A Roma trovare un appartamento in affitto è diventata un’impresa quasi impossibile. I prezzi sono ormai tra i più alti in Europa. Anzi, secondo le ultime rilevazioni, sicuramente i più alti, con posizioni in classifica che superano Parigi e Londra e che, con duemila euro al mese che si pagano nella capitale d’Italia, cedono il primo posto solo ad Amsterdam (Rapporto Index di Housing Anywhere). Il Comune non riesce a far fronte alla domanda dei giovani e delle famiglie più bisognose, mentre il vento “legge e ordine” impresso dal governo Meloni si fa sentire anche nella capitale, con lo sgombero delle occupazioni. L’antica questione della casa non è affatto risolta e in vista del Giubileo le cose ora rischiano di peggiorare. Ma da che dipende tutto ciò?
Una delle ragioni di fondo di questi problemi è legata al cosiddetto iperturismo, la grande invasione che, molto prima dell’inizio del Giubileo, è già cominciata, e ruota intorno al sistema degli affitti brevi. I numeri spaventano. A Roma si registrano oltre 35mila offerte di affitti brevi, di cui almeno un terzo con contratti irregolari, a fronte di solo tremila offerte di affitto standard.
Oltre alle conseguenze molto pesanti sulla vita dei cittadini, il fenomeno degli affitti brevi e dell’esplosione dell’Airbnb pone problemi seri alla politica, e mette a nudo la linea dei “due pesi e due misure”. La mano forte con i deboli e il lasciar fare quando si tratta di soggetti forti. Secondo i dati forniti durante il recente convegno “Gli stati generali contro l’iperturismo” organizzato da una serie di associazioni della società civile della capitale insieme al Grorab (Gruppo romano regolamentazione affitti brevi), un battagliero cartello di associazioni, che ha come scopo primario “lo stop alla turistificazione” della città, almeno un terzo dei contratti brevi di affitto è illegale o irregolare, intendendo per illegale i contratti al nero, non dichiarati agli uffici competenti e saldamente piazzati nel campo dell’evasione fiscale, e irregolari i contratti non trasparenti, ovvero che non dichiarano il numero dei posti letto messi a disposizione dei clienti, e che non dispongono delle necessarie strumentazioni di sicurezza, non espongono targhe e non danno indicazione dei prezzi.
Ma non è solo un problema (seppure importante) di legalità e di rispetto delle regole della normale competizione commerciale. Si tratta di capire e affrontare anche tutte le altre conseguenze di questa nuova guerra del turismo. Al convegno della scorsa settimana, Maria Luisa Mirabile, ispiratrice e punto di riferimento del Grorab, ha presentato una serie di slide che forniscono il quadro. A Roma, degrado e disservizi sono all’ordine del giorno: molti di essi dipendono direttamente dall’eccesso di turismo favorito dagli affitti brevi e dalle sue esternalità negative. Il fenomeno sta accelerando lo spopolamento della città nelle sue aree più centrali, data la loro progressiva destinazione a uso turistico, mentre si determinano la rarefazione del mercato delle locazioni abitative e l’impennata dei canoni d’affitto “normali”, con la caduta degli esercizi commerciali utili e dei servizi.
Un’altra delle conseguenze macroscopiche riguarda l’occupazione di suolo pubblico da parte di ristoranti e bar largamente rivolta a una domanda turistica. Per non parlare delle ripercussioni nefaste sul sistema dei trasporti e sull’aumento dell’inquinamento, dovute alle carovane di bus turistici che non di rado (soprattutto in estate) rimangono parcheggiati ore con il motore acceso. Altra conseguenza negativa è la produzione di quantitativi abnormi di immondizia da turismo (packaging, cibi da asporto, ecc.), un’immondizia spesso abbandonata e, se prodotta nelle residenze extralberghiere, quasi mai differenziata. C’è poi l’aumento dell’insicurezza e dei consumi impropri nei condomini, a partire dagli schiamazzi notturni. “Allo stesso tempo – spiega Maria Luisa Mirabile – siamo informati dei grandi, spesso interessanti, progetti capitolini in vista del Giubileo 2025, che però, senza eccezioni nella loro imponenza, sembrano prescindere dalla necessità di ovviare alle distorsioni e all’impatto negativo, temiamo definitivo, che quest’ulteriore, impressionante, viatico all’iperturismo determinerà sul vivere quotidiano”.
Il 26 settembre scorso, i cittadini che fanno parte del Grorab hanno scritto una lettera al sindaco Gualtieri, in cui sostengono che “l’eccesso di turismo dilagante in molte aree della città comporti trasformazioni architettoniche, urbanistiche, ambientali, economiche e sociali dannose per la qualità della vita dei cittadini e – come sostiene la stessa Organizzazione mondiale del turismo – potenzialmente negative sulla stessa qualità delle esperienze dei visitatori”. Roma, da sempre meta privilegiata del turismo mondiale, non necessita tanto di politiche volte a incrementare il numero dei visitatori, “quanto di misure atte a salvaguardare la vivibilità e l’identità della città tutta, in un rapporto regolato, equilibrato e non subalterno, con il turismo”.
Per questo è stato lanciato il manifesto “Fermare la turistificazione”, nel quale, dopo l’elenco dei fenomeni negativi dovuti all’iperturismo, si rivolgono richieste precise alla giunta capitolina, a partire dal varo di un regolamento sugli affitti brevi a uso turistico. L’obiettivo principale dovrebbe essere quello di promuovere il riequilibrio tra incidenza turistica e residenzialità, attraverso la regolamentazione del fenomeno degli affitti brevi, la regolamentazione del fenomeno a livello capitolino e locale (in specifiche aree), lo sviluppo delle attività di controllo a livello cittadino, basate su strategie efficaci e dotate di risorse e mezzi adeguati al rispetto delle regole oggi esistenti. Inoltre, i cittadini romani che si sono mobilitati chiedono l’avvio di una comunicazione pubblica istituzionale, in grado di informare turisti, cittadini e locatari sul sistema di norme, e sulle opportunità e procedure di segnalazione in caso di necessaria autotutela da presunte irregolarità.
Sulla questione, in campo anche i sindacati. “Sul fenomeno degli affitti brevi e delle locazioni turistiche nelle città – si legge in un comunicato congiunto Cgil-Sunia – è preoccupante l’assenza di misure organiche da parte del governo in grado di limitare e circoscrivere una modalità di utilizzo del patrimonio immobiliare, conferendo poteri ai Comuni che oggi dispongono di pochissimi strumenti per una corretta regolamentazione su un uso virtuoso e tollerabile degli immobili”. Un discorso che si lega inevitabilmente “anche alle criticità del settore abitativo, a un’emergenza che raggiunge livelli preoccupanti, mentre il mercato assume la locazione breve come un’utile scorciatoia per un aumento a dismisura dei canoni”. Nella nota si ricorda che oggi vive in affitto quasi un milione di famiglie povere, crescono gli sfratti per morosità, a testimonianza delle crescenti difficoltà nel sostenere i costi dell’abitazione; mentre l’offerta abitativa è scarsa e aumentano gli affitti e la relativa incidenza sui redditi, soprattutto nelle città maggiori.
Si tratta quindi di affrontare il problema in tutti i suoi aspetti, superando l’impasse (che spesso però diventa una scusante per non fare niente) dovuta al groviglio di norme sul tema. Secondo Filippo Celata, urbanista e membro di Roma Ricerca Roma, le cose che si possono fare per cominciare a districare la matassa sono tante. “La necessità urgente di regolamentare e introdurre limitazioni agli affitti brevi, ovvero alla locazione turistica di alloggi a uso abitativo, al fine di favorire la residenzialità, è ormai riconosciuta da molti – dice Celata – la lista di coloro che si sono espressi a favore, anche all’interno della giunta e dell’Assemblea capitolina, è lunga. A Roma, come altrove in Italia, di tale necessità ci si è resi conto tardivamente, mentre ormai in quasi tutte le altre grandi città turistiche europee sono state introdotte norme più o meno stringenti. Per mesi, poi, in Italia si è attesa una specifica legge nazionale che consentisse esplicitamente ai Comuni di intervenire in tal senso, sul modello della norma introdotta ad hoc per Venezia (art. 37-bis, d.l. 50/2022 convertito in legge n. 90/2022), e che per inciso risulta tuttora inattuata. Ma nonostante i ritardi le proposte, anche sul piano urbanistico, ci sono. Ci sarà la volontà di realizzarle?”.
Nel frattempo, altre città si stanno muovendo. L’esempio più noto è forse quello del Comune di Firenze che – l’8 agosto 2023 – ha approvato una variante al Regolamento urbanistico, prevedendo, all’interno dell’uso residenziale, la sub-categoria “residenza temporanea”, comprensiva delle locazioni turistiche brevi e delle strutture ricettive extra-alberghiere. Il Comune ha poi imposto il blocco alle nuove registrazioni di locazioni turistiche all’interno del centro storico e del sito Unesco (blocco bocciato in un primo momento dal Tar, ma in seguito riformulato). Nell’aprile 2024, il Comune di Bologna ha approvato una modifica al Regolamento edilizio che introduce, all’interno della categoria funzionale turistico-ricettiva, una sub-categoria relativa alle attività turistiche svolte in unità immobiliari a destinazione abitativa, incluse le locazioni brevi. Tali attività dovranno quindi sottostare a un vero e proprio cambiamento di categoria funzionale: il che dovrebbe preludere, si desume, all’introduzione di uno specifico regime autorizzativo. Interventi analoghi sono attualmente in discussione in diverse altre città. Vedremo cosa succederà nella capitale.