(Questo articolo è stato pubblicato il 29 marzo 2024)
Mentre l’interessata porta in giro per l’Italia la sua oscena persona in qualità di ministro del Turismo del Paese delle meraviglie, il prossimo 3 aprile l’aula della Camera discuterà la mozione di sfiducia nei suoi confronti. Daniela Santanchè non si mostra turbata neanche un po’, si dice serena e fiduciosa nella magistratura, e così fa il resto della destra, anche se nelle stanze più interne delle segreterie si comincia ad avere qualche preoccupazione per le ricadute politiche delle sue malefatte.
Intanto, la presidente del Consiglio non ha trovato opportuno dire una sola parola sulla sua ministra e sulla richiesta delle opposizioni di riferire dopo la decisione della procura di Milano di chiudere le indagini nei confronti della suddetta, nonché delle società Visibilia Editore e Visibilia Concessionaria, per un’ipotesi di truffa ai danni dell’Inps in relazione a presunte irregolarità nella fruizione della cassa integrazione in deroga Covid-19 per undici dipendenti. Nel periodo interessato, dal 31 maggio 2020 al 28 febbraio 2022, ad amministrare e a prendere decisioni per Visibilia Editore e Concessionaria erano Daniela Santanchè e il compagno Dimitri Kunz, con Paolo Concordia, “collaboratore esterno”: loro sarebbero stati consapevoli di avere richiesto e ottenuto “indebitamente” la cassa integrazione in deroga “a sostegno delle imprese colpite dagli effetti” della pandemia. Un’accusa non solo grave, perché riguarda il reato odioso di truffa, ma perché avanza il sospetto che, mentre l’Italia pativa la pandemia, c’era qualcuno che lucrava sulle disgrazie collettive. Un po’ come far razzia dentro le case dei terremotati.
Chiaramente, si tratta di un passaggio giudiziario che prelude alla richiesta di un processo: cioè, fin qui, la procura di Milano dice di avere messo insieme sufficienti prove per inchiodare la persona oscena e gli altri coinvolti. Proprio ai tre gradi di giudizio si è appellata la ministra – fondamentalmente occupata a mettere le mani sulle spiagge italiane rimaste libere: fino alla Cassazione sente di potere star tranquilla, così dicono anche i suoi sodali di governo. E, se questo è corretto, nella pratica siamo di fronte a un caso di corruzione che infama il ruolo istituzionale che la persona ricopre, e ciò basterebbe a pretenderne la cacciata. Ma questo non avverrà, almeno per il momento.
Il caso Visibilia è stato reso noto, nel luglio scorso, dal lavoro svolto dalle redazioni di “Report” e de “Il Fatto quotidiano”, le quali hanno dato conto anche delle testimonianze degli ex dipendenti che hanno avuto seguito nell’indagine della procura milanese; ma già allora la signora ebbe la faccia di presentarsi in Senato negando tutto ciò che le veniva contestato. Cioè che, mentre i suoi dipendenti erano in cassa “a zero ore”, svolgevano in realtà le proprie mansioni in smart working. Come ha sempre detto l’ex manager Federica Bottiglione, che ha fatto scattare le indagini con le sue denunce.
Anche ora tira diritto non solo senza imbarazzo, ma con la sfrontatezza che la contraddistingue: “In tribunale finora ho sempre vinto (…). Nessuno ha chiesto le mie dimissioni, e non partecipo a processi mediatici”, ha detto nei giorni scorsi durante il suo intervento al convegno “Le dimensioni dell’ospitalità”, durante il quale non ha potuto evitare di indugiare sulle sofferenze subite dal comparto del turismo proprio a causa della pandemia! Congedandosi dai giornalisti, in quella occasione, ha rivolto loro gli auguri pasquali e un provocatorio: “Siate felici e sorridete”.
Altri guai per la senatrice potrebbero arrivare dal fallimento di Ki Group srl, una delle società del gruppo del bio-food che l’esponente di Fratelli d’Italia ha gestito con l’ex compagno Canio Mazzaro, che ora è a processo per altre vicende.
Dietro l’atteggiamento indifferente-insolente della signora, non c’è solo il carattere parassitario di una classe politica priva di etica pubblica, ma la più concreta amicizia di un collega del calibro dell’attuale presidente del Senato. La Russa è un uomo molto potente, con una vasta rete di influenza e di affari (dettagliatamente ricostruita da “l’Espresso” dello scorso 23 febbraio), con un’antica passione per l’immobiliare che arriva fino ai giorni nostri. L’estate scorsa la moglie di Ignazio, Laura De Cicco, insieme al compagno della ministra Daniela, Dimitri Kunz, ha acquistato e rivenduto in meno di un’ora una villa all’imprenditore Antonio Rapisarda, portando a casa una plusvalenza da un milione di euro. La guardia di Finanza non poteva rimanere immobile, raccogliendo tutta la documentazione bancaria relativa ai flussi di denaro. Due milioni e 450mila euro spesi, tre milioni e 450mila euro incassati un’ora dopo, sborsati da Rapisarda. Una plusvalenza che potrebbe essere in parte servita – si ipotizza – per tamponare la crisi del gruppo editoriale. Vedremo dove arriveranno le indagini giudiziarie; noi ci auguriamo di vedere sviluppi sulla defenestrazione, che potrebbe sopraggiungere se la faccenda si facesse troppo imbarazzante per il governo. Ma c’è quel deterrente che si chiama Daniela-Ignazio.