini e delle donne, ma perpetua unicamente un controllo ideologico sulle scelte procreative delle persone, definendo chi può e chi non può contribuire alla demografia del Paese. Alcuni gruppi politici tentano di esercitare un controllo rigido sui corpi, scegliendo quali bambini proteggere ed escludendo quelli nati da madri surrogate, da genitori sterili, da coppie omogenitoriali. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha già condannato l’Italia per non aver riconosciuto il rapporto di filiazione tra un padre biologico e una bambina nata tramite Gpa in Ucraina, nel 2019. Ha inoltre recentemente riaffermato che il riconoscimento dei diritti dei bambini nati con queste pratiche non deve essere ostacolato dalle leggi nazionali, nella sentenza n. 239 del 31 agosto 2023. Nonostante ciò, il governo Meloni continua a promuovere politiche anacronistiche e a negare diritti, piuttosto che occuparsi di questioni come il congedo parentale per gli uomini o gli asili pubblici gratuiti.
È chiaro che la questione riguardante la maternità surrogata sia spinosa e abbia vari risvolti di bioetica. Anche alcune correnti del femminismo sono preoccupate che la gestazione per altri rappresenti una nuova forma di sfruttamento del corpo femminile. Nel febbraio del 2016, si è tenuto a Parigi un convegno per l’abolizione universale della surrogazione di maternità, organizzato da associazioni femministe francesi, al quale hanno aderito ricercatrici, giuriste e attiviste per i diritti umani di tutto il mondo. Il motto era “perché le donne non sono fabbriche di bambini e i bambini non sono merce”, come si è sentito ripetere anche in questi giorni. È indubbio che l’intromissione della scienza e della biotecnologia deve aprire una riflessione sulle pratiche a cui sono sottoposti i corpi, in particolare quelli femminili, che rischiano di essere – e spesso sono – reificati in chiave puramente economica.
L’inquietante commistione di scienza ed economia neoliberale crea un meccanismo di sfruttamento e mercificazione in cui ogni cosa, compreso il corpo, diventa potenzialmente monetizzabile. Queste preoccupazioni sullo sfruttamento sono più che legittime, ma spesso ignorano che è il sistema capitalistico a creare le condizioni di abuso e speculazione, non la tecnica in sé. La vera coercizione deriva dalla crescente disuguaglianza economica, che obbliga le persone a cercare forme di guadagno in qualsiasi modo, inclusa la possibilità di usare il proprio corpo, e quindi, per esempio, di portare avanti una gravidanza per qualcun altro a scopo di lucro. Se è utopistico immaginare un futuro in cui tutte e tutti possano avere accesso a un reddito minimo garantito e alla possibilità di scegliere liberamente del proprio corpo, è però impossibile slegare le cause strutturali dai singoli fenomeni.
Detto ciò, se la questione rimane complessa, la soluzione non è certo gridare al reato universale. I presupposti dietro alla legge non hanno a che fare con la legittimità o meno di una pratica, che per alcuni tratti è da considerare controversa – e che è già illegale da vent’anni –, ma, ancora una volta, con la criminalizzazione dei cittadini e delle cittadine. In una deriva da Stato di polizia, si mettono a rischio non solo i genitori, ma anche i bambini, e in generale tutti coloro che non si conformano al modello tradizionale di famiglia eteronormativa. Inoltre, le leggi sul corpo delle donne, prima tra tutte quella sull’aborto, andrebbero considerate esclusivamente da donne, non dovrebbero essere degli uomini a decidere se una donna può o non può avere un figlio, anche per conto di altri. In conclusione, il dibattito sulla Gpa solleva questioni fondamentali sulla nostra idea di genitorialità, di sfruttamento e di diritti umani, e andrebbe affrontato con serietà, senza ridurlo a un mero strumento per dividere l’opinione pubblica, usandolo magari come specchio per le allodole in un momento politicamente delicato. La democrazia si basa sul rispetto delle scelte individuali e sul riconoscimento dei diritti di tutte e di tutti. E questo riguarda anche le modalità con cui si sceglie di formare una famiglia.