La rovinosa caduta di Toti, colpito da una serie di accuse di concussione e corruzione (vedi qui), rischia di illudere l’opposizione di centrosinistra. Nonostante un buon risultato del Pd e di Avs alle ultime elezioni europee, nonostante la ritrovata unità del fronte delle opposizioni – messo in evidenza dal palco unitario tra Schlein, Conte, Bonelli e Fratoianni in piazza De Ferrari a Genova, davanti a una folla che non si vedeva da anni –, farsi l’illusione di una facile vittoria sarebbe pericoloso. Il blocco elettorale della destra ha ancora una sua compattezza. Alle ultime europee i due schieramenti hanno ottenuto praticamente lo stesso risultato in percentuale, e, se la destra ha ceduto qualche punto al centrosinistra a Genova e alla Spezia, non è così né a Savona né a Imperia, dove continua il lungo “regno” di Scajola.
La strada è resa particolarmente stretta tra la necessità imprescindibile del Pd di presentarsi completamente rinnovato rispetto al recente passato, di tranciare i legami con le vecchie politiche lontane dalle esigenze dei ceti popolari e ammiccanti ai potenti salotti buoni della borghesia genovese, particolarmente di quella legata alla portualità, e la contemporanea necessità di non subire scissioni o rotture. Occorre chiarezza e radicalità riformista; devono essere superate le vecchie politiche delle giunte di centrosinistra guidate da Claudio Burlando. L’ex presidente della Regione ed ex leader del Pd ligure era da anni nel suo “buen retiro” di Torriglia. Negli ultimi tempi è tornato alla vita politica, vicino alle posizioni di Renzi e dell’ala renziana rimasta nel Pd. Ha dato vita a un convegno sui temi del porto di Genova, pubblicamente contestato dal Pd genovese e ligure. Oggi ha creato una sua chat e lavora per mettere le mani sulla composizione delle liste, e anche per favorire l’allargamento dell’alleanza di centrosinistra a Italia viva e Azione.
Non è una scelta semplice. Le recenti elezioni europee in Liguria hanno premiato il Pd per la volontà di rinnovamento rappresentata dalla nuova segretaria, riportando al voto vecchi elettori delusi dalle politiche moderate. Le elezioni hanno invece segnato una vera disfatta per le liste centriste; sia Azione sia Italia viva, quest’ultima un po’ confusa nell’alleanza con +Europa e Psi, non hanno riscosso consensi. Sul lato sinistro del Pd ha invece ottenuto un ottimo successo la lista dell’Alleanza verdi-sinistra. Anche il movimento 5 Stelle, Linea condivisa e lista Sansa, una civica che appoggiava l’ex candidato del centrosinistra alle ultime regionali, sono disponibili a una vasta alleanza, ma pongono la condizione di un profondo rinnovamento nei programmi e negli uomini, e non vedono favorevolmente una possibile alleanza con Italia viva. La stessa base Pd, in diversi incontri pubblici, ha espresso malumore verso Renzi e i suoi.
Ma l’estrema vicinanza nei consensi dei due schieramenti spinge a cercare di allargare il più possibile lo schieramento di centrosinistra. L’ultima uscita di Renzi, all’eterna ricerca di un “passaggio” da qualcuno per poter rimanere a galla, può costituire un problema. Un rifiuto darebbe fiato ad accuse di settarismo, e potrebbe essere strumentalizzato, ma accettarlo significherebbe incontrare l’ostilità della stragrande maggioranza degli elettori del centrosinistra, soprattutto perché Italia viva a Genova collabora con l’amministrazione di destra del sindaco Bucci, esprimendo anche un assessore.
Un problema analogo si riscontra all’interno del Pd. Se il partito ha ottenuto un buon risultato elettorale e appare in qualche modo rivitalizzato, ciò è dovuto alla speranza di rinnovamento e spostamento a sinistra apertasi con la guida di Elly Schlein, e alla sostituzione dei vecchi “cacicchi” con un nuovo gruppo dirigente più sensibile ai temi sociali e al rapporto con i movimenti. Arrestare o rallentare questo processo potrebbe avere effetti negativi sulle simpatie che sembrano tornare. Per questo il Pd deve dare un segnale di taglio netto con ogni politica moderata, che caratterizzò le vecchie giunte di centrosinistra a guida Burlando. Pensare a una semplice riedizione di quella esperienza porterebbe solo a una sconfitta.
Occorrono nomi nuovi e programmi innovativi, che tendano a risolvere i gravi danni inferti dalle politiche della destra a guida Toti. È emerso, come possibile candidato il nome di Andrea Orlando, spezzino, già ministro dell’Ambiente, della Giustizia e del Lavoro nei governi Renzi, Gentiloni e Draghi. Un uomo di esperienza, sicuramente una persona di grande onestà, che ha il vantaggio di non essersi mai “compromesso” con il vecchio gruppo burlandiano, e di essere stato uno dei pochi oppositori di Renzi, quando questi era segretario del Pd. Ha anche il vantaggio di essere conosciuto e di avere con sé la maggioranza del Pd ligure, oltre a portare un buon bagaglio di esperienze e di essere stato uno dei pochi dirigenti nazionali ad appoggiare da subito la segretaria. Tuttavia, proprio per la sua esperienza di dirigente di partito, ministro e parlamentare di lungo corso deve scrollarsi di dosso l’idea di uomo di apparato, appartenente alla vecchia politica, se vogliamo di “cacicco buono”, ma pur sempre cacicco. Queste sue caratteristiche suscitano delle riserve, in particolare tra i 5 Stelle, e potrebbero inficiare la spinta al rinnovamento che ha portato al voto per il Pd o il centrosinistra.
Un fattore importante della prossima battaglia elettorale sarà quello della capacità di legarsi con i movimenti e le forze sociali. In questi anni, quando il dominio di Toti non ha praticamente incontrato un’opposizione politica concreta, la vera opposizione è stata rappresentata in molti casi dai movimenti. A fianco dei tradizionali movimenti ambientalisti, femministi e antifascisti, si sono creati gruppi legati a singoli problemi. Il più importante e l’unico presente in tutta la regione è il movimento a difesa della sanità pubblica; ma ci sono state anche le esperienze a difesa del Parco di Portofino (vedi qui), contro i rigassificatori di Vado Ligure e Panigaglia, contro il trasferimento dei depositi chimici nell’area portuale di Genova o contro il bio-digestore sulle falde acquifere a Santo Stefano Magra, la battaglia per l’acqua pubblica o la salvezza dell’isola Palmaria dalla speculazione, senza contare la rinascita della mobilitazione sindacale.
Se il candidato del centrosinistra riuscirà a tenere unito il campo, a presentarsi come un innovatore che taglia i legami con certe pratiche affaristiche o con le scelte che, nel vecchio centrosinistra, hanno guardato con favore a politiche di privatizzazione della sanità, e a unire l’opposizione politica ai movimenti e alle forze sociali, allora il gruppo di potere legato all’affarismo totiano potrebbe essere battuto.
*Presidente del Circolo Pertini di Sarzana